Come alle origini. Il termometro elettorale della Lega
La richiesta di secessione è tornata sulla scena politica. Umberto Bossi, alla festa dei popoli padani, ha sfoderato l’argomento più gradito all’elettorato di riferimento: la totale indipendenza della Padania dall’Italia. Il passaggio rappresenta un momento assai significativo per la comunicazione leghista: al posto dell’immagine simil-istituzionale dei mesi scorsi (con vaghi accenni europeisti del ministro delle Riforme, che “ringraziava” la Bce per l’acquisto di titoli italiani) emerge di nuovo l’approccio politically incorrect. La versione che piace di più ai militanti.
L’ultimo discorso pubblico del leader leghista propone molti elementi di divergenza rispetto al comizio del raduno di Pontida: a giugno furono avanzate richieste “di governo”, benché con alcune misure di mera propaganda (come l’apertura dei Ministeri al nord), che comunque confermavano l’intento del Carroccio di proseguire la legislatura, appoggiando Berlusconi. Domenica scorsa, invece, Bossi ha soddisfatto i cori dei presenti, invocando una “via democratica alla secessione”. Dunque dalla Lega governativa si è passati alla Lega di lotta anti-potere. Un segnale che sul termometro elettorale di via Bellerio la temperatura sta salendo e pertanto si predispongono messaggi aggressivi, capaci di rispolverare il celodurismo della prima ora. Il partito, infatti, deve recuperare la credibilità rivoluzionaria (e il consenso che essa veicola), intaccata da alcuni compromessi accettati nell’attuale legislatura.
Il “ritorno alle origini”, peraltro, è testimoniato da un particolare tutt’altro che secondario: le fotografie dell’estate con Bossi in canotta sono istantanee che portano il tempo indietro di qualche decennio. Con la differenza dettata dall’età, ma con la sostanza che il Senatùr vuole sempre mostrarsi “uno del popolo”. Anche quando regge le sorti del governo.