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Nuovo patto di bilancio, Londra si sfila

Già alle prime ore di venerdì non vi era alcun dubbio: il vertice di Bruxelles ha sancito un’Europa a due velocità. Il mancato accordo sul patto di bilancio aveva cioè creato una contrapposizione notevole tra quanti avrebbero gradito una revisione dei trattati – vale a dire, in altre parole, regole più stringenti – e quanti, “capeggiati” dalla Gran Bretagna, sembravano rifiutare l’idea.
Al termine delle trattative, invece, sono 26 i Paesi membri che aderiscono all’accordo proposto anzitempo da Germania e Francia, compresi Ungheria, Svezia e Repubblica Ceca che inizialmente avevano seguito le orme di Londra. Quest’ultima, al contrario, non è indietreggiata di un millimetro.
Il nuovo trattato, ha annunciato il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, verrà firmato nel mese di marzo “se non prima” e prevede l’obbligo del pareggio di bilancio con sanzioni per chi non lo rispetterà, l’introduzione anticipata a luglio 2012 del meccanismo di stabilità che andrà a sostituire l’attuale fondo, l’Efsf. I due strumenti disporranno congiuntamente di 500 miliardi di euro e sarà la Banca centrale europea ad amministrarli. In più, i Paesi dell’eurozona e altri Stati dell’Unione contribuiranno ad aumentare la disponibilità del Fmi per 200 miliardi. Inoltre, da quanto si apprende, “gli Stati membri potranno avere un deficit solo in seguito a un impatto sul bilancio del ciclo economico o in caso di eccezionali circostanze economiche”.
C’era la volontà, naturalmente, di procedere in 27, ma l’intransigenza britannica ha obbligato a scelte diverse. “È nell’interesse nazionale della Gran Bretagna – ha però chiarito il primo ministro David Cameron – restare nell’Unione europea. Conserveremo la nostra influenza al tavolo delle decisioni dell’Unione europea nonostante il nostro isolamento al vertice odierno. La Gran Bretagna ha ricevuto assicurazioni dall’Olanda che gli interessi del mercato britannico saranno protetti nell’area euro”. La decisione di Cameron è riconducibile alla irrinunciabilità della propria sovranità, viste le condizioni – di certo non auspicate a Downing Street – di un’unione fiscale (nonché una certa riluttanza all’istituzione della Tobin Tax sulla transazioni finanziare avallata dal duo Merkozy).
Le posizioni di David Cameron sono piuttosto euroscettiche e in quest’ottica può essere inoltre letta la sua scelta. Ma data la fase congiunturale che sta attraversando il Vecchio Continente consumare uno strappo definitivo con Bruxelles poteva risultare una mossa fin troppo azzardata, anche per uno come lui. Senza dimenticare, a tale proposito, che gli alleati di governo dei LibDem sono invece dei fautori dell’Europa unita.
Che l’Unione proceda a due velocità, però, non l’avremmo scoperto oggi in caso di mancato accordo tra i 27. Tanti sono ancora i nodi da sciogliere. Ad esempio l’ipotesi eurobond che secondo il premier italiano, Mario Monti, sarebbe “incoerente per una zona integrata che dichiara di voler fare passi verso una unione fiscale dichiarare di non volere uno strumento utilissimo come l’emissione in comune dei titoli pubblici”, ma su cui persiste il veto della Germania.
Venerdì, infine, è stato firmato il trattato che permetterà alla Croazia di diventare, dal 1 luglio 2013, il 28esimo Stato membro. Fino a quel momento il Paese parteciperà come “osservatore attivo”.

F. G.

 

2 Commenti per “Nuovo patto di bilancio, Londra si sfila”

  1. […] nell’aria non appena si era consumato lo strappo. Nick Clegg, vicepremier britannico e leader dei libdem, si è detto in un’intervista […]

  2. […] Germania ha espresso più volte la sua contrarietà. Ma la spaccatura più profonda è stata quella consumata dalla Gran Bretagna che si è sfilata dall’accordo raggiunto (dunque a 26 anziché a 27) sul un nuovo patto di […]

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