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Dopo la strage di Firenze. I fiori dell’odio sbocciano ancora

di Aly Baba Faye

Agguato razzista a Firenze. Martedì un uomo, armato di pistola, si è svegliato per consumare l’odio. Ne hanno fatto le spese dei cittadini di origine senegalese: Mor Diop e Modou Samb; un terzo è stato ferito gravamente. La scena del dramma è piazza Dalmazia, alla immediata periferia della città, e poi si è spostato a San Lorenzo e ha sparato ad altre due persone per poi suicidarsi.
L’uomo si chiamava Gianluca Casseri di cui si dice vicino ad ambienti di estrema destra. Ma questo non cambia nulla nella drammaticità del caso né può nascondere il fatto che il razzismo abbia piantato radici profonde nella società italiana. I fiori dell’odio continuano a sbocciare come ho già scritto nell’articolo precedente. Siamo di fronte all’ennesimo mattone che cade dall’edificio della civiltà. Rabbia e dolore, sconcerto e tristezza. Ma i ragazzi senegalesi non devono mutare la collera in violenza. Dimostreremo che siamo capaci di soffrire nella compostezza e nella dignità. Ma reagiremo e ci attiveremo perché giustizia venga fatta. Troveremo modo di costituirci parte civile per chiedere giustizia come abbiamo fatto nel caso di Saidou Gadiaga.
In ogni caso dobbiamo, in quanto democratici, riconoscere la sconfitta dell’antirazzismo tradizionale. Credo sia urgente rilanciare una nuova pedagogia antirazzista per bonificare l’Italia multietnica se vogliamo che essa abbia un futuro sostenibile. Oggi in particolare con l’incalzarsi della crisi economica che rischia di tramutare la conflittualità sociale in conflitti culturali dobbiamo essere vigili e fare in modo che le scorie del razzismo e della xenofobia siano ridimensionate. E’ una responsabilità di tutti e di ciascuno debellare l’odio e la violenza. Abbiamo tollerato e siamo stati assuefatti del “razzismo popolare” che ha conformato la società italiana di oggi. La classe politica, i media e altre agenzie formative devono prendere più sul serio questo fenomeno che è stato trattato spesso con superficialità e superbia. Non è questione di buonismo, ma di cura della società per la convenienza di tutti. Il problema non è solo della minoranza razzista che fa troppo rumore ma la maggioranza silenziosa che non sembra più capace di indignarsi. E’ urgente liberarsi dall’anestesia della coscienza collettiva per uscire dall’assuefazione e della tolleranza della violenza razzista. Se questo paese vuole avere un futuro sostenibile, se vuole investire nell’armonia e nella coesione allora è ora che si prenda sul serio il divenire multietnico dell’Italia cosmopolita. L’Italia di oggi non ha solo il problema del rigore dei conti ma deve iniziare a fare i conti con l’esigenza di un rigore etico. Questione di visione e di gestione!

Questo articolo è stato inizialmente pubblicato qui.

 

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