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Il declino del cinepanettone e il tramonto del berlusconismo

di Giampiero Francesca

Alcuni giorni fa, sulle pagine de La Repubblica, Curzio Maltese sanciva il definitivo tramonto di uno dei generi di maggior successo del cinema italiano degli ultimi vent’anni; il cosiddetto “cinepanettone”. L’articolo, dal titolo più che significativo, “Il cinepanettone non piace più”, appariva infatti come l’ultima (e per firma forse più importante) voce di un coro che, sin dall’uscita in sala di Vacanze di Natale a Cortina, proclamava la fine di un’epoca. Senza entrare nella fredda analisi dei dati del botteghino o nel gioco, in rete assai comune, dell’esame dell’andamento di queste pellicole negli ultimi anni (dati per molti versi disomogenei e dunque non paragonabili), sembra interessante cercare di comprendere le motivazioni dell’effettivo, seppur leggero, arretramento del colosso commerciale prodotto da De Laurentiis.

Le ragioni di questo parziale insuccesso, sempre secondo Curzio Maletese, sono semplici: “Il crollo d’incassi del cinepanettone di Natale è forse il primo clamoroso segno della fine dell’epoca berlusconiana”. Un’ipotesi, questa formulata sulle colonne di Repubblica, che, al di là della sua opinabilità, ha sicuramente il merito di attribuire a queste pellicole un valore civile. Non si può infatti non concordare con Maltese nel sostenere che i film realizzati negli anni da De Laurentiis siano molto di più di semplici prodotti commerciali. I cinepanettone sono da considerare, a tutti gli effetti, dei fenomeni culturali, che, anche solo per diffusione, non possono essere snobbati con la superficilità dell’analisi che, da sempre, li contraddistingue. Disinvoltura nel giudizio dalla quale non sembra del tutto immune nemmeno lo stesso Curzio Maltese, quando bolla queste pellicole come “un’autobiografia grottesca della nazione specchio fedele della neo-borghesia cialtrona”. Non vi è per altro dubbio che, per molti aspetti, i film di De Sica & co., rappresentino un certo modus vivendi tipico dell’epoca berlusconiana, né che questi tendano ad esaltare caratteristiche beceri della nostra società. Affrettarsi però a dare per conclusa quell’epoca, e in via d’estinzione quello stile di vita sembra essere esercizio, a dir poco, frettoloso.

Non pare infatti che né la dura crisi economica, né la presunta fine del sistema politico berlusconiano, stiano corrispondendo ad un reale cambiamento nell’atteggiamento e nella mentalità del popolo italiano. Se prendiamo il cinepanettone come oggetto culturale, dobbiamo allora motivarne il declino con la trasformazione, il mutamento dei gusti o delle abitudini del suo vasto pubblico. Ma la stretta attualità politica, e di non meno la semplice constatazione quotidiana diretta, mostrano un quadro ben diverso. Gli esempi da portare possono essere i più vasti e disperati (trattasi non di errore di battitura, ma di amara constatazione), dai tentativi falliti di liberalizzare alcuni settori della nostra economia all’incapacità perenne di una seria e severa lotta all’evasione (e all’elusione) fiscale, dal clientelismo al nepotismo che asfissiano tutti gli strati della nostra società. Sostenere dunque che il minor successo di pubblico di Vacanze di Natale a Cortina rappresenti la manifestazione di un cambiamento sociale, dovuto al crollo del sistema politico berlusconiano appare dunque quasi capzioso. Inoltre questo tipo di ragionamenti vede, più o meno implicitamente, la figura di Silvio Berlusconi come unico e solo fautore del declino culturale del nostro paese. Cambiando però il punto di vista, la prospettiva, si potrebbe invece osservare come, alcune figure del nostro panorama politico, più che la causa siano il prodotto emblematico di atteggiamenti diffusi, di vecchi e radicati malcostume, di vizi e corruzioni. Proprio quei comportamenti da sempre alla base dei racconti dei film natalizi di De Laurentiis. Il rischio allora è forse semplicemente quello di voler leggere, nel leggero arretramento ai botteghini di Vacanze di Natale a Cortina, il segno di un cambiamento epocale, di una svolta da molti tanto attesa, invece di cogliere il semplice e parziale insuccesso commerciale di un film costretto a confrontarsi con un blockbuster chiamato Sherlock Holmes.

 

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