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Monti, la strategia del sentirsi indispensabile

di Stefano Iannaccone

Il governo non può cadere. Il presidente del Consiglio, Mario Monti, ha inaugurato la “fase due” dell’esecutivo nella certezza che nessun partito possieda la forza per archiviare l’esperienza tecnica. L’Italia, difatti, sta lentamente acquisendo credibilità nel panorama internazionale: il dato è testimoniato dalla recente asta dei Bot in cui i rendimenti si sono dimezzati. La presenza del professore a Palazzo Chigi sta iniziando a portare benefici con un lieve incremento dell’italica credibilità, sebbene lo spread Btp/Bund non sia tornato a livelli accettabili (e auspicati). Monti, dunque, può attuare una strategia di comunicazione all’insegna dell’indispensabilità: il Paese, in un momento di acuta emergenza, ha bisogno di una figura autorevole e rassicurante, al di là di qualsiasi bega politica. I malcontenti, diffusi soprattutto nel Popolo della libertà, vengono soffocati di fronte ai primi risultati raccolti dal governo: per quanto sia temerario, Silvio Berlusconi non può correre il rischio di rimandare il Paese sul limite del default; per lui sarebbe una responsabilità storica troppo pesante, ma soprattutto regalerebbe il successo agli avversari.
I sacrifici imposti dalla manovra, peraltro, hanno intaccato solo in parte il sostegno al presidente del Consiglio, che continua a sfruttare l’immagine di un uomo avulso dal litigioso quadro politico. Il vantaggio di Monti è di trovarsi come “commissario” di una classe dirigente paralizzata. Nonostante le misure drastiche, insomma, il professore è sempre visto come il male minore rispetto ai suoi predecessori. E quindi il bocconiano con lo stile british continua a navigare sicuro di sentirsi indispensabile. Salvo assunzioni di irresponsabilità di qualche partito…

 

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