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Non siamo mica gli americani

di Mario Piccirillo

Ce l’abbiamo sempre avuta questa pretesa di fare un po’ gli americani. Cerchiamo da anni una guerra tiepida per sguazzarci senza farci male, perché poi non si dica che italians do it worse. Non ci arrendiamo mica. Loro, gli yankee, negli anni 80 se ne uscirono fuori con Top Gun, noi gli andammo dietro con Aquile. Loro c’avevano Iceman (Val Kilmer), e noi Nullus Secundus (Lorenzo Flaherty). Ecco, quando parliamo degli F35 – che non sono moduli per la dichiarazione dei redditi – dovremmo tenere ben presente il contesto.
Tanto per cominciare basta andare su wikipedia per farsi un’idea di quanto fico possa essere un Lockheed Martin F-35 Lightning II: “Un caccia multiruolo di 5ª generazione monoposto, a singolo propulsore, con ala trapezoidale con caratteristiche stealth, che può essere utilizzato per supporto aereo ravvicinato, bombardamento tattico e missioni di superiorità aerea”.
Ora pensate a tutte le volte che La Russa ha ordinato un bel bombardamento tattico e noi svolazzavamo in giro con i Tornado, gli F16, addirittura i vecchi F104. Roba che a terra quelli delle contraeree si ammazzavano dalle risate.
Superiorità aerea un corno, caccia ai passerotti al massimo. Così ragionano i ministri della Difesa, non c’è scampo. E’ una generalizzazione, sì, ma la difesa della Difesa si fa così: difendendo l’indifendibile prestigio dei propri apparati militari. Non c’entra niente quella stramba Costituzione che ci dice contrari alla guerra. E nemmeno il talento tutto italiano nell’individuare sempre il carro “più vincitore” al quale aggrapparci. Ne va dell’immagine del nostro Paese, altrochè. E allora si va al mercato e si mettono in carrello 131 F35. Un’operazione di restyling che comincia e finisce lì: i soldi dell’industria bellica debbono girare, e questa cosa ha davvero poco a che fare con la guerra vera e propria. L’Italia ha in realtà investito in un “Joint Strike Fighter”, un programma di costruzione di aerei al fianco di Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Danimarca, Norvegia, Olanda, Australia, Turchia, Singapore e Israele. E una parte degli aerei che compriamo la costruiamo noi, con l’Alenia. Inoltre i tanto decantati 13 miliardi di euro di spesa (perché tale risulta che siano dalla “Nota Aggiuntiva allo stato di previsione per la Difesa per l’anno 2011”) saranno spalmati fino al 2026. Cambia qualcosa? Per l’economia sì, perché non è che rinunciando all’acquisto avremmo immediatamente 13 miliardi da spendere per evitare qualche litro di lacrime e sangue. Ne avremmo, al massimo, un miliardo l’anno.
Non cambia, in ogni caso, tutto il resto: l’idea che l’Italia-quasi-Grecia abbia bisogno in questo momento di Aquile aggiornate, di Nullus Secundus, di tenerci al passo delle trendy war mondiali, fa palesemente ridere. Sono incrostazioni di prassi, modi di fare che da noi non vanno via nemmeno con una buona mano di governo tecnico. Figurarsi se il ministro tecnico della Difesa è l’ex ammiraglio De Paola. Come chiedere ad un parlamentare di tagliarsi lo stipendio. Si fa per ridere.

Mario Piccirillo è giornalista dell’agenzia Dire e ha un blog, qui.

 

1 Commento per “Non siamo mica gli americani”

  1. […] militare da 15 miliardi di euro per l’acquisto di 131 cacciabombardieri F-35 (leggi l’approfondimento di Mario Piccirillo su T-Mag). Tuttavia Di Paola ha inoltre difeso con decisione un programma di […]

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