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Banda larga. Perché un’agenda digitale per l’Italia?

Proponiamo alcuni stralci del documento dell'Agcom "Segnalazione al Governo in tema di liberalizzazioni e crescita: Un'agenda digitale per l'ltalia" pubblicato il 12 gennaio.

In relazione all’imminente proposta governativa di misure pro-liberalizzazione e pro-crescita, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nell’esercizio della funzione di segnalazione in merito all’opportunità di interventi legislativi correlati all’evoluzione del settore delle comunicazioni, nonché in coerenza con quanto disposto dall’art. 47 della legge n.99/2009, ritiene opportuno proporre l’adozione di un’agenda digitale per l’ltalia che sappia governare la modernizzazione del Paese instradandola sulle reti e i servizi di nuova generazione.

Perché un’agenda digitale?
E’ ormai un punto fermo, supportato da evidenze e stime accreditate da parte di studiosi ed organismi internazionali, che la diffusione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (lCT), che consentono lo sviluppo di un ecosistema digitale, è alla base del recupero di produttività per migliorare la competitività internazionale di un Paese e per creare nuova occupazione qualificata.
Al giorno d’oggi nessun altro settore è in grado di accelerare in misura comparabile la crescita e lo sviluppo del Paese, in un momento in cui se ne avverte così fortemente la necessità. Soprattutto per le nuove generazioni. Il passaggio ad un’economia digitale di sistema è uno snodo cruciale per passare da un’economia di redistribuzione ad una di crescita.
Molteplici studi di caratura internazionale evidenziano che le reti intelligenti di nuova generazione – fisse e mobili – possono promuovere la crescita e al contempo generare importanti risparmi.
L’Europa si è dotata di un’agenda digitale che traguarda ambiziosi risultati entro il 2O2O.
Agli Stati membri mediante l’adozione di un’agenda digitale nazionale spetta individuare e realizzare concretamente le tappe che permettano il raggiungimento degli obiettivi.
L’arretratezza dell’ltalia nel settore ICT è impietosamente fotografata proprio dall’osservatorio UE sull’Agenda digitale.

La situazione italiana
L’ltalia è un Paese che si sta digitalizzando troppo lentamente – lungo un percorso del tutto peculiare – e dove ancora non si pensa digitale. Questa mancanza di prospettiva – che accomuna imprese, istituzioni e consumatori – si traduce in deficit di interventi mirati in settori diversi, anche separati da un punto di vista industriale dalla filiera propriamente ICT; il che in pratica rallenta anziché agevolare il passaggio al digitale.
Gli esempi sono molteplici, dai sistemi di pagamento ai servizi postali, dall’educazione ai lavori pubblici, dalla sanità al fisco. Le conseguenze sono che sia per i cittadini che per le aziende, gli indici di digitalizzazione si attestano su posizioni di retrovia: il divario rispetto ai Paesi più avanzati d’Europa sta crescendo, salvo che per la diffusione della banda larga mobile.
I dati di alfabetizzazione informatica, di copertura di rete fissa e di sviluppo dei servizi on line, sia sotto il profilo di utilizzo da parte dei consumatori che delle imprese, sono nettamente al di sotto della media EU.
C’è una forte contrapposizione fra i lusinghieri risultati della politica di liberalizzazione delle telecomunicazioni – con un calo dei prezzi del 33% dal 1997 (a fronte di un aumento del costo della vita del 31%) – e il poco confortante posizionamento dell’Italia fanalino di coda nella larga banda e nei servizi digitali.
Tutto questo in un quadro asimmetrico in cui si assiste ad una forte contrazione delle linee fisse e ad una crescita esponenziale di quelle mobili. Gli italiani si stanno dotando di smortphone e chiavette USB per navigare molto più che in altri Paesi europei, mentre il modello della connessione fissa ancora non si afferma: non ci si abbona alla banda larga anche quando è disponibile, mentre il mobile viene assunto sempre di più come la finestra sulla rete, pur non avendone le stesse performonce e potendo incorrere in strozzature.
La recente esperienza di successo dell’asta per le frequenze di quarta generazione è la cartina di tornasole del valore atteso dall’investimento nel radiospettro, mentre i progetti per la realizzazione della rete di accesso in fibra ottica languono.
Un altro elemento degno di attenzione è come gli italiani utilizzano internet. Dai dati disponibili risulta evidente che per lo più l’utilizzo di internet si concentra nella funzione di ricerca, di scambio di informazioni e di comunicazione attraverso i social network; molto basso invece è l’utilizzo di internet per funzioni produttive. ll commercio elettronico è poco sviluppato, l’Italia è agli ultimi posti in Europa per la diffusione dell’e-banking, le piccole e medie imprese italiane (ovvero la parte preponderante del sistema produttivo nazionale) non utilizzano internet per l’e-commerce o per la fatturazione elettronica. Pochissimi cittadini completano transazioni elettroniche con la pubblica amministrazione.

Manca un’agenda digitale per il Paese
Quanto osservato può essere sintetizzato in una sola affermazione, sia pur semplificatrice: domanda e offerta (pubblica e privata) non vedono ancora convenienza nella produzione e fruizione di servizi digitali.
Non a caso il peso di internet nel PIL italiano è ancora al 2,5% contro, ad esempio, il 7% dell’economia inglese. Questo dato da solo spiega forse meglio di tutti il differenziale di crescita fra l’economia italiana e le economie occidentali che mantengono una prospettiva di sviluppo.
C’è di più. Nel 2015 nel Nord Europa il peso sul PIL dell’economia internet raddoppierà, mentre, senza inversione di tendenza, per l’Italia il peso dell’economia digitale rimarrà modesto.
Lo scarso peso dell’ICT nella nostra economia è purtroppo una costante sistematica degli ultimi anni. Mentre le maggiori economie mondiali crescevano sulla spinta delle tecnologie digitali, in ltalia è perdurata una carenza di intervento programmatico, o, almeno, la mancanza di un efficace coordinamento delle iniziative. La classe politica italiana, forse anche per estrazione culturale e generazionale lontana dal mondo digitale, non sembra aver preso compiutamente coscienza che l’economia mondiale è profondamente cambiata in questi ultimi anni. Le aziende internet (cd. Over the top) hanno superato molte aziende tradizionali per capitalizzazione. La prima azienda al mondo per capitalizzazione (300 miliardi di dollari a fine 2011) è oggi la Apple. Il valore aggregato delle aziende internet è di gran lunga superiore alla capitalizzazione di tutta la borsa italiana.
Sarebbe semplicistico e non rispondente ai fondamentali delle economie avanzate catalogare l’economia internet come un fenomeno effimero. I fondamentali delle grandi aziende ICT sono solidi e le prospettive di crescita ci sono. Si tratta dunque di un fenomeno nuovo di creazione di valore che l’Europa e in particolare l’Italia non è stato finora in grado di intercettare.
L’agenda digitale è uno strumento olistico di politica industriale che permette alle istituzioni di prevedere una serie di azioni coordinate per far crescere l’economia digitale.
L’agenda digitale europea prevede una serie di obbiettivi specifici e 101 azioni specifiche in tutti i settori dell’economia digitale. Fondamentale, nella costruzione dell’agenda digitale europea, è il coordinamento di azioni settoriali affidato ad un’unica cabina di regia (il Commissario per l’agenda digitale) e il monitoraggio degli obbiettivi e indicatori dell’agenda. Molto importante è anche il coinvolgimento degli stokeholders nello sviluppo e monitoraggio dell’agenda.
In ltalia non esiste ancora un’agenda digitale intesa non solo come documento programmatico, ma come road mop esecutiva verso i traguardi fissati a livello comunitario.
Un’agenda digitale disegnata sulle esigenze nazionali risulta dunque il primo e imprescindibile tassello per la svolta digitale, consentendo la visione unitaria dell’ecosistema digitale che ancora manca, soprattutto con riferimento ai numerosi interventi di promozione a costo zero.
Contestuale alla definizione di un’agenda digitale è quella di una “cabina di regia” che armonizzi o comunque renda trasparente l’azione dei diversi attori coinvolti nella realizzazione dell’agenda: Governo, Regioni, Enti locali ed Autorità. In Europa, come detto, questo ruolo è affidata al Commissario Kroes; in ltalia deve essere il Ministro dello sviluppo economico.
Di seguito si espongono suggerimenti su come declinare lo strumento e sui suoi contenuti principali.

Proposta di istituzione di un’agenda digitale per l’Italia
La legge sulla concorrenza di imminente emanazione dovrebbe prevedere un articolo del seguente tenore:
“Con decreto del Ministro dello sviluppo economico è istituito l’agenda digitale per l’Italia (di seguito “Agenda”), documento progrommotico e operativo che, attraverso adeguate politiche e strumenti, deve consentire all’Italia il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda digitale comunitaria che vengono così recepiti. I contenuti e lo struttura dell’Agenda vengono adottati dal Ministro dello sviluppo economico entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge sulla concorrenza, o seguito di confronto con imprese, parti sociali e istituzioni interessate. ll Ministro dello sviluppo economico è individuoto altresì come responsabile del coordinamento degli interventi per l’implementazione dell’Agenda. Ad esso spetta presentare pubblicomente, ogni sei mesi, lo stato di avanzamento dei lavori”.

Si prende atto positivamente dei passi avanti del Governo per la diffusione della banda ultra larga: il “Progetto strategico” e il “Piano Azione-Coesione” da poco presentati sono due utili interventi di politica industriale delle infrastrutture.
La politica delle infrastrutture (offerta) ha però i suoi tempi, anche rispetto agli ambiti geografici di intervento, ed è maggiormente efficace se inserita in un contesto in cui offerta e domanda si alimentano reciprocamente.
Per questo l’Autorità, oltre a interpretare in chiave “incentivante” il ruolo delle regole per le infrastrutture di nuova generazione, intende suggerire alcuni interventi complementari all’iniziativa del Governo – e di alcune Regioni- con l’obiettivo di a) incrementare la domanda di contenuti e servizi digitali e b) semplificare il quadro amministrativo per le realizzazioni infrastrutturali, soprattutto cercando di ridurre e razionalizzare i costi di scavo […].

In quest’ottica l’Agcom propone anche una serie di interventi legislativi correlati all’evoluzione del settore delle comunicazioni, e cioè misure di semplificazione degli adempimenti burocratici e amministrativi nonché iniziative a costo zero – o comunque diverse dagli investimenti diretti – per facilitare la creazione di un ecosistema digitale e fluidificare il percorso di aziende e cittadini nella produzione e fruizione dei contenuti digitali.
Le proposte vogliono essere uno stimolo alla progressiva azione del Governo e del Parlamento in materia di rilancio della crescita attraverso il settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che è oggi il principale driver dello sviluppo economico. Il principio ispiratore dell’intervento è di porre il cittadino al centro della svolta digitale e non di considerarlo mero consumatore di tecnologie, talora di complessa fruizione.
Ecco i principali campi di azione individuati e alcuni interventi puntuali da adottare:

• adozione di una politica dello spettro radio, valorizzando le risorse frequenziali e liberando più risorse per la larga banda;

• promozione delle reti tlc di nuova generazione: semplificazione delle procedure amministrative con abolizione delle autorizzazioni, concessioni e di tutti gli altri atti amministrativi non indispensabili; condivisione dei lavori di scavo da parte di differenti fornitori di servizi a rete (elettricità, gas,
acqua, ecc);

• incentivi alla circolazione dei contenuti digitali per favorire un ambiente più concorrenziale nell’accesso alle risorse per i media;

• promozione delle transazioni on line attraverso norme pro-digitalizzazione improntate alla riduzione dei costi e degli adempimenti oltre che alla facilità di accesso ai contenuti digitali, che sono un diritto per il cittadino;

• sviluppo della moneta elettronica e dell’e-commerce: diffusione delle tecnologie “near field communication” per i pagamenti in mobilità; possibilità di notifica degli atti giudiziari e delle infrazioni al codice della strada a mezzo di posta elettronica certificata; nullità delle clausole contrattuali in accordi di distribuzione che vietino la vendita diretta su canale on line;

• alfabetizzazione digitale, utilizzando il canale scolastico e dei media;

• uso sociale della tecnologia: mercato del lavoro e sanità digitale.

La realizzazione dell’agenda digitale per l’Italia rappresenta una priorità per accelerare la crescita e lo sviluppo del Paese in un momento in cui se ne avverte così fortemente la necessità per sbloccare l’attuale stagnazione dell’economia e per creare un ambiente in cui possano proiettarsi le nuove generazioni.
Il passaggio ad un’economia digitale di sistema diventa uno snodo cruciale per transitare da un modello di economia di redistribuzione ad uno di crescita.
E’ tempo di agire. La scarsità di risorse non può costituire un alibi all’inazione sia perché molte riforme sono a costo zero sia perché bisogna guardare al rapporto costi-benefici: non basta ridurre il debito pubblico, quello che più conta è il rapporto tra deficit e Pil.

Per approfondire leggi anche l’articolo Quanto vale internet in Italia? 12 idee per la crescita.

 

2 Commenti per “Banda larga. Perché un’agenda digitale per l’Italia?”

  1. Giovanni Piccardi

    Buonasera,
    il vero problema in italia per la mancata crescita digitale è che, a seguito della privatizzazione di Telecom Italia S.p.A., non c’è più nessuna figura che si preoccupi di realizzare quelle infrastrutture primarie (OO.UU. primarie telefoniche) che dovrebbero permettere ai cittadini di potersi allacciare alla rete telefonica.
    Nonostante il testo unico sull’urbanizzazione definisca la OO.UU. telefoniche come primarie e da realizzare a carico del comune o dal lottizzante a scomputo non poche sono P.d.Z. (su Roma abbiamo 30 Piani di Zona non coperti dal servizio telefonico e anche con una carente copertura del servizio radio mobile) ad oggi tali opere non sono state realizzate lasciano i cittadini isolati. Nel caso dei 30 P.d.Z. di Roma il IX dipartimento del Comune di Roma, molto disponibile verso i cittadini per un sereno confronto, asserisce che deve essere Telecom Italia a dover realizzare tali OO.UU. telefoniche primarie scaricando quindi verso Telecom tale responsabilità.
    Mi auguro, quanto prima, sia fatta chiarezza dal punto di vista normativo visto che il fulcro del problema è l’attribuzione della presa in carico del cavedio/cavidotto telefonico con le annesse spese di manutenzione.

  2. […] dell’Informazione rappresenti un pubblico sempre più vasto. Il 12 gennaio l’Agcom ha inviato una segnalazione al governo in tema di liberalizzazioni e crescita sull’opportunità di […]

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