Il tributo leghista a Berlusconi
La marcia anti-sistema della Lega si è fermata con il “no” all’arresto di Nicola Cosentino. La posizione della libertà di coscienza indicata da Umberto Bossi ha infatti frenato il percorso del Carroccio verso il celodurismo delle origini, emerso nella fase di opposizione al governo Monti. L’insediamento del professore a Palazzo Chigi aveva favorito un approccio comunicativo più emozionale con l’obiettivo di collocarsi al di fuori del panorama politico “tradizionale” e soprattutto con la speranza di recuperare la fiducia dell’elettorato di riferimento, che aveva vissuto con fastidio gli ultimi periodi di sostegno all’azione di Berlusconi. L’esecutivo ha trascorso intere settimana a parlare di Giustizia e intercettazioni, senza affrontare con piglio deciso il tema del federalismo, principio fondante della Lega. Per tale ragione erano state promosse iniziative di proteste clamorose, tanto da subire censure istituzionali nelle Aule parlamentari. E per coronare il progetto è stato sventolato con forza il vessillo della secessione padana.
Tuttavia Bossi, con il voto contrario all’arresto di Cosentino, ha scelto una strategia d’immagine assai ambigua, che probabilmente risulta incomprensibile a una base molto esigente su alcuni aspetti (ed è in tal senso assimilabile agli elettori di sinistra, iper critici nei confronti dei partiti della propria area politica, in particolare quando si parla di legalità). La diatriba tra Maroni e i vertici legisti (dopo i vari tentativi di distensione Bossi e l’ex ministro dell’Interno hanno avuto lunedì un faccia a faccia) è una testimonianza perfetta delle crepe che si sono aperte nella muraglia “verde”, compatta sin dalla nascita nonostante la presenza di una miriade di regionalismi. Il carisma del Senatùr, dunque, non è riuscito a essere la soluzione al problema come era avvenuto in numerose occasioni del passato, assestando un altro colpo al concetto di partito padronale. E in un contesto tanto complicato, il tributo elettorale versato a Berlusconi sul caso Cosentino rischia di diventare fatale alla leadership storica del Carroccio.