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È morto Megaupload, viva Megaupload!

di Fabio Ferri

Cercare notizie sulle vendite di musica oggi è un problema. La RIAA (Recording Industry Association of America), la fonte più autorevole se si vogliono andare a vedere I dati delle vendite e dei ricavi, è sotto attacco hacker. Volevo testare una teoria: dopo la chiusura di Napster le vendite dei cd (per vinili e cassette si era al De Profundis) non si erano riprese, anzi. Per due buone ragioni, entrambe psicologiche, che poi hanno impattato sull’economia musicale. Le case discografiche con la chiusura di Napster si sono attirate l’antipatia dei loro ex (?) clienti: diventando ai loro occhi degli inquisitori. Napster rispondeva ad una domanda, non l’aveva inventata ma solo concretizzata in una forma nuova. Così chiuderlo non è servito a rispondere o esaurire le necessità di un nuovo mercato.
Stava cambiando il modo di ascoltare musica ben prima di Napster, solo che fino a quando è stato chiuso nessuno se ne è accorto veramente. L’industria musicale era già in crisi. E stava cambiando paradigma, si stava passando dalla carrozza con i cavalli alla macchina a carbone, con quella a benzina dietro l’angolo.
Questo succedeva dieci anni fa con la musica, oggi con il video forse la storia si sta ripetendo. E come la morte del Leviatano Napster ha portato alla proliferazione di altre strategie (pear to pear), modalità e attori economici lo stesso potrebbe accadere adesso. La chiusura di un servizio come Megaupload, circa il 4% del traffico internet mondiale, non sarà salutata solo da proteste e attacchi in dos contro siti governativi.
C’è una battaglia in atto sul futuro del web, di tipo legale ed economico, leggi come Pipa e Sopa vogliono guidarne il cambiamento ma saranno sempre gli utenti ad avere l’ultima parola. Colpirne 1 per educarne cento. E così Megaupload.
E se i mandanti fossero altri. Tipo Netflix oppure Hulu. Si gioca a Cluedo ovviamente, anche se è ipotizzabile, per il mercato Usa, un aumento di traffico e abbonamenti a questi due servizi di video (noleggio) digitali.
La chiusura di Megaupload (e Megavideo) potrebbe paradossalmente quindi essere un bene per il mercato video (anche televisivo in ottica smart tv e nuovi contenuti UGC) aprendo la strada, e la riflessione, a nuovi attori, che dovranno raccogliere la sfida di colmare un vuoto. Aiutando la legge ad alzare la sua asticella, inizialmente con delle scorciatoie, attraverso la spinta di un mercato, quello digitale, che ha bisogno di nuovi paradigmi. Dopotutto se da Roma a Milano non andiamo più a cavallo ci sarà una ragione.

 

2 Commenti per “È morto Megaupload, viva Megaupload!”

  1. Anonymus

    L’analisi di Ferri è impeccabile. Il problema, come al solito, è che quando il dito indica la Luna, lo stolto guarda il dito; così si cerca da tempo di affrontare la questione dei modi “illegali” (illegali secondo la coscienza di dieci persone, i vertici delle lobby discografiche e cinematografiche) di fruire gli audiovisivi sempre sbagliando target. Perché la questione, appunto, è anzitutto culturale; così come culturali sono i contenuti di concetti quali quelli di “legalità” e “illegalità”, di “giusto” e “sbagliato”: che cosa sia legale/giusto e che cosa illegale/sbagliato è stabilito culturalmente (e dunque dall’Umanità nel suo complesso) nel corso della storia, non dall’arroganza dei potenti sulla scorta di interessi privati. Se l’Essere Umano raggiunge la convinzione che certi prodotti, certi beni è giusto (e, di conseguenza, legale; giacché le leggi dovrebbero essere l’effetto della coscienza collettiva, come altro si formerebbero se no?) vengano resi fruibili gratuitamente – così come lo sono i libri per mezzo delle biblioteche (forse che qualcuno, un giorno, potrebbe impunemente decidere di chiudere le biblioteche, protestando ingenti perdite economiche a causa della loro esistenza?) – la legge deve modellarsi su tale convinzione e non su quella opposta di, come si diceva, 10 persone ricche e potenti interessate unicamente al mantenimento di tali privilegi. In altre parole, è assurdo pensare che sia la collettività ad adattarsi al senso di giustizia di una risicata minoranza, anziché il contrario; sono le grandi case discografiche e cinematografiche a doversi impegnare cercando di individuare nuove strategie commerciali compatibili con la nuova idea di fruizione che si è da tempo formata entro la coscienza collettiva, strategie sicuramente meno redditizie ma, del resto, non può che andare così…

  2. […] creatore di Megaupload, ci riprova. A circa un anno dal suo arresto per pirateria informatica e alla relativa chiusura di Megaupload e Megavideo e, di conseguenza, alla confisca di tutti beni acquistati tramite i proventi della sua attività […]

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