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Remake: film inutili o tributi?

di Martina Marotta

Il 3 febbraio uscirà nelle sale italiane il film statunitense dell’acclamato libro di Stieg Larsson, Uomini che odiano le donne. Questa è la prima pellicola di una trilogia senza alcun dubbio interessante, sebbene non sia la prima volta che lo spettatore ha modo di vedere Millennium (questo il nome della trilogia) sul grande schermo; nel 2009 infatti è stata realizzata la prima trasposizione cinematografica del libro per la regia del danese Niels Arden Oplev.
Diciamolo, di fronte alla possibilità di rifare un film che nel passato ha avuto un grande successo, gli americani in particolare non si fanno scrupoli, anche col cinema italiano. E’ di qualche anno fa infatti Nine di Rob Marshall (dove figura Sophia Loren nel ruolo della madre del protagonista Daniel Day Lewis), musical d’ispirazione e omaggio ad una delle opere più famose di Federico Fellini, 8 e mezzo, o Everybody’s fine, remake di Stanno tutti bene di Giuseppe Tornatore.
Si potrebbe considerare come detto in precedenza che l’America voglia rendere omaggio a queste grandi opere del passato, facendole conoscere al pubblico internazionale buttando giù così le barriere “nazionali”, utilizzando attori di fama mondiale nei ruoli dei protagonisti per aumentare la curiosità degli spettatori.
Purtroppo, nella maggior parte dei casi, è invece lo scopo di lucro che la fa da padrone: si prendono piccoli capolavori poco conosciuti Oltreoceano e li si modificano in base all’interesse principale del pubblico, o con lieti fine o rendendoli veri e propri musical da Broadway.
Riprendendo come esempio la trilogia Millennium, notiamo che tra l’uscita del film svedese (2009) e quella del film americano (2011) è passato troppo poco tempo per poter gustare il secondo senza qualche critica. E che dire di Lasciami entrare, film sempre svedese, vincitore di numerosi premi, del 2008? Nel 2010 è uscito Blood story, il remake americano di quest’ultimo; la storia è la stessa, ma viene aggiunta qualche scena in più per la gioia degli spettatori.
I riadattamenti possono piacere o no, tuttavia nella maggior parte dei casi è chi non ha visto il film originale che apprezza questa particolare branca del cinema: naturalmente lo spettatore che ha già visto il film si trova a paragonarli tra loro, e raramente un remake piace più del primo film.
Un altro paio di maniche è il celebre film nostrano Benvenuti al sud, ripreso dall’opera francese Giù al nord, dove viene utilizzata solo l’idea di base di quest’ultimo e modificata secondo le differenze italiane tra nord e sud; in questo caso non si può proprio parlare di remake, ma più di riadattamento.
In conclusione, con tutti questi remake americani in arrivo o appena usciti, viene da pensare se l’ultimo cinema made in USA pecchi del peggior morbo che un regista possa avere: la mancanza di idee.

 

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