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Sorpresa Santorum

di Antonio Caputo

Il risultato che non t’aspetti, che fa saltare tutti i sondaggi, la sorpresa che sconvolge le previsioni della vigilia: l’italoamericano Rick Santorum, il cattolico conservatore già vincitore in Iowa, e poi appannatosi in un po’ di risultati mediocri, ma sempre a due cifre, stravince il primo contesto elettorale “multiplo” di questa sempre più incerta corsa delle primarie repubblicane, umiliando il favorito della vigilia, Romney. Fino ad ora ogni Stato era andato al voto singolarmente, ma la scorsa notte si è svolto, appunto, il primo contesto multiplo: ben tre gli Stati al voto per i Repubblicani, due caucus, in Colorado e Minnesota, ed una primaria, in Missouri, appuntamento, quest’ultimo, comune anche ai Democratici, con la vittoria di Obama che però, a differenza di altre competizioni, non correva da solo (“unopposed”), e al quale è andato poco più dell’88% dei quasi 75 mila votanti, con un rimanente 12% diviso quasi a metà tra voto neutrale (“uncommitted”) e candidati minori, (sì ci sono anch’essi).
E siamo ai risultati in campo repubblicano: le previsioni della vigilia davano, per usare un gergo calcistico, un 1-X-2, nel senso di una vittoria a testa tra Romney, e Santorum, rispettivamente in Colorado e Minnesota, con incertezza sulle primarie in Missouri.
Prevista dai sondaggi, dunque, la vittoria dell’italoamericano in Minnesota, ma non certo con le proporzioni verificatesi: il 44,8, a fronte del 16,9 di Romney, solo terzo, scavalcato anche dal libertario Ron Paul, ancora una volta favorito dalla competizione caucus, che registra un sorprendente 27,2, in netto miglioramento rispetto a quattro anni fa, quando si fermò al 16%. Pessimo risultato anche per Gingrich, al 10,7% La sconfitta in Minnesota è particolarmente dolorosa per il miliardario mormone: nel 2008 fu lui a stravincere dalle parti di Saint Paul (dove si tenne poi la convention repubblicana) e dintorni, umiliando McCain, con quasi 20 punti di distacco; per dare l’idea, ha perso in quattro anni 18 mila voti, e qualcosa come 25 punti percentuali, una vera e propria debacle.
Spostiamoci in Missouri: assente Gingrich, i suoi voti si sono riversati su Santorum, che ha ottenuto un risultato a valanga, col 55.2%, più che doppiando, anche dalle parti di Jefferson City, l’ex Governatore del Massachusetts, fermo al 25.3 (quattro punti e oltre 100 mila voti persi rispetto alle primarie del 2008) il quale si è difeso, pur perdendo, nelle sole due aree metropolitane di Saint Louis e di Kansas City, dove Santorum era più debole, (e Paul più forte). Ron Paul, dicevamo: si piazza terzo al 12.2%, discreto, se paragonato al dato del 2008, rispetto al quale triplica, ma medio se non mediocre, considerata l’assenza di Gingrich, assenza che avrebbe potuto regalargli qualche soddisfazione in più nel voto anti tasse, piuttosto avaro col deputato libertario. Infine, un 4% neutrale (“uncommitted”), e qualche voto anche ai candidati già ritiratisi (Perry, Huntsmann, e la Bachmann).
Ma la sorpresa più clamorosa si è avuta in Colorado, Stato in cui i sondaggi premiavano Romney, che giocava in casa, vista la presenza dei mormoni. Invece, contravvenendo le previsioni, Santorum mette a segno la tripletta: 40.2% dei voti a scrutinio quasi ultimato, e Romney distanziato di oltre cinque lunghezze (al 34.9%). Terzo al 12.8, Gingrich, che supera di un soffio Paul, 11.8%, risultato tutt’altro che brillante, sia perché non di molto superiore rispetto all’8.5 rimediato quattro anni fa, sia perché si trattava di un caucus, competizione che egli storicamente predilige. Ma la delusione più pesante è senza dubbio per Romney, che nel 2008 stravinse in Colorado, sfondando il 60%, ed infliggendo distacchi siderali ai suoi avversari (McCain, vincitore nazionale, e secondo nello Stato, si fermò, per dirne una, al 18%). Una perdita, per Romney, di 20 mila voti (enorme come cifra per un caucus), e di quasi 25 punti percentuali in quattro anni. Soltanto nella Capitale Denver, (sede quattro anni fa della Convention Democratica) e nella sua area metropolitana, l’ex Governatore mormone mantiene la sua prevalenza.
Il martedì nero di Romney mette in ombra anche la pessima performance del suo rivale (finora) più accreditato, l’ex Speaker della Camera Newt Gingrich: sconfitte pesantissime anche per lui, tornato a risultati assai magri come quelli di un mese fa in Iowa e New Hampshire. Insomma, se Sparta (Romney) piange, Atene (Gingrich) certo non ride!
La debacle di Romney lo indebolisce ulteriormente in vista dei prossimi appuntamenti elettorali mentre Santorum ha dichiarato, trionfante, che il conservatorismo è vivo e si è espresso stanotte; ma di qui a considerarlo il favorito alla candidatura il passo è ancora molto lungo. In sintesi, da questo “Super martedì” in miniatura, più dubbi che certezze sulla nomination repubblicana, mentre Obama sornione, se la ride sotto i baffi, e sa che con un Partito repubblicano così diviso, e con candidati che non riescono a far presa nella propria base (in molti Stati i votanti di caucus e primarie sono meno che nel 2008) rimanere alla Casa Bianca non gli sarà difficile.

 

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