La questione ebraica e la fiera degli equivoci
L’agguato alla scuola ebraica di Tolosa di lunedì ripropone un dibattito con la solita fiera degli equivoci. Succede così ogni volta che fatti di violenza coinvolgono attivamente o passivamente degli ebrei.
La questione ebraica è una di quelle che suscitano passioni contrastanti, divisioni sentimentali e militanze equivoche. Dunque una dialettica che spesso si articola in prese di posizioni contrapposte dove smariscono il dovere di equilibrio e l’onestà intellettuale. Con il tempo è andato scavandosi il solco di una divisione, a dir poco, paradossale tra “amici” e “nemici” degli ebrei. Un parossismo della logica “amico-nemico” che porta ad un saldo automatico che restringe la questione nella morsa stretta tra Sionismo e Antisemitismo. Due fenomeni che nella loro violenza dovrebbero essere entrambi denunciati senza ipocrisie per quel che sono: due “nefandezze”. Non dovrebbe esistere nessuna giustificazione né per l’uno né per l’altro fenomeno. Una violenza è nefandezza a prescindere da chi la fa o chi la subisce. I fatti di Tolosa sono una schifezza punto e basta. I razzi israeliani che cadono nelle case dei palestinesi di Gaza o il fosforo bianco sono una nefandezza. Su fatti del genere non dovrebbe essere consentita una doppia morale, o un doppiopesismo che relativizzano il dovere di condanna dell’una o dell’altra violenza a secondo di chi lo subisce.
Serve più onestà intellettuale e meno opportunismo e ipocrisia. La dignità della persona umana dovrebbe essere un dato acquisito per tutti, ebrei o palestinesi, neri o bianchi, uomini o donne. Sparare su dei bambini ebrei non lo si può giustificare come speculare alle violenze del sionismo. Che responsabilità ha un bambino ebreo se un razzo israeliano uccide un suo coetano a Gaza? Davvero così non se ne esce da questa spirale di odio e violenza. L’essere ebreo non è né una colpa né comporta qualche privilegio per cui c’è una sorta di beneficio di innocenza preventiva e assoluta. Gli ebrei non sono né diavoli da demonizzare né dei semidei da adulare. Sono esseri umani dotati di dignità proprio in quanto esseri umani. Dunque è ora di normalizzare l’atteggiamento nei loro confronti senza condizionamenti di sorta e senza pregiudizi. Deve valere per loro quel che vale per ogni altro essere umano: si è giudicati per quel che uno fa secondo il principio della responsabilità soggettiva. Questo è il modo migliore per uscire da una problematizzazione della questione ebraica in termini di odio e violenza.
Insomma, aveva ragione colui chi diceva che non ci può essere giustizia senza verità. Possano gli opinionisti e politici sentire e far loro queste parole.
indipendentemente dalla evidente gravità dell’accaduto, il fatto che si chieda un minuto di silenzio perché le vittime sono degli ebrei, infischiandosene altamente quando, in precedenza, si è trattato di semplici militari francesi “di colore”, è una cosa gravissima, che la dice lunga sulla strumentalizzazione in atto da parte della stampa europea (ebraica e non), tesa a creare e perpetuare il mito del “monopolio della sofferenza” da parte del popolo eletto.
un domani ci troveremo a chiedere il lutto nazionale per ogni morto israelita sulla faccia del pianeta, imposto “ex lege” dalle autorità planetarie e dalla stampa compiacente: è questo che la comunità civile desidera? forse che le vittime ebraiche sono più “sacre” di quelle cristiane, islamiche o indù?
che si rifletta attentamente su questo aspetto della questione e si traggano tutte le dovute conseguenze, senza ovviamente trascurare l’evidente gravità del fatto accaduto.
Lucarosi pensa anche alla strage di Kandahar che ha visto un marine massacrare dei bambini, delle donne e persone innocenti. Se ne parlato qualche ora poi si è rimosso tutto. Ma si sa che la ragione del più forte è sempre la “migliore”.