L’elettore in apnea e la politica utile
“Se qualcosa può andar male, lo farà”. A leggere i sondaggi di questi tempi torna alla mente la legge di Murphy secondo cui, in chiave ironica, qualsiasi contingenza o decisione presa non porterebbe a nulla di buono. Il 50% degli italiani ritiene il proprio tenore di vita peggiorato rispetto ad un anno fa (dati Tecnè) mentre il clima di fiducia complessivo (sulla situazione economica, sulla disoccupazione, sui bilanci familiari) è sceso dall’indice di base del 2005 (100) al 91,6 di dicembre 2011 (fonte Istat, elaborazione Tecnè).
Ora, il periodo è quello che è: inutile girarci intorno. Tanto per rendere un’ulteriore idea della fase di transizione e di incertezza che stiamo attraversando, la percentuale di quanti dichiarano il voto a un partito è diminuita dal 77,5% delle politiche 2008 al 53,9% di marzo 2012. È “l’effetto tecnico”, qualcuno potrebbe asserire. E magari avrebbe anche ragione. Ma tra qualche mese, quando i cittadini saranno chiamati di nuovo alle urne, saranno quegli stessi partiti che hanno creato il caos (e che ora sostengono il governo dei professori) a chiedere i voti. E cosa accadrà? Difficile a dirsi. “Qualcuno dovrà colmare lo scollamento che stiamo vivendo”, è stata la riflessione del vicesegretario del Pd, Enrico Letta, durante il workshop La politica utile organizzato giovedì al Teatro de’ Servi di Roma da Democratica e dalla rivista online Turboarte.
Sia beninteso, però. I cittadini non sono distaccati dalla politica. Semmai è vero il contrario: il 58% crede che sia importante l’impegno politico di ciascuno anche se ci si organizza in modo informale e attraverso strumenti che sconfessano i vecchi paradigmi (“è il popolo della Rete”, direbbe qualcuno un po’ superficialmente). Le stime elettorali che ritraggono la crisi dei partiti devono perciò essere interpretate all’interno di una trasformazione in atto. L’elettore non è più “incerto”, ma – per dirla con Carlo Buttaroni, presidente di Tecnè – è “in apnea”. Il primo era “di confine tra le diverse aree politiche e in cerca di risposte e faceva la differenza tra un successo o una sconfitta nel momento in cui si sommava allo ‘zoccolo duro’ del consenso più stabile e fedele”. Il secondo, invece, “non formula più domande alle quali i partiti non sembrano in grado di rispondere, soffre un deficit di riferimenti nel momento in cui i partiti hanno perso anche il tradizionale radicamento territoriale e tende ad auto-organizzarsi nel cercare le risposte più adatte ai suoi problemi contingenti”. È la democrazia che si rinnova, che parte dal basso, che riscopre i localismi e allo stesso tempo il mondo e il sé come realtà. Ai salotti televisivi, tra le urla dei politici, si contrappone un diverso modo di interagire: la moltiplicazione degli spazi dove si scambiano e si formano le opinioni. In altri termini, ha osservato il direttore di Europa, Stefano Menichini, tra i presenti all’incontro, “non si potranno fare proposte elettorali o squadre di governo solidificate esclusivamente sulle sigle di partito, serviranno le persone e le competenze. Chi saprà interpretare questo tipo di fisionomia – ha aggiunto Menichini – vincerà la prossima partita. Non torneremo alla politica dei partiti di massa, ai grandi movimenti collettivi. La condizione individuale è un fattore di libertà nell’ambito della sfera pubblica, ognuno è svincolato dal dovere di rispondere ad una ‘fede’ e ciò sfugge al controllo dei partiti”.
L’analisi di Menichini fa il paio con i dati raccolti dall’istituto di ricerca Tecnè. Il 71% dei più giovani, infatti, ritiene che valga la pena impegnarsi per l’uguaglianza sociale e la solidarietà, ma il 53% afferma di non sentirsi rappresentato dai partiti. Ecco, al workshop sono intervenuti anche i segretari delle federazioni giovanili dei principali contenitori. Interventi precisi, mirati. Sono competenti e si sente. Ma parlano da leader smaliziati, sono già veterani della politica. E ai tempi che furono non c’è motivo di dubitare che l’attuale classe dirigente non fosse altrettanto preparata, sebbene il giudizio di oggi non sia certamente lusinghiero. I loro coetanei, i giovani di cui ci si riempie tanto la bocca, sono alla ricerca di altro. Facciano tesoro di questa lezione, a trarne giovamento sarà soprattutto il rinnovato interesse per la cosa pubblica.
La foto dell’evento è di Salvatore Contino
Una grossa responsabilità ce l’hanno i mezzi d’informazione “di massa”, veicolati e funzionali alle logiche del padrone di turno: l’indottrinamento di antica memoria è lungi dall’essere sconfitto. Se è vero che la Politica non viene abbandonata, è altrettanto reale pensare che la politica non sa più (o non vuole) leggere la realtà delle persone. Un bel dire che si riparte dalla base, se questa è impalpabile e contorta. Credo che l’astensionismo, prossimamente, avrà numeri molto alti. Il che non vuol dire necessariamente disaffezione, ma concretezza mal ripagata.