Lacrime e sangue a Madrid
Già a gennaio il premier spagnolo, Mariano Rajoy, aveva annunciato al presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, che il suo Paese non sarebbe riuscito a centrare gli obiettivi di bilancio entro la fine dell’anno. Madrid avrebbe dovuto ridurre il suo deficit di otto punti per arrivare al target del 4,4%, un traguardo considerato troppo ambizioso da Rajoy. Allo stesso tempo, però, la Spagna (sollecitata dai partner europei) ha confermato a Bruxelles l’impegno di riportare il deficit pubblico al 5,3% dopo lo sforamento (8,5%) del 2011. A tale proposito il governo di Rajoy ha presentato una manovra lacrime e sangue da 27 miliardi di euro che si aggiunge a quella di dicembre da 12 miliardi.
Tra le misure adottate il taglio medio del 16,9% dei bilanci dei ministeri (sono previsti in questo modo circa dieci miliardi di risparmio), l’ aumento delle tasse sulle società per le imprese più grandi e sul tabacco (più 12,3 miliardi con l’incremento dell’Irpef già deciso a dicembre) e il congelamento degli stipendi pubblici. Si registra inoltre un aumento delle bollette di luce e gas, rispettivamente del 7 e del 5%.
Si è poi deciso uno “scudo” per il rientro dei capitali dai paradisi fiscali con una tassa liberatoria del 10%. Al contrario di quanto avverrà nel nostro Paese, il governo spagnolo non ritoccherà l’Iva per non incidere sui consumi e neppure le pensioni. La Commissione europea, alcune settimane fa, aveva sottolineato che non esiste “un caso spagnolo” sebbene una missione di esperti fosse stata inviata in Spagna da Bruxelles per discutere il deficit.
L’esecutivo spagnolo è poi alle prese con l’alto tasso di disoccupazione, per cui è stata varata una riforma del mercato del lavoro. La Spagna ha il poco lusinghiero primato del quasi 23% di disoccupati. Quella giovanile raggiunge livelli record sfiorando quasi il 50% (in Italia la disoccupazione giovanile, fascia 15-24 anni di età, si attesta al 31,1%).