La crisi occupazionale colpisce di più i giovani
La ricerca condotta dal Censis ci offre un quadro ben preciso sulla situazione dell’occupazione giovanile, sempre più intaccata da un mercato del lavoro che appare non funzionare, soprattutto per chi si accinge a trovare la sua prima occupazione.
Il momento difficile che stiamo attraversando è ben spiegabile con i dati che ci vengono forniti: infatti su 100 persone che hanno perso il posto di lavoro nel 2010, ben il 56,2% ha meno di 45 anni, e di questi il 33,7% ha meno di 35 anni. Questo è facilmente comprensibile se pensiamo a quanto gravano i costi della flessibilità sulle giovani generazioni, sempre più calpestati da contratti flessibili, poco sicuri e mal retribuiti. Al primo posto tra le cause della perdita del lavoro c’è il mancato rinnovo del contratto a termine, questo dichiara il 41,9% di quanti hanno meno di 35 anni e il 33,8% di quanti hanno tra i 35 e i 44 anni, anche se il 36,8% afferma di essere stato licenziato e il 44,2% di essere vittima della mobilità.
Le persone che, nel 2010, hanno perso il posto di lavoro sono un milione e 270 mila, un dato troppo corposo per essere digerito con facilità. Di questi, il 33% sono lavoratori licenziati o messi in mobilità, il 6,2% è stato licenziato per cessazione o chiusura dell’attività, mentre al 28,1% non è stato rinnovato il contratto a termine.
Il dato sconcertante è quello relativo alle cause dei licenziamenti, dovuti per più dei due terzi a scelte imprenditoriali, ovvero legate al mal funzionamento del mercato del lavoro o alla volontà di licenziare o di non rinnovare il contratto a termine; mentre solo il 19,8% è causato da altre motivazioni, come il pensionamento del soggetto o a motivazioni di carattere puramente private e personali.
Questi dati sono coerenti con quelli presentati dall’Istat in una ricerca sul livello di occupazione in Italia. I numeri che emergono non sono confortanti. Nell’arco di tre anni, dal 2008 al 2011, la quota di giovani occupati tra i 15 e i 34 anni è scesa del 14,8%.
A pagare il prezzo più alto sono sempre gli under 35, che sembrano intrappolati in un tunnel senza via d’uscita. L’incertezza del lavoro crea disagio e preoccupazione in una generazione vittima di un momento politico e sociale che sembra non voler passare.
Tra il 2010 e il 2011, i posti di lavori tra le persone comprese nella fascia di età 15-34 si sono ridotte di 233 mila unità. Se abbassiamo ancora l’età presa in esame, i dati sono ancora più impressionanti, infatti i posti di lavori per chi ha tra i 15 e i 24 anni si sono ridotti di 303 mila unità, ovvero pari al 20,5%. In ogni caso, non ci possiamo stupire di questo andamento se pensiamo che il livello di disoccupazione giovanile a febbraio ha raggiunto il 31,9%.
Ma c’è anche un dato positivo. Il mondo del lavoro con gli adulti sembra essere più benevolo. L’occupazione tra le persone comprese tra i 55 e i 64 anni è aumentata del 15%, e questo è avvenuto nell’arco di tre anni, tra il 2008 e il 2011. Questo dato ci fa tirare un sospiro di sollievo troppo corto se lo mettiamo a confronto con quello relativo alla disoccupazione giovanile.
Dobbiamo tener presente che sono proprio queste piaghe sociali a far nascere i sentimenti di disaffezione a un Italia in crisi, caratterizzata da una politica troppo poco responsabile nei confronti di chi dovrebbe rappresentare il nostro futuro.