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La Francia a pochi giorni dalle elezioni presidenziali

di Antonio Caputo

Ultimissimi giorni, decisivi, della campagna elettorale per il primo turno delle presidenziali francesi (ballottaggio il 6 maggio); i candidati non si risparmiano, tra comizi, incontri, interviste, per cercare di convincere fino all’ultimo elettore indeciso, che potrebbe far pendere l’ago della bilancia.
Domenica i due principali sfidanti per l’Eliseo, il presidente uscente Nicolas Sarkozy, neogollista, ed il candidato socialista Francoise Hollande, si sono “affrontati”, a Parigi, a pochi chiilometri di distanza in due manifestazioni elettorali: Sarkozy a Place della Concordie, Hollande a Chateau de Vincennes.
Il presidente uscente, indietro nei sondaggi (26-27%, rispetto al 27-28 di Hollande al primo turno; divario che aumenta al secondo) ha chiesto ai suoi seguaci aiuto per “evitare che la Francia commetta l’errore” di far vincere i socialisti, cosa che, a a Parigi, a detta di Sarkò, costerebbe cara sui mercati.
Dal canto suo Hollande, che pur essendo in testa non dà affatto per scontata la vittoria, replica di sentirsi “pronto” e che “questa volta nessuno ci fermerà”. Il principale sfidante di Sarkozy parla già vista del ballottaggio: sa che per vincere dovrà allargare la sua base del primo turno in due direzioni, ossia a sinistra, dove sta macinando consensi il candidato della sinistra radicale (il Fronte di sinistra costituito da: comunisti, scissionisti socialisti, tra cui lo stesso candidato all’Eliseo, altre forze di sinistra radicale ed una parte dei radicali) Jean Luc Melenchon, accreditato di un 15-16% (alla pari con l’alfiera dell’estrema destra Marine Le Pen), ed al centro, dove si colloca il moderato Francois Bayrou, secondo i sondaggi attorno al 10%. Proprio per questo, il candidato socialista si propone come “il candidato dell’esclusione e della rabbia” (per strizzare l’occhio all’elettorato di Melenchon, ma anche a quello popolare ed operaio che domenica vota Le Pen), ma non fine a se stessa, bensì “da trasformare in progetto di governo” (cercando di accativarsi, in tal modo i voti di chi domenica sceglierà Bayrou).
Hollande ha invitato gli elettori a non disperdere il proprio voto, memore di quanto avvenne dieci anni fa, quando, a dispetto dei sondaggi, il premier uscente (socialista) Lionel Jospin, si fermò al 16%, solo terzo dietro, non solo (come previsto) al presidente uscente Chiraq, ma anche al candidato del Front National, Jean Marie Le Pen. La sinistra nel suo complesso ottenne un buon risultato in termini di voti, ma si disperse tra molti candidati, tra cui un impensabile 12% lo ottennero (sommati) addirittura tre trozkysti; dispersione che costò il secondo turno all’allora premier, e che costrinse tutte le forze di sinistra a stringersi al secondo turno attorno a Chiraq, per evitare lo spauracchio Le Pen.
Dieci in tutto saranno i candidati ai blocchi di partenza, ma di essi i primi cinque (Hollande, Sarkozy, Le Pen, Melenchon, Bayrou) si spartiranno ben il 95% del totale dei voti: insomma una dispersione stile 2002 non dovrebbe ripetersi, e ciò dovrebbe tranquillizzare Hollande.
A destra, Sarkozy sa che non otterrà il pieno che fece cinque anni fa, quando, puntando sulla sicurezza, e sulla discontinuità rispetto all’impopolare Chiraq, riuscì ad imporsi, senza particolari problemi. Questa volta, discorso diverso: gli attacchi più duri, Marine Le Pen li riserva proprio al presidente uscente, bollato come “traditore”, che “favorisce i clandestini, pagandogli cure mediche, affitti e biglietti autosbus”, e che interviene nei contesti internazionali “a sostegno dei fondamentalisti islamici”. La figlia del leader storico del Front National, a differenza del padre, non è un’estremista che vuol far presa tanto sull’emotività, ma piuttosto sulla razionalità; il suo messaggio fa breccia nell’elettorato giovanile (dove sarebbe nettamente prima col 27%) ed in quello socialmente più a disagio.
Pochi giorni ancora, e vedremo quale sarà il suo reale seguito, e quali possibili sorprese attenderanno la Francia.

 

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