Lavoro, Napolitano: “Aprire nuove prospettive di lavoro ai giovani”
“Per l’evento musicale con cui si celebra e festeggia questo Primo Maggio sono state scelte delle parole – credo campeggino sul palco di San Giovanni – che mi auguro riflettano davvero lo spirito del mondo del lavoro: ‘la speranza, la passione, il futuro’. La speranza che deve sorreggerci e guidarci in tempi difficili ; la passione che deve animare ogni richiesta e proposta di cambiamento ; il futuro che deve costituire il riferimento essenziale anche nell’affrontare i problemi assillanti del presente”. Così il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha aperto il discorso celebrativo del Primo Maggio, Festa del Lavoro, al Quirinale.
“E’ un presente duro lo sappiamo, quello che l’Italia del lavoro sta vivendo ; sono – ha aggiunto il Capo dello Stato – tempi di crisi quelli che stiamo attraversando da più di 3 anni, tempi di crisi per l’Italia e per l’Europa in un mondo che è radicalmente mutato specie nell’ultimo decennio e che continua a mutare. Gli indici della crisi di questi anni e della recessione in atto, sono stati di recente presentati dal Presidente dell’Istat ; tra quelli e altri di diversa provenienza ne ho voluto citare alcuni, perché sia chiaro che non possono essere taciuti da chiunque, investito di responsabilità istituzionali, pure voglia reagirvi in termini positivi, indicando la via per il superamento di questa fase così critica e suggerendo fiducia nel rilancio e nel futuro del paese. Quegli indici rispecchiano le pesanti, talvolta drammatiche difficoltà di famiglie e imprese, di lavoratori e di giovani ancora fuori di ogni attività lavorativa. Sono realtà che nessuno può sottovalutare o considerare con distacco. Anche i casi estremi del lavoratore sull’orlo della disoccupazione o dell’imprenditore sull’orlo del fallimento che si tolgono la vita non possono non addolorarci e scuoterci. E’ essenziale che si rafforzi ed esprima oggi nel nostro paese a tutti i livelli il senso di una comune responsabilità e solidarietà sociale”.
“Nello stesso tempo è giusto – ha sottolineato il Presidente – trasmettere consapevolezza dei punti di forza su cui l’Italia, la sua economia, il suo sistema sociale, possono contare. Come non vedere ad esempio l’importanza dei recenti segnali di successo, sul piano delle esportazioni, di quelle nostre imprese che meglio hanno saputo internazionalizzarsi e attrezzarsi per competere anche su mercati molto lontani affrontando le sfide della globalizzazione? L’imperativo sta diventando, in Italia e in Europa, quello della crescita, del tornare a crescere, dell’aprire nuove prospettive di occupazione, e soprattutto di lavoro e di futuro per i giovani. Sono questioni che possono però trovare risposte in termini non solo nazionali ma europei, e non ignorando connessioni e vincoli con cui d’altronde l’Italia ha dovuto fare duramente i conti nella seconda metà del 2011. Connessioni e vincoli sul piano finanziario, che nessuno può esorcizzare contestando – sia pure talvolta con argomenti degni di considerazione – il ruolo dei mercati finanziari o il mondo delle banche. Mettere oggi fortemente l’accento sulla necessità di politiche e misure per la crescita, non può d’altronde condurre né a cancellare gli impegni né a svalutare i progressi che hanno nei mesi scorsi permesso di allontanare – per l’Italia e per l’Eurozona – rischi di eventi catastrofici. E’ quel che si può ricavare, nel modo più documentato e analitico, dal Rapporto sulla stabilità finanziaria che la Banca d’Italia ha presentato pochi giorni orsono e dalle indicazioni disponibili sul ‘quadro economico italiano ed europeo’. Il quadro economico va visto – non può che essere così – ‘alla luce delle recenti tensioni sui mercati finanziari'”.
“Per quel che riguarda l’Italia – ha detto il Presidente Napolitano – i provvedimenti deliberati dal governo Monti, anche raccogliendo decisioni e questioni maturate nel precedente governo, hanno via via ottenuto il necessario consenso in Parlamento, e hanno reso possibile un calo cospicuo del differenziale tra i tassi d’interesse dei titoli italiani e tedeschi – calo solo parzialmente eroso da nuove tensioni nelle ultime settimane, ‘nate al di fuori dell’Italia’. Si è manifestato in sostanza un ritorno di fiducia nella sostenibilità finanziaria del nostro paese : esso è attestato dal brillante collocamento dei nostri titoli di Stato emessi tra gennaio ed aprile per un importo pari al 40 per cento del totale, molto rilevante, programmato per l’intero anno. Consolidare la fiducia recuperata è essenziale per evitare il riprodursi di un’emergenza allarmante, a cominciare da un’impennata della spesa per interessi sui nostri titoli del debito pubblico, che già si avvicina alla cifra di 80 miliardi di euro in ragione d’anno, sottraendo un ingente volume di risorse finanziarie pubbliche ad impieghi importanti per lo sviluppo del paese o a scelte di riduzione della pressione fiscale”.
Per il Capo dello Stato “non c’è dunque alternativa al proseguire con intatta determinazione nell’impegno per il pareggio di bilancio – ora prescritto e regolato in Costituzione – e per un deciso, sistematico abbattimento del debito accumulato nei decenni trascorsi e giunto, tra alti e bassi, al 120 per cento del prodotto lordo. Non c’è alternativa all’attuazione di riforme come quelle introdotte nell’ultimo semestre, e definite, nel linguaggio europeo, ‘strutturali’, in quanto volte – rimuovendo distorsioni radicate, ostacoli e barriere – ‘ad elevare il potenziale di crescita dell’economia italiana’. Ciò non toglie, s’intende, che nella fase attuale si possa e debba operare per sostenere e promuovere lo sviluppo e l’occupazione, finanziando e incentivando investimenti mirati. E’ uno sforzo da compiere, come sempre di più si riconosce, al livello europeo : e questo è il tema ormai all’ordine del giorno del Consiglio europeo. Il governo italiano si sta seriamente muovendo perché le regole fissate a salvaguardia di politiche di bilancio rigorose, innanzitutto sotto il profilo del rapporto deficit-prodotto lordo, si aprano a una considerazione positiva della spesa degli Stati per investimenti di ben definita urgenza ed efficacia ai fini della crescita e dell’occupazione. L’Italia si sta egualmente adoperando per mettere a punto una decisione, da tempo largamente sollecitata, di finanziamenti europei di progetti comuni, attraverso l’emissione di project bonds per usare il termine divenuto corrente”.
Il Presidente Napolitano è quindi tornato “alle questioni di scottante interesse per il mondo del lavoro”. I riferimenti alla tematica delle riforme ‘strutturali’ riguardano naturalmente anche la legge di riforma del mercato del lavoro, “di cui il ministro Fornero ha ancora qui richiamato con accenti di limpida e forte convinzione i motivi ispiratori e gli obbiettivi di fondo. Ma a questo proposito – ha osservato il Capo dello Stato – posso solo limitarmi ad auspicarne la sollecita definizione, secondo impegni di calendario d’altronde già predisposti in Parlamento, e invitare le forze politiche che sorreggono il governo Monti a dare nuova prova del loro senso di responsabilità giungendo a intese conclusive su una legge così importante e delicata”.
Nel ricordare che questo è ‘L’Anno Europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni’, Napolitano ha osservato: “E’ stato bene dare attenzione – nel progetto di riforma del mercato del lavoro – e farlo attraverso misure concrete, alle esigenze degli occupati ‘maturi’, dei lavoratori ultracinquantenni, oltre che dei giovani in cerca di occupazione. Inoltre, complesse e sensibili sono le questioni riguardanti gli appartenenti all’età matura in quanto pensionati ; e non mi sfugge sia il peso dei sacrifici imposti dalle più recenti, e peraltro ineludibili, misure di riforma, sia il rilievo di temi come quello degli ‘esodati’ che restano da chiarire e risolvere. Per quel che concerne le condizioni dei lavoratori, voglio almeno ricordare l’insistenza costante e pressante che da me è venuta sulla questione della sicurezza. Rispetto alla quale desidero richiamare la più recente relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno degli incidenti sul lavoro, per rinviare all’ulteriore analisi in essa contenuta e porre comunque con forza l’imperativo che nessuna esigenza, neppure quella ben comprensibile di un aumento della produttività, venga perseguita a scapito della sicurezza sul lavoro, della tutela dell’incolumità e della vita dei lavoratori”.
Il Presidente ha concluso il suo intervento riflettendo su due punti fondamentali. Il primo, “è quello del predisporsi al cambiamento. Penso innanzitutto, certamente, al cambiamento che si deve esigere da quanti hanno tratto benefici illeciti dal dilatarsi della spesa pubblica e sono venuti meno – o vengono oggi spinti a venir meno – ad obblighi di lealtà verso lo Stato e la comunità come quello fiscale. Cambiamento che si deve esigere anche da quanti hanno tratto vantaggio da un contesto di crescenti disuguaglianze sociali. Ma penso nello stesso tempo a quanti nel mondo del lavoro pure fanno quotidianamente i conti con pesanti doveri e con difficoltà materiali, derivanti ad esempio, sul piano finanziario, da una condizione di salari reali tra i più bassi in Europa. Anche ai lavoratori, dunque, e ai giovani che bussano alle porte del mercato del lavoro, non può sfuggire che la realtà con la quale occorre misurarsi non è più quella di un decennio o di alcuni decenni fa, e non può essere affrontata arroccandosi nelle conquiste del passato ma riformulando le proprie ragioni – insieme con istanze perenni di equità e di giustizia – in modo da farle valere in un contesto nuovo : nuovo dal punto di vista tecnologico, produttivo, competitivo. Basti riflettere su quanto ci si debba predisporre a cambiare nella qualità della formazione e del lavoro, perché il nostro paese possa disporre di un capitale umano all’altezza delle sfide del XXI secolo. In tempi di crisi come quelli che stiamo attraversando e ancora attraverseremo nei prossimi anni, ogni posizione puramente difensiva o nostalgica è perdente. Occorre, non già con rassegnazione ma con passione – torno alle parole di questo Primo Maggio – mirare ad un benessere diversamente concepito e misurato rispetto al modello dello scorso secolo : un benessere ben più riferito a componenti ambientali, sociali, culturali, ovvero di qualità della vita, che non ai tradizionali parametri quantitativi. In una visione più ampia, è l’Europa, sono le sue classi dirigenti, i suoi ceti popolari, i suoi cittadini che debbono predisporsi al cambiamento, perché il peso demografico ed economico del nostro continente si è ridotto nel mondo, e non sarà consentito agli europei di vivere al di sopra delle loro possibilità. Saremo come europei spinti ad affinare le nostre potenzialità, facendo leva sul nostro peculiare patrimonio storico-culturale, a cercare nuove strade per competere con successo e per contare nel mondo d’oggi e di domani, saremo spinti soprattutto a unire fino in fondo le nostre forze. Se la “rivolta contro l’austerità” di cui oggi si parla in rapporto a un quadro politico europeo in affanno e in transizione, dovesse significare difesa disperata di posizioni acquisite in epoche precedenti, secondo una chiusa e illusoria ottica nazionale, l’Europa davvero rischierebbe di scivolare ai margini della storia”.
L’altro punto è quello della cooperazione che si impone tra le forze sociali così come tra le forze politiche, in modo particolare nel nostro paese. “Cooperazione nella misura e nelle forme necessarie per salvaguardare l’interesse generale, l’interesse comune dell’Italia e il suo futuro. Non è questione di formule di alleanza politica e di governo ; è questione di clima, è questione di spirito pubblico, è questione di consapevolezza diffusa e di condivisa assunzione di responsabilità. Abbiamo conosciuto tempi di divisione troppo acuta per potervi riuscire ? Ma quelli di oggi sono a tal punto tempi di crisi, che non possono essere più tempi di contrapposizione lacerante e paralizzante, di dissociazione e frammentazione in un dedalo di interessi e pretese particolari. E d’altronde in questi mesi ho sentito diffondersi tra gli italiani – ed è segno di confortante maturità – una seria comprensione delle difficoltà e degli sforzi di rinnovamento di cui occorre farsi tutti carico. Non è peraltro retorico o improprio il richiamo ad altri tempi di crisi, e davvero durissimi, che abbiamo vissuto, quando il paese era ancora da ricostruire materialmente e moralmente”. Il Presidente Napolitano ha quindi richiamato un ricordo personale: “In alcuni giorni di metà febbraio del 1950 ero nel Teatro delle Arti in Roma per seguire da giovane, attento spettatore i lavori della Conferenza economica nazionale della CGIL sul ‘piano del lavoro’ da essa proposto. Meno di due anni prima le elezioni generali dell’aprile 1948 avevano segnato un drastico spartiacque tra una coalizione di governo guidata dalla Democrazia Cristiana e un’opposizione imperniata sui partiti della sinistra, ai quali era politicamente legata la CGIL dopo la scissione intervenuta nel suo seno. E apparve dunque stupefacente che a quella Conferenza aperta da una relazione di Giuseppe Di Vittorio, intervenissero due tra i più autorevoli ministri di allora, personalità di primo piano dei partiti di governo, rappresentanti di un ampio universo sociale, culturale e tecnico. Ci fu grande attenzione reciproca, grande rispetto anche per i contributi di studiosi di alta competenza sui complessi problemi del finanziamento del “piano del lavoro” e su molti altri temi specifici e rilevanti. E ci fu misura nei giudizi, pur essendo in quel periodo assai viva la dialettica e la tensione tra le parti politiche di maggioranza e di opposizione. Quella Conferenza produsse risultati, ebbe proiezioni nello stesso successivo svolgimento dell’azione di governo. Non scomparvero certo le asprezze della lotta politica e sociale ; il paese avrebbe poi conosciuto complesse e contraddittorie vicissitudini ; ma in quel momento era scattato precisamente un clima di consapevolezza diffusa e di condivisa assunzione di responsabilità di fronte alle incognite che circondavano il futuro del paese. E fu un bene per l’Italia. Confido che quanto fu possibile allora sia egualmente possibile oggi”.
(fonte: Quirinale.it)