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Spesa pubblica, le cinque anomalie di sistema

Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, ha illustrato lunedì in Cdm la sua relazione sulla spending review. “Per assicurare rapida esecuzione al programma di revisione della spesa, soprattutto in ragione delle straordinarie condizioni di necessità e urgenza che impongono un intervento deciso sull’economia, il Consiglio dei Ministri – si legge nel comunicato di Palazzo Chigi – ha previsto, con decreto legge, la funzione di Commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per acquisti di beni e servizi con il compito di definire il livello di spesa per voci di costo. Per l’incarico sarà nominato Enrico Bondi”.
Il ministro Giarda, intanto, ha individuato “cinque anomalie di sistema” che caratterizzano la spesa pubblica in Italia. Quali sono al dettaglio? Giarda le ha elencate durante la conferenza stampa del Cdm di lunedì:

1) La struttura della spesa pubblica italiana. In Italia si spende meno della media dei paesi Ocse per la fornitura di servizi pubblici e per il sostegno agli individui in difficoltà economica, mentre le spese per gli interessi sul debito pubblico e per le pensioni superano la media europea. Le voci valgono circa 310 miliardi, una cifra che ostacola la flessibilità di gestione e adattamento della risposta pubblica alle domande provenienti dall’economia.

2) Il costo della produzione dei servizi pubblici. L’aumento dei costi di produzione dei servizi pubblici (scuola, sanità, difesa, giustizia, sicurezza) non è stato accompagnato da un adeguato livello di qualità. Queste spese, secondo i dati Istat, sono cresciute in trent’anni, dal 1980 al 2010, molto più rapidamente dei costi di produzione dei beni di consumo privati. Se i costi del settore pubblico fossero aumentati nella stessa misura del settore privato, la spesa per i consumi collettivi oggi sarebbe stata di 70 miliardi di euro più bassa.

3) L’aumento delle spesa dovuto alle diffuse carenze nell’organizzazione del lavoro all’interno delle amministrazioni, nelle politiche retributive e nelle attività di acquisto dei beni necessari per la produzione.

4) L’evoluzione della spesa e la sua governance. Negli ultimi vent’anni, ad esempio, la spesa sanitaria è aumentata passando dal 32,3% al 37% del totale della spesa pubblica, mentre la spesa per l’istruzione è scesa dal 23,1% al 17,7%. Ciò è dipeso in parte all’andamento demografico, in parte a decisioni che riguardano la sfera politica e la struttura degli interessi costituiti.

5) Il rapporto centro-periferia, per cui gli enti locali esercitano le stesse funzioni, a prescindere dalle dimensioni e caratteristiche territoriali. Questo porta a una lievitazione dei costi negli enti con un numero inferiore di abitanti.

 

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