La Francia a pochi giorni dal ballottaggio
Mancano ormai pochi giorni al “rien ne va plus” che stabilirà, domenica prossima, chi siederà all’Eliseo per i prossimi cinque anni, ed i partiti, i candidati e gli elettori si posizionano in vista dell’appuntamento elettorale la cui rilevanza travalica i confini d’oltralpe, per pervadere l’intera Europa, e contribuire a disegnarne il futuro.
Dopo il primo turno era leggermente in vantaggio il candidato socialista François Hollande (28.6 a 27.2%), sul presidente uscente gollista Nicolas Sarkozy; vantaggio che dovrebbe (stando ai sondaggi) mantenere ed incrementare leggermente al secondo, scalzando l’attuale presidente, permettendo così ai socialisti di riconquistare l’Eliseo, 17 anni dopo l’uscita di scena di colui che fino ad ora è stato l’unico esponente di sinistra ad essere eletto presidente (ossia Francois Mitterand) nella Quinta Repubblica.
I sondaggi, dicevamo: Hollande risulta virtualmente in testa secondo le rilevazioni demoscopiche, con il 54%, rispetto al 46 di Sarkò; un margine piuttosto netto e forse un po’ eccessivo: pur non mettendo in discussione la probabile vittoria dell’ex segretario socialista, è da ritenersi più probabile un 52-53%.
I duellanti puntano ai voti dei candidati esclusi dal ballottaggio, e, in parte, a quelli dei non votanti del primo turno. Questi ultimi dovrebbero per la più gran parte (il 75%) confermare la scelta astensionista del 22 aprile; dividendosi, gli altri che invece a votare ci andranno, in misura quasi uguale tra Hollande e Sarkozy.
Tra i votanti dei candidati esclusi, invece, tre sono le “fette di torta più grosse”: a sinistra, l’11% ottenuto dal post comunista Jean Luc Melenchon, cui vanno aggiunti il 2% della verde Eva Joly, e i voti dei trotzkisti, (poco meno del 2); al centro, il 9% ottenuto da François Bayrou, che ancora non si è schierato tra Hollande e Sarkozy, ma pronto a farlo; e soprattutto, a destra, con l’incredibile 18% rastrellato da Marine Le Pen, del Front National, massimo storico per il partito; 18% cui va aggiunto il quasi 2 di un candidato scissionista dall’UMP (Partito di Sarkozy).
Come si divideranno tali elettori? Sempre dai sondaggi la risposta: da quelli di sinistra sostegno massiccio ad Hollande (85%), una fetta di astenuti (10-12%), ed appena un 3-4% a Sarkozy; divisi in parti praticamente uguali, indipendentemente dalle scelte che compirà il centrista Bayrou, i suoi elettori: un terzo scarso con Hollande, poco più di un terzo col presidente uscente, un terzo non voterà; le incognite maggiori arrivano dagli elettori di destra: pochi (e non è una sorpresa) sosterranno il socialista Hollande, ma si tratta comunque di un sesto di quel 18% della Le Pen; molti di più insomma i voti di estrema destra che andranno all’esponente socialista, rispetto a quelli di estrema sinistra che andranno al presidente gollista; una grossa fetta (pari a quasi il 40%) che potrebbe crescere ulteriormente dopo la dichiarazione della Le Pen di lasciare in bianco la scheda, domenica prossima, dovrebbe astenersi; la maggior parte (poco più della metà, ma alcuni sondaggi si spingono più in là, parlando del 60% e più), dovrebbe convergere su Sarkozy, ridandogli fiato.
Che la maggior fetta di consensi da conquistare siano gli elettori del Front National è dimostrato dal fatto che i due candidati del ballottaggio abbiano fatto del tema immigrazione/sicurezza il principale argomento per far presa su un elettorato spesso deluso, e disamorato. Sin dalla campagna per il primo turno Sarkozy aveva puntato sul tema immigrazione; ora anche Hollande dichiara che di voler dimezzare gli ingressi di stranieri nel Paese, proprio per lisciare il pelo all’estrema destra, i cui elettori sono indispensabili per la vittoria.
In vista del ballottaggio, Sarkò incassa l’endorsment del prestigioso settimanale britannico Economist, che però, spesso, in passato ha appoggiato candidati poi sconfitti: a partire dal 1981, quando diede il suo appoggio a Giscard d’Estaing, battuto da Mitterand; ma anche nel 1996, quando il settimanale sostenne Bob Dole contro Clinton (che si riconfermò senza problemi), o nel 1997, quando appoggiò John Major in Inghilterra, demolito dal laburista Blair; ancora, tutti ricordano l’appoggio a Rutelli contro Berlusconi nel 2001, anche in quel caso senza fortuna, o il sostegno (anche’esso vano) a Kerry contro Bush nel 2004. Questo per dire che il settimanale spesse volte si è dimostrato non in sintonia col sentire dell’opinione pubblica dei Paesi su cui si esprime, limitandosi ad un’analisi magari teoricamente giusta, ma non in linea col sentire dei cittadini.
Si tratterà ora di vedere come i candidati affronteranno le ultime ore di campagna elettorale, e le reazioni dell’elettorato al duello tv di mercoledì sera, che potrebbe spostare negli ultimi giorni numerosi voti, soprattutto di elettori indecisi, che potrebbero, anzi, che certamente faranno la differenza.