Dal voto amministrativo un segnale per Cameron
Giovedì 3 maggio si sono tenute, in giro per il Regno Unito, le elezioni comunali, per il rinnovo di diverse assemblee municipali, tra le quali quelle di numerose importanti metropoli, su tutte la Capitale Londra.
I risultati hanno visto, a livello di trend nazionale, la vittoria dei Laburisti di Ed Milliband, dati, secondo una proiezione fornita dalla BBC, al 38-39%, con una crescita di 2-3 punti rispetto alle precedenti elezioni corrispondenti del 2008; in calo, invece, i Conservatori del Premier David Cameron, scesi, in quattro anni, dal 35 al 31%; sostanzialmente stabili i Liberal Democratici del Vice Premier Nick Clegg, partner di Governo di Cameron, con un discreto 16% (di gran lunga meglio di quanto venga loro attribuito – il 10% – dai sondaggi); numerosi i voti per le formazioni minori e locali, che nel complesso sfiorano il 15%.
Non tutte le città hanno l’elezione diretta del sindaco, anzi, in diverse non è prevista; per ciò proprio, in molti casi, contestualmente al voto per i consigli municipali, si sono svolti in numerose città (su tutte Manchester, Newcastle, Leeds, Birmingham) dei referendum, volti ad istituire proprio l’elezione popolare del vertice del governo comunale. Tali referendum erano caldeggiati dal governo, ma, salvo poche eccezioni, hanno visto la bocciatura (in diversi casi, tra cui tutte le città citate, in maniera anche piuttosto sonora) della proposta da parte dell’elettorato. Oltre alla generale avanzata laburista, anche la bocciatura di questi referendum locali è stata un segnale negativo mandato dall’opinione pubblica nei confronti dell’esecutivo nazionale.
Tornando ai risultati elettorali, dall’elezione dei Consigli Comunali, l’avanzata in termini di voti del Partito guidato da Ed Milliband si concreta nella conquista di centinaia di scranni (oltre 800) nelle Assemblee municipali; a fronte di una perdita di oltre 400 seggi per i Conservatori; limature al ribasso anche per i Liberal Democratici e per le altre forze.
Cameron si consola col risultato di Londra: i Conservatori confermano il Sindaco uscente, l’eccentrico Boris Johnson, ai danni del suo predecessore, e per la quarta volta consecutiva candidato per i Laburisti, Ken Livingstone, soprannominato “il rosso”, per le sue posizioni radicalmente di sinistra.
I cittadini votano per il sindaco secondo il sistema della doppia scelta: in prima battuta l’elettore vota il candidato preferito. Su questa prima parte della scheda, Johnson era in testa (44-45%) su Livingstone (poco più del 40%); il 15% è andato ai candidati minori, con l’esponente verde che, sfiorando il 5%, ha ottenuto più voti del candidato liberal democratico (4.5%); le briciole ai candidati minori, un indipendente (3%) e due di destra radicale (sommati poco più del 3). Se nessuno, nella prima parte della scheda, (com’è effettivamente accaduto), raggiunge la maggioranza assoluta, si procede ad una sorta di ballottaggio tra i due candidati con più voti; “ballottaggio” per il quale però non si torna a votare, ma entra in gioco la seconda parte della scheda, quella con le seconde scelte dei cittadini. Dal “ballottaggio” sono esclusi tutti gli altri candidati, i cui voti, ottenuti come prima scelta, sono, in pratica, persi; ma proprio gli elettori dei candidati esclusi fungono da “king maker”, con la loro seconda scelta. In pratica, i due candidati più votati, e che, quindi, affrontano lo spareggio, assommano i voti ottenuti come prima scelta, nella prima parte della scheda, a quelli ottenuti, come seconda scelta, da parte dei votanti per i candidati esclusi. Al termine di tale spareggio, Boris Johnson si è confermato sindaco con tre punti di vantaggio (51.5-48.5) su Ken Livingstone, il quale ha dichiarato che questa è stata la sua ultima elezione.
Commentando il risultato nazionale, il laburista Milliband ha affermato, raggiante, che “i Laburisti sono tornati”. Per il partito del premier Cameron un risultato scadente, sul quale ha pesato indubbiamente la recessione economica (sancita ufficialmente dai dati di qualche giorno fa, che hanno visto un calo del PIL britannico) tradottasi in un netto calo di votanti (si è recato alle urne meno di un elettore su tre), che ha penalizzato evidentemente assai più i Conservatori: inevitabile, d’altronde, quando si governa in periodi di crisi.