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La vittoria di Tomislav Nikolic in Serbia

di Antonio Caputo

E così, nonostante il risultato del primo turno che aveva visto pressoché appaiati i due candidati, il presidente uscente Boris Tadic (Partito Democratico, formazione moderata e riformista, filo occidentale ed europeista), al 25.3% e lo sfidante Tomislav Nikolic (Partito del Progresso, formazione nazionalista e di destra radicale), attorno al 25%, e nonostante sul presidente uscente Tadic fossero andati a convergere i voti di quasi tutti gli altri candidati del primo turno, a partire dal terzo arrivato, il socialista e Ministro dell’Interno Ivica Dacic, che due settimane fa ottenne il 16%, nonostante i sondaggi della vigilia vedessero nella riconferma al terzo mandato di Tadic il risultato più che probabile, si è imposto a sorpresa lo sfidante nazionalista Nikolic.
Per lui una rivincita dopo le due sconfitte del 2004 e del 2008 proprio contro Tadic.
Il profilo dei due candidati si differenziava anzitutto sulla politica estera, ed europea in particolare: noto il filo-europeismo del presidente uscente, molti dubbi si nutrono sul neoeletto, viste le sue storiche posizioni anti-europee e nazionaliste; anche se di recente proprio Nikolic ha accusato gli avversari di mentire riguardo alle sue intenzioni, quando lo dipingevano come estremista ed anti Ue. Il candidato vincitore ha infatti di recente cambiato le sue tesi, dichiarandosi favorevole al proseguimento del processo di integrazione comunitario, intrapreso proprio dal Presidente uscente Tadic nei suoi due mandati a partire dal 2004.
Il Partito Democratico di Tadic ha incentrato la campagna elettorale tutta come un referendum pro o contro l’Europa, promettendo l’inizio dei negoziati di adesione alla UE entro l’anno, e insistendo sulla necessità di proseguire il suo mandato per portare sviluppo economico.
Il vincitore Nikolic, dal canto suo, ha picchiato duro, sfruttando la diffusa povertà e corruzione esistenti, promettendo, tramite il ritorno degli investimenti stranieri, un nuovo sviluppo, che porti alla creazione di posti di lavoro. Prioritaria per lui la lotta alla corruzione diffusa.
Il primo compito del neo-presidente sarà la nomina del nuovo premier, a seguito delle elezioni parlamentari di due settimane fa.
Il risultato, dunque, è giunto del tutto inaspettato, come dichiarato dall’analista politico Slobodan Antonic, alla televisione di Stato, parlando di “terremoto elettorale” in Serbia.
Ma la crisi economica, che non ha certo risparmiato Belgrado e dintorni, ha influito e molto sull’esito delle urne, con l’elettorato che ha punito l’amministrazione uscente, che ha pagato la perdita di numerosi posti di lavoro; il referendum pro o anti Ue, inoltre, in un momento di crisi delle istituzioni comunitarie, non ha evidentemente avuto un forte appeal sulla cittadinanza. Prosegue così il trend iniziato qualche settimana fa in Francia ed in Grecia, di una critica all’impostazione attuale della Ue, tutta basata sul rigore economico finanziario; un’Europa, così impostata, che non attrae evidentemente i cittadini.

 

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