Speciale Cannes. La “sorpresa” Juan Andrés Arango
Giampiero Francesca
Vivere la notte di Cannes, con le sue feste lungo la croisette, gli abiti da sera e i papillon, i fuochi d’artificio e le cene finger food, ha un suo prezzo e arrivati ormai ad una settimana di festival iniziamo ad accorgercene. Sarà forse proprio per questo, o forse per il sole tornato a splendere su Cannes, ma la fila per l’ingresso in sala per la proiezione mattutina di La playa DC, del colombiano Juan Andrés Arango, è piuttosto breve.
Ritratto di strada della Bogotà odierna il film dell’esordiente regista è, finalmente, una piacevole sorpresa nel programma di Un Certain regard. Con una regia agitata e sporca, che pedina il protagonista Tomas, Arango dimostra come sia ancora possibile realizzare un cinema realista e di forte impatto. Il quadro che ne esce è livido, come i colori che dominano la città, manifesto di una società inquinata dalla forza e dal denaro del traffico di droga. Il viaggio nella periferia di Bogotà, fra stretti vicoli e casette, accompagnato da un rap autoctono come perfetto compagno di strada, riesce dunque nell’intento di mostrare, senza eccessi nè patetismi, la difficile realtà colombiana di oggi.
Ma La playa DC non è l’unica piacevole rivelazione di oggi. Presentato nella stessa sezione anche À perdre la raison di Joachim Lafosse ci ha lasciato positivamente sbigottiti. Il racconto della lenta e tragica discesa verso la depressione di Murielle possiede infatti una carica emotiva straordinaria, enfatizzata dall’abile descrizione di una normale quotidianità straniante. È proprio nel mostrare i piccoli gesti che diventano irrimediabile tragedia che Lafosse crea un legame empatico fra la protagonista e il suo pubblico, costretto a perdersi nel labirinto della depressione con lei.
Usciti dalla sala siamo felici di lasciarci riscaldare dal ritrovato sole, che attenua l’angoscia lasciataci addosso da À perdre la raison. Una piacevole sensazione che ci pervade mentre siamo già in fila per il film in concorso Da-reun na-ra-e-suh di Hong Sansoo. Il film a tre episodi, interpretato dalla sempre apprezzabile Isabelle Huppert, è però poco più di un piacevole divertissement. Le tre brevi storie messe in scena dal regista coreano giocano infatti sul diverso ruolo dell’attrice francese (una regista, una donna sposata con una relazione segreta ed una divorziata), in un contesto che, a differenza della protagonista rimane immutato di episodio in episodio. Al di là della solida interpretazione della Huppert e di qualche passaggio divertente Da-reun na-ra-e-suh ci lascia ben poco, ma è forse il film più adatto dopo una mattinata tanto impegnativa.
Nonostante la stanchezza accumulata la giornata più lunga del festival non si è ancora conclusa, dobbiamo infatti recuperare The Angel’s Share di Ken Loach e preparaci per la proiezione italiana più attesa, Io e te di Bernardo Bertolucci.