Speciale Cannes. Gli ultimi giorni di Festival
Giampiero Francesca
Siamo ormai agli ultimi giorni di festival e il clima che si respira sulla croisette sembra già quello dei saluti. Anche il palais du festival, cuore pulsante di Cannes con il suo marches (il più grande mercato di settore del mondo), non brulica più delle migliaia di addetti ai lavori che costruiscono qui le nostre stagioni cinematografiche future. Ma noi siamo sicuri che molto debba ancora venire e non solo da David Cronemberg il cui Cosmopolis è atteso per la serata.
Un convinzione che ci viene subito confermata dalla proiezione di Gimme the loot di Adam Leon, presentato in Un Certain regard. Il film è infatti un simpatico ritratto newyorchese nel più puro stile indie americano. Le vicende dei due protagonisti, Malcom e Sofia, sembrano non aver un vero scopo se non quello di raccontare, con il loro vagare fra le strade e i quartieri della grande mela, la città. I fitti dialoghi, le scene apparentemente prive di logica, la trama quasi inesistente richiamo poi ad un’idea di cinema a noi tanto cara, quella delle nouvelle vague europee e del cinema indipendente americano.
Ma non è solo Gimme the loot ad averci colpito oggi. Per ragioni molto diverse infatti anche The Central Park five di Ken Burns, Sarah Burns e David McMahon ci ha tenuto per due ore attaccati alla poltrona. A differenza del film di Leon però non sono i meriti cinematografici ma la storia trattata il punto di forza di questo documentario. Girato con uno stile molto canonico, a tratti quasi televisivo, il racconto della vicenda di Antron McCray, Kevin Richardson, Raymond Santana, Korey Wise, e Yusef Salaam, ingiustamente accusati e condannati, nel 1989, per aver picchiato e stuprato una giovane nel Central Park di New York ha in se una forza sufficiente per reggere la pellicola. In una città allora devastata dalla violenza e dallo scontro razziale il caso di questi ragazzi, sommariamente condannati e poi assolti, per la confessione del reale colpevole, solo dopo molti anni di carcere, poteva essere lo spunto ideale per profonde riflessioni. La superficialità del film però non lascia spazio a nessun approfondimento ma ha comunque il merito di portare alla ribalta una vicenda altrimenti sconosciuta.
Per seguire le sezioni parallele abbiamo, almeno oggi, (volutamente) abbandonato il concorso che presentava Post tenebra Lux di Carlos Reygadas e Holy Motors di Leos Carax. Nella speranza di non aver commesso un errore ci prepariamo invece ad assistere ad un altro dei registi più quotati per la palma, David Cronenberg. Saranno anche gli ultimi giorni, ma a noi, questo festival, sembra tutt’altro che finito.