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Calcioscommesse, lo scandalo avrà mai fine?

di Jacopo Lo Jucco

Lunedì mattina sono stati emessi 19 provvedimenti restrittivi da Guido Salvini, Gip del tribunale di Cremona, nell’ambito dell’inchiesta “Last Bet”. I destinatari più illustri sono indubbiamente il capitano della Lazio, Stefano Mauri, ed Omar Milanetto, ex giocatore del Genoa. Ai due viene contestato il reato di associazione a delinquere finalizzato alla truffa e alla frode sportiva. Gli investigatori avrebbero ricostruito che sia Mauri sia Milanetto erano disponibili, in cambio di denaro, a combinare gli incontri delle loro rispettive squadre. L’organizzazione criminale farebbe capo a Singapore ed avrebbe pilotato partite dei campionati di Serie A, B e Lega Pro.
E’ passato quasi un anno da quel 1 giugno 2011, in cui furono arrestate 16 persone. L’indagine ebbe inizio a campionato ampiamente finito con un episodio surreale: Marco Paoloni, portiere della Cremonese impegnata in Lega Pro, cercò di addormentare i suoi compagni di squadra per perdere la partita (invece poi vinta) con la Paganese. Questo maldestro tentativo fallito, insieme al fatto che il nome più risonante del momento era quello di Beppe Signori (ex bandiera della Lazio e della Nazionale ritiratosi anni prima), non poteva far presagire ciò che sarebbe poi successo. Inizialmente, sembrava di trovarsi in mezzo ad un patetico piano architettato da protagonisti incapaci e, francamente, disperati. La prima lista comprendeva infatti una serie di nomi di giocatori quasi sconosciuti, magari idoli locali che comunque non avevano mai calcato le scene del calcio che conta. L’unica eccezione, oltre all’ex Signori, era rappresentata da Cristiano Doni, capitano dell’Atalanta. Viene squalificato per tre anni e mezzo, ma il provvedimento non appare poi così duro, trattandosi di un giocatore 38enne. Durante tutta l’estate Doni si professa estraneo ai fatti, poi il 19 dicembre finisce in carcere a Cremona dove confessa di aver commesso l’illecito solo per il bene dell’Atalanta, addossandosi ogni responsabilità.
A questo punto il calcio trema davvero: gli indagati diventano 120 e si vociferano coinvolgimenti di giocatori più importanti, giocatori di Serie A. Probabilmente il caso più detestabile è quello di Andrea Masiello, ex capitano del Bari che ha confessato di aver incassato soldi per un autogol nel derby con il Lecce. Fino al blitz di lunedì.
Gli agenti di diverse squadre mobili e del Servizio centrale operativo hanno eseguito una serie di arresti e perquisizioni in Italia e all’estero. Si indaga anche su Conte (allenatore della squadra campione d’Italia già punita nel recente passato per una condotta molto poco chiara), Criscito (difensore della Nazionale raggiunto a Coverciano) e Mezzaroma (presidente del Siena, che aveva appunto lanciato Conte in panchina). Quello che salta all’occhio è che molte delle persone coinvolte sono proprio i capitani delle squadre, un vero e proprio colpo al cuore per i tifosi. Se appare già disgustoso il fatto che un giocatore della propria squadra possa decidere di vendersi una partita, è insopportabile pensare che a farlo possa essere proprio il capitano, quello che dovrebbe essere il trait d’union tra squadra e sostenitori. I massimi dirigenti delle squadre, inoltre, non sembrano mai prendere una posizione decisa per condannare questi reati, temendo di inimicarsi la folla. E’ scioccante pensare che una società di calcio possa essere ostaggio di una piccolissima frangia dei propri sostenitori, e che debba comportarsi in modo da non scontentarli.
Uno dei guru del nostrio calcio, Giovanni Trapattoni, ha commentato che si tratta di “una notizia devastante […] lasciamo una brutta immagine del nostro calcio […] veniamo derisi all’estero, sempre additati come intrallazzoni, mafiosi”. Il Trap ha senz’altro ragione ma non bisogna scordarsi che negli ultimi tre anni lo scandalo scommesse ha colpito anche paesi come la Germania, la Spagna e l’Inghilterra. Forse, come al solito, noi siamo meno bravi a nascondere le nostre pecche. Sicuramente siamo meno bravi a portare avanti le indagini e punire i colpevoli. Siamo ancora costretti a sopportare esternazioni, da una parte e dall’altra, sui risultati del processo Calciopoli del 2006. Forse l’unica soluzione è quella che auspica il presidente della Uefa Michel Platini, radiare i colpevoli e non farli mai più partecipare ad alcuna attività legata al mondo che hanno tradito. Ma in un mondo dove si dice tutto ed il contrario di tutto, appoggiato da media ben disposti a pompare ossessivamente una serie di chiacchiere a rotazione, si potrà mai arrivare ad un risultato così netto?

 

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