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Quanto ci costa la mancata prevenzione

di Fabio Germani

Quando nel 2009 venne giù la Casa dello Studente dell’Aquila si disse che il terremoto, senza alcuna pietà come talvolta accade in natura, colpì il “futuro” provocando la morte di tanti giovani. C’è un’assonanza che lega quell’evento a ciò che stiamo osservando in Emilia Romagna. A perdere la vita il 20 e il 29 maggio sono stati per lo più gli operai che erano di turno nei capannoni crollati durante il sisma. Tralasciando, ora, tanti discorsi sulla sicurezza – che su questo giornale in verità mai abbiamo fatto mancare – stavolta ad essere colpito è, pur nella sua accezione simbolica, il lavoro. Non che in Abruzzo non fu lo stesso, intendiamoci, ma in tempi di grave crisi economica e recessione la tragedia, a ben vedere, assume a maggior ragione qualcosa in più di un mero “significato allegorico”.
Secondo la Cgil Emilia Romagna sono circa 20 mila i lavoratori e 3.500 le aziende che subiranno nel prossimo periodo un inevitabile stop della produzione. Nel complesso si contano cinque miliardi di danni e Confindustria valuta che il sisma costerà l’1% del Pil nazionale. In almeno il 20 per cento degli allevamenti colpiti – ha rilevato la Coldiretti – manca una fornitura adeguata di cibo per gli animali a causa del crollo dei magazzini con fieno e foraggi.
Non per ripeterci, che già in altre occasioni abbiamo affrontato l’argomento, ma la prevenzione è alla base di tutto. Negli ultimi 40 anni in Italia si sono registrati all’incirca 25 terremoti devastanti che hanno provocato la morte di oltre cinquemila persone. E la principale causa, neanche starlo a dire, è il crollo degli edifici. Concorrono diversi fattori, innanzi tutto la struttura morfologica del territorio come ci ha spiegato mercoledì il professore Doriano Castaldini. In secondo luogo, non per questo meno importante, il risparmio – solo ipotetico – sulla mancata messa in sicurezza degli stabili. Può bastare un dato su tutti, quello evidenziato dagli esperti Enea Alessandro Martelli e Paolo Clemente in audizione in commissione Ambiente della Camera: nel nostro Paese il 70% degli edifici sono a rischio crolli in caso di terremoti di tale portata.
In questo senso Gian Antonio Stella ricorda sul Corriere della Sera di giovedì un rapporto della Protezione civile risalente al settembre del 2010: “I terremoti che hanno colpito la Penisola hanno causato danni economici consistenti, valutati per gli ultimi quaranta anni in circa 135 miliardi di euro (a prezzi 2005), che sono stati impiegati per il ripristino e la ricostruzione post-evento. A ciò si devono aggiungere le conseguenze non traducibili in valore economico sul patrimonio storico, artistico, monumentale. (…) Attualizzando tale valore, si ottiene un valore orientativo complessivo dei danni causati da eventi sismici in Italia pari a circa 147 miliardi e, di conseguenza, un valore medio annuo pari a 3.672 milioni di euro”. Rammenta sempre Stella quanto osservò Guido Bertolaso un po’ di tempo fa: “Per mettere in sicurezza tutto il nostro Paese occorrerebbero tra i 20 e i 25 miliardi di euro”. Soldi evidentemente considerati un costo e non un’opportunità di risparmio a lungo termine. E magari non diamo troppo peso a quelli che sono i veri sprechi. È passato in sordina, qualche settimana addietro, un rapporto della Confcommercio che metteva in luce il disagio economico causato dalle opere incompiute e dal ritardo infrastrutturale dell’Italia che nel periodo 2001-2010 è valso la perdita di 142 miliardi di euro. E noi stiamo qui a fare i conti se c’è da mettere a posto un edificio…

 

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