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Come sono andate le elezioni in Messico

di Antonio Caputo

Non solo Russia, Francia, e, soprattutto, Stati Uniti: in quest’intensissimo anno di elezioni presidenziali in giro per il pianeta, è chiamato al voto anche il Messico, un Paese alle prese con vastissimi problemi, su tutti una vera e propria “guerra civile strisciante” in atto, dichiarata allo Stato da parte della criminalità organizzata, legata al narcotraffico, che sta mettendo alle corde un’intera nazione, con eccidi barbari, non solo tra militari e forze dell’ordine, ma anche tra la popolazione civile; legata a tale piaga è la diffusa corruzione, che vede diversi appartenenti alle forze dell’ordine ben foraggiati proprio dalla criminalità in cambio di appoggi e di un doppio gioco che mina la credibilità delle stesse forze di polizia tra la popolazione, ormai stremata da questa situazione. Un altro problema di difficile soluzione è quello, atavico, della disoccupazione, che porta ogni anno decine di migliaia di persone ad espatriare, attraversando la frontiera americana.
Elezioni presidenziali, dunque, al termine dei due mandati del presidente uscente, Felipe Calderon, conservatore, del Partito d’Azione Nazionale (PAN), con una sfida a tre tra i principali partiti: il Pan appunto, i centristi del PRI (Partito Rivoluzionario Istituzionale, erede istituzionalizzato della rivoluzione) che nel 2000 cedettero il potere ai conservatori dopo più di 70 anni di governo; e la Sinistra.
Il partito al governo (il Pan) candidava Josefina Vazquez Mota, delfina di Calderon, la quale però si è fermata al 25-26%, non riuscendo a far guadagnare al suo partito un terzo mandato consecutivo; Partito d’azione nazionale che paga la mancata risoluzione del problema principale del Paese, quello, appunto della guerra alla criminalità organizzata e delle sue innumerevoli vittime. La Vazquez Nota ha già riconosciuto la sconfitta alla diffusione della prima proiezione.
Torna al potere, dunque, dopo 12 anni, il Pri con Enrique Pena Nieto, leader dell’opposizione, il quale però si insedierà solo a dicembre; nel frattempo, il presidente uscente, Calderon, gli ha offerto piena collaborazione, in vista del passaggio di consegne, previsto a fine anno.
Per Pena Nieto il 38% (circa) dei consensi ed una vittoria di circa sette punti (un po’ di più rispetto alle previsioni dei sondaggi) sul candidato della sinistra, Andres Manuel Lopez Obrador (Partito della Rivoluzione democratica, Prd), già governatore del Distretto federale della Capitale, e sconfitto, sei anni fa, da Calderon, per appena un punto percentuale, e anche allora candidato per il fronte di sinistra (Partito di lavoro, Movimento Cittadini). Nel 2006 Obrador non riconobbe la sconfitta e i suoi seguaci paralizzarono, per le proteste, la Capitale per diversi mesi, in pratica dalla diffusione dei risultati, fin quasi al reinsediamento del confermato presidente.
Nonostante lo spoglio dei voti non sia terminato (i dati definitivi saranno resi noti solo mercoledì), i risultati del primo conteggio rapido sono piuttosto attendibili, in quanto si tratta di dati, resi noti dall’Istituto federale elettorale, relativi ad un campione di sezioni scrutinate rappresentativo di tutte le aree territoriali del Paese. Ciò nonostante (e nonostante la vittoria, chiara, di Pena Nieto), Obrador non ha ancora ammesso la sconfitta, parlando di dati ufficiali diffusi, diversi da quelli in suo possesso e facendo così temere il ritorno delle contestazioni di sei anni fa. Il partito di Obrador si consola conquistando per l’ennesima volta il governatore del Distretto federale di Città del Messico, con oltre il 60% dei voti.
A chiudere il quadro, Gabriel Quadri, del Partito nuova alleanza, Panal, di ispirazione ambientalista, col suo 2,5% circa dei voti. Anche Quadri ha ammesso la sconfitta e ha invitato Obrador a farlo al più presto, per consentire al neoeletto di insediarsi serenamente nella speranza di risolvere i numerosi problemi del Paese in un clima di concordia.
Pena Nieto, nel ringraziare i propri sostenitori per la vittoria “assolutamente chiara, per un cambiamento di direzione”, ha fatto appello alla “riconciliazione nazionale” per affrontare le difficili sfide che lo attendono nei prossimi sei anni.

 

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