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La sfida/2

di Antonio Caputo

Proseguiamo il nostro “viaggio”, cominciato due settimane fa, nella campagna elettorale americana; vediamo oggi com’è la situazione al 4 luglio, festa dell’Indipendenza americana, celebrata ieri. Innanzi tutto è terminata la fase delle primarie presidenziali: nello Utah al voto martedì 26 giugno, Romney, come da previsione, ha stravinto col 93% (il 5% a Paul, le briciole agli altri); il miliardario mormone si è inoltre aggiudicato anche la convention del Missouri, dove i Repubblicani hanno ripetuto il voto delle primarie (quelle di Febbraio, stravinte da Santorum, non assegnavano delegati).
Oggi ci occupiamo di come si leggono i sondaggi americani: a differenza dell’Italia, va premesso che negli Stati Uniti il diritto di voto, che pur si acquisisce, come da noi, al compimento dei 18 anni, non può essere esercitato senza l’onere della registrazione. In pratica, il diritto di voto in quanto tale non è in discussione, ma chi non si registra alle liste elettorali non può esercitare tale diritto, fintantoché non ci si iscriva. Ci si può registrare come Democratici, come Repubblicani, o come Indipendenti, ossia non appartenenti a nessuno dei due principali partiti. Ovviamente, l’essersi registrato per un partito, non implica affatto l’obbligo di votarlo al momento delle elezioni: l’elettore resta naturalmente libero di votare il principale partito avversario, partiti minori, o anche di non andare a votare.
Ed è proprio quest’ultimo il punto-chiave per leggere i sondaggi americani: bisogna distinguere quale sia il campione statistico scelto, se cioè riferito a tutti gli elettori registrati (registered voters), o agli elettori che molto probabilmente andranno effettivamente a votare (likely voters). Vi sono (più rari) anche sondaggi sulla generalità degli ultradiciottenni (voting age people), che cioè includono anche i non registrati. Questi ultimi non hanno molto senso ed infatti sono piuttosto rari; anche se, nel corso della campagna elettorale, può accadere che molti elettori apatici, o in ogni caso non registrati, si registrino entro la data delle elezioni, cosa che permetterebbe loro tranquillamente di votare.
Sondaggi sulla generalità degli aventi (teoricamente) diritto al voto, anche non registrati (e che, dunque, non possono esercitarlo), sondaggi sulla totalità dei registrati, sondaggi su chi con ogni probabilità andrà a votare. E’ su questi ultimi che ci si deve concentrare di più: infatti, man mano che ci si avvicina alla data elettorale, tenderanno a rarefarsi gli altri sondaggi, per emergere sempre di più (fino ai giorni immediatamente precedenti il voto) quelli sui likely voters.
Che differenza c’è in termini di risultati tra i due sondaggi? Presto detto: i sondaggi su tutti gli iscritti alle liste elettorali (e ancor più quelli che includano i maggiorenni non ancora iscritti) sono più favorevoli ai Democratici, perché, a differenza dell’Italia, dove l’elettorato più politicizzato e partecipe è quello di sinistra, in America avviene il contrario, con una maggior politicizzazione e partecipazione dell’elettorato di destra, ossia dei Repubblicani. Questo perché i Democratici beneficiano del voto delle minoranze, meno mobilitate al voto sulla politica in generale.
Oltre alla fine delle primarie, la scorsa settimana ha visto l’attesissima sentenza della Corte Suprema sulla Riforma Sanitaria voluta da Obama e votata due anni fa dal Congresso (Parlamento): ebbene, la Corte, col voto decisivo e assolutamente a sorpresa del presidente, il conservatore John Roberts, ha confermato la validità della legge anche nei suoi punti più controversi. Questo è stato indubbiamente un successo politico per il presidente uscente, che vanta proprio nella riforma sanitaria, una delle sue maggiori realizzazioni, nei suoi tre anni e mezzo fino ad ora trascorsi alla Casa Bianca.
Successo politico per Obama che non ha avuto enormi spostamenti nei sondaggi, anche se una piccola ripresa per il Presidente c’è stata, dopo le difficoltà della prima parte di Giugno; ripresa che ha avuto qualche piccolo effetto anche sulla classificazione degli Stati che abbiamo cominciato ad esaminare due settimane fa: la partita ad ora resta comunque apertissima.

Blindati Obama: Maine/1° distretto (1); Vermont (3); Rhode Island (4); New York (29); Delaware (3); Maryland (10); District of Columbia (3); Illinois (20); California (55); Hawaii (4). Totale: 132.

Molto probabili Obama: Maine/Stato (2); Massachusetts (11); Connecticut (7); New Jersey (14); Minnesota (10); New Mexico (5); Oregon (7); Washington (12). Totale: 68.

Vantaggio vulnerabile Obama: Maine/2° distretto (1); Pennsylvania (20); Wisconsin (10); Totale: 31.

Completamente incerti: New Hampshire (4); Ohio (18); Michigan (16); Iowa (6); Colorado (9); Nevada (6); Virginia (13); North Carolina (15); Florida (29). Totale: 116.

Vantaggio vulnerabile Romney: Missouri (10); Nebraska/2° distretto (1); Totale: 11.

Molto probabili Romney: Indiana (11); North Dakota (3); Montana (3); Arizona (11); South Carolina (9); Georgia (16). Totale: 53.

Blindati Romney: West Virginia (5); Kansas (6); Nebraska/Stato (2); Nebraska/1° distretto (1); Nebraska/3° distretto (1); South Dakota (3); Idaho (4); Wyoming (3); Utah (6); Alaska (3); Texas (38); Oklahoma (7); Arkansas (6); Louisiana (8); Mississippi (6); Alabama (9); Tennessee (11); Kentucky (8). Totale: 127.

 

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