Spending review, Marini (Coldiretti): “I termini per la dismissione delle terre sono scaduti a giugno, applicare la norma”
“Sono scaduti il 30 giugno i termini per l’emanazione del decreto con l’elenco dei terreni demaniali da dismettere con urgenza per rendere disponibili risorse per lo sviluppo, ma soprattutto per calmierare il prezzo dei terreni, stimolare la crescita, l’occupazione e la redditività delle imprese agricole che rappresentano una leva competitiva determinante per la crescita del Paese”, è quanto emerge dalla prima analisi sull’efficacia della politica italiana e comunitaria nell’ultima legislatura – alla vigilia della pausa estiva che aprirà la campagna elettorale – illustrata dal presidente della Coldiretti Sergio Marini nel corso dell’Assemblea annuale dell’organizzazione degli imprenditori agricoli con 15mila coltivatori. ”
Mentre si fanno i conti per recuperare risorse per la spending review – continua Marini – , manca ancora l’applicazione del provvedimento, approvato nell’ambito della legge di stabilità lo scorso novembre 2011 (e successivamente modificato da Governo e Parlamento) che può produrre entrate allo Stato, occupazione e reddito alle imprese. Ci auguriamo che questa legge non si aggiunga alla lunga lista delle norme inapplicate per l’importanza che riveste – ha sottolineato Marini – per garantire nuove risorse e per sostenere la competitività delle imprese, soprattutto guidate dai giovani ai quali spetta il diritto di prelazione. Purtroppo – ha continuato Marini – non è (infatti) l’unico caso o il piu’ eclatante perché è accaduto addirittura che importanti provvedimenti già firmati si perdano nel nulla. E’ il caso del decreto “Norme in materia di leggibilità delle informazioni inerenti l’origine dei prodotti alimentari” firmato il 3 agosto 2011 per rendere piu’ leggibili le etichette dell’extravergine e consentire ai consumatori di riconoscere quello ottenuto da olive italiane che, a distanza di quasi un anno, – ha denunciato Marini – sembra essere sparito, con la conseguenza che il prezzo dell’olio di oliva pagato ai produttori agricoli italiani è crollato del 30 per cento perché viene spacciato come Made in Italy quello importato da Spagna o Tunisia”.