Ma quale futuro per il giornalismo (3) | T-Mag | il magazine di Tecnè

Ma quale futuro per il giornalismo (3)

di Fabio Ferri

(prosegue da qui) Ritorno al passato…
Qualsiasi passaggio industriale ha bisogno di energie umane e risorse economiche. Così è per l’editoria, che deve capire come cambiare pelle senza perdere l’anima. La Nokia prima di diventare leader mondiale nelle Tlc (primato ora perso nei confronti di altre aziende) costruiva stivali di gomma, e ci riusciva molto bene. All’inizio della sua nuova avventura ha provato anche a produrre televisori, dal cui mercato però è uscita: non riusciva ad essere abbastanza competitiva. Così ha scelto di specializzarsi nella comunicazione, e nei telefonini in particolare. Ha capito qual era il campo in cui poteva fare la differenza. Internet è fatto sempre più di nicchie, di comunità piccole o grandi che si ritrovano virtualmente intorno ad un tema. Coltivarle è sicuramente una chiave giusta, capendo quale ne è il collante, la stessa dinamica che negli anni ’70 e ’80 permetteva di identificarsi in questo o quel partito, in questa o quella testata. Oggi i giornali abbracciano più una logica di marchi di fabbrica, tranne far appello ai propri lettori, solo nel momento del proprio bisogno. La carta non morirà, ma forse i giornali si se rimangono legati a logiche corporative [en passant: utilizzate spesso anche per il reclutamento di nuove energie ndr]. Quello che in questi anni è venuta mancare è la fiducia da parte dei lettori nei confronti dei giornalisti di raccontare la realtà. Questa sfiducia segue quella nei confronti dei partiti politici da parte dei cittadini ed elettori. Anche per questo si scelgono pasti meno nutrienti e pronti all’uso. Non si crede più che la dieta mediterranea faccia bene. Questa fiducia si è persa negli anni passati, ora sono cambiati i confini geopolitici, e non si è più pronti a riconoscere l’autorevolezza della stampa. Inutile fare appello allora all’autorità.

Stanno arrivando i barbari?
L’avvento della società dell’informazione non ha cambiato solo il modo in cui ci cibiamo ma anche quello in cui cuciniamo: cioè come vengono prodotte le notizie.
Stando attenti a non bruciarle o a non ustionarci. Non buttando il bambino con l’acqua sporca nel passaggio dalle rotative ai server (con relativo maggior impegno produttivo). Bisogna però essere abbastanza veloci. Ché è adesso, nel presente, che si sta trasformando il modo in cui ci trasformiamo, in cui le notizie possono diventare degli oggetti sociali, e una società fatta di spime è all’orizzonte. E per esser pronti più che dare risposte sensate, dovremmo cercare di formulare domande sensate.

 

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