Mostra del cinema di Venezia. Diario del sesto giorno
Passata la sbornia del week end il lido riprende i suoi ritmi naturali, tempi morti e lunghe attese.
Iniziamo con il fuori concorso dove è passato, dagli Stati Uniti, Disconnect di Henry Alex Rubin, regista candidato al premio Oscar nel 2006 per un documentario sul mondo del rugby per i diversamente abili. Come tutte le pellicole americane anche questa presenta un parterre di attori di altissimo calibro: Alexander Skasgård ( True Blood ), Jason Bateman ( Tra le nuvole ), Andrea Riseborough ( W.E. – Edward e Wallis ), Michael Nyqvist ( La trilogia di Millenium ). Il film è un dramma corale, in stile Crash o Tredici variazioni sul tema, che racconta la precarietà dei sentimenti e il bisogna d’umanità al tempo dei social network. Film impeccabile nel suo svolgimento narrativo, appassionante e poco conciliante.
Sempre fuori concorso è il documentario di Daniele Vicari La nave dolce. Dopo Diaz – Don’t clean up this blood il regista romano continua nel suo lavoro di ricerca e di racconto sulla storia recente del nostro paese. Attraverso racconti personali e immagini di repertorio Vicari coglie il momento in cui gli italiani scoprono il fenomenodell’immigrazione, era l’8 Agosto 1991 e la nave Vlora arrivava a Bari scaricando ventimila albanesi. Molti di questi vennero rimpatriati ma molti altri iniziarono una nuova vita, entrando a far parte del nostro tessuto sociale.
Per la sezione Orizzonti è stato proiettato Leones scritto, diretto e coprodotto da Jazmin Lopez. La regista argentina, al debutto nel lungometraggio, tenta di portare sul grande schermo gli estremi schemi narratologici da lei insegnati all’Universidad del cine di Buenos Aires. Il film, che narra un vagare e perdersi di un gruppo di giovani tra discorsi sui massimi sistemi, è un’opera a basso budget della Rizoma Films. Infatti la casa di produzione argentina ha deciso di puntare sull’innovazione dei linguaggi cinematografici. Una scelta audace da apprezzare al di là degli esiti dei film.
C’è un solo un regista a cui basta far passare il simbolo della casa di produzione per far scattare l’applauso in sala: Kitano Takeshi. Aficionado della mostra del cinema, dopo averla già vinta nel 1997 con Hana- bi, torna in laguna con Outrage beyond, primo sequel nella sua ventennale carriera da regista. “Beat” Takeshi è di nuovo lo Yakuza Otomo, che questa volta dovrà vedersela con una guerra di mafia che coinvolge i due più grandi clan del Giappone. Dopo la trilogia del suicidio il regista di Tokyo torna al suo concetto di gangster movie, fatto di iperviolenza, lirismo, sangue e poesia. Dove il concetto di onore e il bushido si perdono nella desolazione e nella violenza del Giappone contemporaneo.
In programma per domani ancora grande cinema proveniente dall’estremo oriente con Kim Ki-Duk, ma di questo e altro se ne parlerà domani nella settima puntata del diario veneziano.