Usa 2012. La sfida di Barack Obama | T-Mag | il magazine di Tecnè

Usa 2012. La sfida di Barack Obama

di Antonio Caputo

Ultima giornata al Time Warner Cable Arena di Charlotte, per la Convention democratica: Barack Obama e Joe Biden, rispettivamente presidente e vicepresidente uscenti, rieletti per acclamazione, nei giorni scorsi, dall’assemblea dei delegati, candidati presidente e vicepresidente per i Democratici, hanno tenuto i loro discorsi di accettazione delle rispettive nomination. Abbandonata, causa meteo, la scelta di tenere i discorsi finali nello stadio della Bank of America, Obama e Biden hanno scaldato la platea, all’interno della struttura che nei giorni scorsi aveva ospitato gli altri interventi. Poca retorica, poco spazio alle parole d’ordine “hope for change”, slogan vincente della campagna di quattro anni fa, e molta concretezza da parte di presidente e vice.
Sulla scelta del vice, nei mesi scorsi, più volte si erano susseguite voci di una sostituzione di Biden con Hillary Clinton: era un consiglio dello stesso staff di Obama al presidente; dallo staff, visti i sondaggi, assai incerti, si puntava ad una scelta di un “numero due”, che fosse più forte rispetto all’attuale vicepresidente. Ma Obama ha preferito non cambiare in corsa: se lo avesse fatto, avrebbe offerto una sensazione di debolezza (altrimenti perché cambiare?) deleteria, e con ogni probabilità controproducente per le sorti della campagna stessa.
Proprio Biden ha preso per primo la parola, (al candidato presidente spetta, ovviamente, l’ultima) ricordando i successi dell’Amministrazione. Era anche – a detta di Biden – questione di orgoglio nazionale salvare l’industria dell’auto: “Mio padre avrebbe rispettato Obama per il coraggio che ha avuto di salvare l’industria automobilistica. Romney non è un cattivo ragazzo, ma ha visto il salvataggio con l’ottica di Bain capital”. Il ricordo dei quattro anni dell’amministrazione è stato espresso dal vicepresidente con un’efficace sintesi: “Osama Bin Laden è morto, la General Motors è viva”. Applausi intensi dai delegati.
Naturalmente, il clou non solo dell’ultima serata, ma di tutta la Convention, è stato il discorso di Obama: il presidente ha promesso un milione di posti di lavoro, una riduzione del deficit di 4000 miliardi di dollari in dieci anni ed il dimezzamento dell’importazione di petrolio, che porterà, con lo sviluppo della green economy, nuova occupazione.
Presentato dalla moglie Michelle “il presidente degli Stati Uniti: Barack Obama”, è arrivato sul palco ed ha esordito accettando (come da prassi) la nomination, ma con un inatteso e romantico: “Michelle, ti amo tanto!”.
Obama ha voluto, come ricordavamo in apertura, rimarcare la differenza con il 2008: “Sono stato eletto, non per fare promesse, ma per dire la verità”. E questa verità, pur scomoda, è che “avremo bisogno di più di qualche anno per risolvere problemi che si sono accumulati in decenni: resta ancora molto lavoro da fare”.
Pur senza lasciarsi andare alla retorica o al sogno: “I tempi sono cambiati e anch’io sono cambiato: non sono più solo un cambiamento, sono il presidente”, Obama ha voluto comunque dare fiducia nel futuro, promettendo “i nostri problemi” pur difficili, e pur con un lavoro complicato, “possono essere risolti: non ho mai detto che la strada che offro sia rapida o facile. Impariamo dai nostri errori e guardiamo avanti, ma voi” ha proseguito, rivolto, non solo ai delegati della Convention, ma all’intera America, “potete scegliere il futuro: il percorso è difficile, ma conduce ad un futuro migliore, e questa strada la percorreremo insieme. Non sono mai stato così fiducioso sull’America. Sono pieno di speranza perché ho fiducia in voi: voi avete scelto il cambiamento, voi siete il cambiamento, voi mi date la speranza per andare avanti”.
Obama ha poi rivendicato le sue riforme, da quella sanitaria, a quella di Wall Street “Tutti devono giocare secondo le stesse regole, dalla gente comune, a Wall Street”, fino alla conclusione della guerra in Iraq.
Parlando dell’incerta campagna elettorale, Obama ha chiesto “il vostro voto se credete in me: se rigettate l’idea che il futuro sia per pochi, fate sentire la vostra voce; siamo davanti non ad un’elezione qualunque, ma ad una scelta epocale: la più chiara da una generazione a questa parte”.
Bacchettate, infine, agli avversari Repubblicani: “Rifiuto l’idea di chiedere sacrifici alla classe media e agli studenti, per pagare gli sgravi fiscali ai più abbienti”, come propongono i Repubblicani “loro vogliono il vostro voto, ma non hanno un piano, sono fermi alle stesse ricette di trent’anni fa”.
Buone notizie arrivano intanto per Obama dall’andamento dei mercati: sulla scia della nuova linea varata da Draghi alla Bce, la forte discesa degli spread sta ridando fiducia alle piazze finanziarie, Wall Street compresa. Il clima di fiducia è fondamentale in economia: se soffierà il vento della fiducia, sarà molto più semplice per Obama la rielezione alla Casa Bianca.

 

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