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Asiatica, più che un semplice continente un mondo

di Fabio Francesca

L’Asia, più che un semplice continente un mondo. Culture, popoli e religioni diverse che superano i confini naturali per raggiungere l’Europa attraversando i ponti sul Bosforo e irraggiare il Nord Africa. Su questo incredibile mosaico culturale getta uno sguardo Asiatica, incontri con il cinema asiatico. Il festival diretto da Italo Spinelli giunto alla sua tredicesima edizione che si è svolto a Roma nelle sale del MACRO a Testaccio. Sessanta titoli presentati e non solo , anche letteratura con Asia di Carta , una serie d’incontri dedicati a quei libri, quegli scrittori e quelle case editrici che tentano di creare un ponte tra noi e le mille culture dell’Asia. Al centro della manifestazione quest’anno India ed Iran con, il primo, uno sguardo storico e non sulla città di Bombay, e il secondo, un tentativo di far capire cosa vuol dire vivere in un paese islamico superando i soliti preconcetti.
Proprio al modo arabo è dedicata una sezione del Festival che con Sguardo sul mondo arabo tenta di tracciare un percorso su cos’è il Nord Africa dopo le primavere che l’hanno infiammato. Degno di nota da questo punto di vista è Back to the square del norvegese Petr Lom, che ci porta oltre la cronaca, nelle case e nelle strade dell’Egitto post-rivoluzione, mostrandoci il vero volto di un paese diverso. E mentre il documentario narra il presente la finzione scava nel passato con il film algerino Zabada di Said Ould Khelifa, film controverso già tra i 71 film stranieri candidati agli Oscar.
E mentre i popoli arabi si ribellano in un altro Medio Oriente ci si guarda dentro, nelle famiglie e nelle solitudini esistenziali. Per arrivare anche qui a delle prese di coscienza, diverse, intime ma sempre con un forte risvolto politico. Come quella di Yossi e della sua omosessualità nell’omonimo film israeliano o come quella di Parviz, film iraniano, di un cinquantenne nulla facente che si ribellea al suo mondo. O come quella del documentario su una famiglia iraniana The Reclutant Bachelor di un ragazzo disoccupato che vive con i propri genitori, che passa da una vita agiata alla povertà. E sempre di quotidianità si tratta nel documentario Taxi Sana’a. Tra le strade della capitale yemenita, dove la vita scorre normale, ma dietro gli angoli delle vie si nasconde la storia e una rivoluzione.
Ma se nel modo arabo si vivono i sogni e le efferatezze delle rivoluzioni in un’altra parte d’Asia si vive il sogno e le disillusioni della rivoluzione capitalista. E’ il caso dell’India dove si vive un constante scambio tra passato e presente, tra il futuro e il ricordo. Ne sono esempi due film: Fried fish, chicken soup & a premiere show ritratto, attraverso un secolo, di una famiglia di cineasti e di una regione dell’India tra le più remote il Manipur; e The tortoise, an incarnation dove attraverso le vicende di uno sceneggiato tv si affrontano le lezioni di Gandhi e gli attuali disvalori della nuova India arrivista. Un altro spaccato delle contraddizioni indiane ce lo dà, stavolta, un autore italiano Tommaso D’Elia con La Tigre e il Tifone racconti di varie persone in un viaggio da Calcutta al delta del Gange.
Il tema del nuovo capitalismo è anche al centro delle pellicole provenienti dall’Estremo Oriente, ma qui si intreccia con la storia, con il passato conflittuale tra i vari paesi, con rancori e tensioni mai sopite. E così la Cina si confronta con il proprio futuro in Here, Then di Mao Mao attraverso l’alienazione di alcuni ragazzi, e con il proprio nuovo ruolo in Bejing Blues dove un infallibile investigatore è incapace a gestire la propria vita familiare. Il Giappone si interroga sul proprio passato, qui gli anni ’70 e “il programma di rimpatrio” dei nord coreani con Our Homeland. In mezzo Taiwan con un identità ancora indefinita ma un futuro segnato dal ritorno della “mainland China” raccontataci attraverso la vita del pittore Liu Xiaodong e del suo ritorno a casa in Hometown Boy.

 

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