Il “pasticciaccio” della Fiat a Pomigliano
Quel che è successo a Pomigliano d’Arco ha allarmato il governo, unito i sindacati e animato il mondo politico. Tutti hanno voluto dire la loro sulla decisione della Fiat di mettere in mobilità 19 dipendenti dello stabilimento per far posto ad altrettanti operai, che secondo quanto stabilito da una sentenza della Corte di Appello di Roma devono essere riassunti dal Lingotto.
Nella giornata di giovedì, il ministro del Lavoro e delle Pari opportunità, Elsa Fornero, aveva invitato “la Fiat a soprassedere all’avvio della procedura di messa in mobilità del personale (a Pomigliano) in attesa della verifica di una possibilità di dialogo che non riguardi solo il fatto specifico, ma l’insieme delle relazioni sindacali”.
Mentre il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, pur non volendo entrare del merito della questione, aveva dichiarato che “la mossa” della dirigenza torinese non gli era “piaciuta”.
Più diretti e sicuramente più duri i commenti provenienti dal mondo sindacale che, come dicevamo poco prima, si è dimostrato compatto nell’avanzare le proprie rimostranze.
Il segretario nazionale della Fiom, responsabile del settore auto, Giorgio Airaudo, oltre a definire “illegittimi” i licenziamenti, ha anche annunciato uno sciopero generale per i primi giorni di dicembre in segno di protesta “contro il tentativo di fare un altro contratto nazionale separato”.
Per il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, “la Fiat ha sbagliato a fare autogol continuando il testa a testa con la Fiom dopo un’affermazione così importante come quella di proseguire con gli investimenti, ingaggiando una competizione forte con Audi e Bmw costruendo auto di lusso”.
“Oggi, insieme ai sindacati firmatari di accordi con Fiat e del contatto specifico, chiederemo – ha invece annunciato il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella – di incontrare l’azienda per bloccare l’avvio delle procedure per la mobilità di 19 addetti dello stabilimento produttivo di Pomigliano d’Arco. Ci vogliono – ha spiegato – 45 giorni per l’espletamento delle procedure di mobilità e nei primi 7 giorni è possibile arrestarle. Tenteremo di farlo”.
Duro anche il commento del segretario del Partito democratico, Pier Luigi Bersani, che nel rispondere a una domanda sulla Fiat ha detto: “Mi piacerebbe capire bene questo accavallarsi di piani e capire di cosa si sta parlando: fin qui, abbiamo visto solo rompere il giocattolo e non quello che si possa definire o chiamare un piano”.
L’operato dell’ad del Lingotto Sergio Marchionne viene quindi giudicato negativamente dal leader dei democratici, per il quale il licenziamento dei 19 operai “è stato un gesto non accettabile perché contiene un messaggio sul piano morale, che non fa bene al Paese. Se viene riconosciuto che c’è un errore o una colpa dell’azienda – ha proseguito Bersani -, l’errore non può essere scaricato sugli altri soprattutto sui lavoratori che devono mantenere le famiglie”.
Da parte sua, la Fiat non ha esitato a difendere la propria posizione e le proprie decisioni, che dipendono “unicamente dalle condizioni del mercato dell’auto”.
I commenti rilasciati in merito alla vicenda, sono giudicati dal Lingotto “in molti casi non pertinenti e inesatti”. Tuttavia, nel difendersi, la Fiat ha spiegato che la procedura di mobilità ha “iter e tempi stabiliti” e “non vi è alcuna urgenza”. Indipendentemente da ciò, “il rientro al lavoro di questi lavoratori è – ribadisce il Lingotto – unicamente condizionato dalla domanda del mercato dell’auto italiano ed europeo, attualmente molto al di sotto delle previsioni”.