Il vedutismo a Venezia da Canaletto a Guardì | T-Mag | il magazine di Tecnè

Il vedutismo a Venezia da Canaletto a Guardì

di Stefano Di Rienzo

Attualmente presso la sede del museo Jacqemart-Andrè di Parigi si sta svolgendo una mostra sul Vedutismo (dal 14 Settembre al 14 Gennaio 2013), un genere pittorico fiorito in Italia nel Settecento che prediligeva la rappresentazione di vedute paesaggistiche, scorci architettonici e scene di vita di città dal glorioso passato storico come Roma e Venezia.
Nel XVIII secolo Venezia è stata oggetto di scelta per i pittori vedutisti, le loro vedute si diffusero rapidamente in tutta Europa rendendola uno dei generi più amati dal pubblico. Grazie ad alcuni finanziamenti generosi il Museo Jacquemart-Andrè dedica una mostra interamente alla veduta per la prima volta in Francia, genere artistico molto rappresentato sia nelle collezioni pubbliche che in quelle private.
L’esposizione da il primo posto a Canaletto, in mostra più di 25 opere essenziali del maestro dai più prestigiosi Musei e Collezioni, identificando l’artista al centro del grande movimento della Veduta. Le sue opere sono in sintonia con quelle di Gaspar van Wittel, Luca Carlevarijs, Michele Marieschi, Bernardo Belotto, Francesco Guardì (con 20 opere esposte) che è stato l’ultimo maestro che è riuscito ad immortalare il fascino e l’eleganza del secolo XVIII a Venezia.
L’esposizione prende avvio con un paragone tra Van Wittel, Carlevarijs e Canaletto, infatti a iniziare la grande stagione del vedutismo veneziano non fu infatti un pittore veneziano ma un olandese trapiantato in Italia, Gaspar van Wittel (1652-1736), noto come Gaspare Vanvitelli. In verità, il quadro di Vanvitelli presente in mostra (“Molo dal bacino di San Marco” del 1697) non suscita l’impressione di esser stato colto dal vero: i colori ci appaiono innaturali e pallidi. Ma c’è un motivo. Il pittore era miope e portava lenti spessissime che non gli permettevano una giusta percezione delle cose (non a caso è passato alla storia col buffo soprannome di “Gasparo dalli Occhiali”). A vederci benissimo fu invece l’udinese Luca Carlevarijs (1663-1730), il quale intuì nel genere della veduta un grande futuro. Fu il primo a mettere a punto le inquadrature più celebri e vendibili della città, e a farsi pubblicità facendo incidere le sue vedute, un’operazione di marketing che gli porterà grande notorietà tra il pubblico degli intenditori a Venezia e all’estero. Che cosa impedì a Carlevarijs di diventare celebre come Antonio Canale detto Canaletto (1697-1768)? La luce. Canaletto aveva capito che i suoi clienti volevano vedere Venezia immersa nel sole estivo, e aveva capito che ci volevano quadri di formato piccolo che potessero più facilmente viaggiare: Joseph Smith, il console britannico di stanza a Venezia decreterà il successo anglosassone di Canaletto facendogli vendere vedute veneziane in serie a tutti i più grandi aristocratici inglesi. In più, Canaletto ebbe l’idea di andare a immortalare angoli più appartati della città (come il celebre “Laboratorio dei marmi di San Vidal”,1725), oppure di deformare le angolazioni delle vedute più celebri, per aumentarne la singolarità e la spettacolarità. In entrambe i casi, i soggetti ebbero una grande fortuna tra i committenti, eppure, nonostante ciò, Canaletto visse sempre assediato e insidiato da temibili concorrenti, soprattutto tra le generazioni più giovani di lui. Il primo fu Michele Marieschi (1710-1743) che soffiò a Canaletto un super cliente come il feldmaresciallo Johann Matthias von der Schulenburg abbassando drasticamente i prezzi dei quadri: Marieschi aveva fatto pagare a Schulenburg 55 zecchini per un quadro identico a uno che Canaletto aveva fatto pagare al feldmaresciallo 120 zecchini. L’altro grande rivale, Antonio Canaletto lo aveva in casa era suo nipote Bernardo Bellotto (1721-1780) così bravo e fedele ai modelli canalettiani da diventare anch’egli un pericolo per l’illustre zio. Furono gli avvenimenti storici a impedire che i due congiunti si facessero le scarpe a vicenda nell’accaparramento dei clienti.
La guerra di successione austriaca (1740-1744) bloccò l’afflusso dei turisti-committenti a Venezia e divenne necessario andarseli a cercare direttamente in patria. I due vedutisti si spartirono il territorio: Bellotto partì per Dresda, Canaletto per l’Inghilterra. Ma il soggiorno inglese di Canaletto, durato nove anni, non fu affatto facile. Gli artisti locali gli fecero guerra mettendo in giro voci malevole: dicevano, ad esempio, che lui non fosse il vero Canaletto bensì suo nipote Bellotto. Per smentire queste falsità, Antonio Canaletto fu costretto a pubblicare più di un annuncio sul “Daily Advertiser” per invitare gli amatori d’arte ad andare a vederlo dipingere nel suo studio in Regent Street.
La Royal Collection di Londra possiede la più importante raccolta al mondo di opere di Canaletto: facevano parte di quelle commissionate all’artista dal banchiere-mercante Joseph Smith, console britannico a Venezia dal 1744 che vendette la propria collezione al re d’Inghilterra Giorgio III. A causa della loro fragilità non è stato possibile portare a Parigi da Londra le opere su rame, supporto scelto da Canaletto proprio perchè le opere potessero essere più facilmente trasportate in Gran Bretagna. Le 60 opere esposte provengono dai musei di tutto il mondo: British Museum e National Gallery di Londra, Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, Frick Colletion di New York, Galleria Nazionale di Parma, Szepmuveszeti Muzeum di Budapest oltre che al Louvre.
L’intenzione della curatrice Bozena Anna Kowaiczyk, grande specialista dei vedutisti veneziani, è di spiegare le procedure di quest’ultimi a cominciare dai disegni in modo da far capire lo sviluppo, la storia delle idee attraverso ogni quadro esposto soffermandosi sui soggetti identici trattati da diversi autori soprattutto per attuare un confronto tra il maestro e l’allievo ed evidenziare l’evoluzione della veduta attraverso i suoi protagonisti tra i quali figurano Gaspar van Wittel, Michele Marieschi, Bernardo Bellotto. Particolare attenzione è dedicata alle collezioni francesi dove Canaletto è poco presente perchè fin dall’Ottocento gli è stato preferito Guardì che sottolinea la Kowalczyk “piace ai francesi perchè è impressionista”. Oltre le vedute della laguna, dove l’importanza della luce è centrale, una selezione di tele raffigura le festività religiose e le cerimonie diplomatiche che tanto hanno interessato gli stranieri.
L’esposizione è impreziosita da prestiti eccezionali della Regina Elisabetta II che ha concesso otto capolavori di Canaletto, alcuni mai esposti.
L’ultima sezione della mostra pone l’accento sui “capricci”, vedute immaginarie di Venezia dipinte da Canaletto, Bellotto e Guardì, con l’intento di mostrare il paesaggio di idee compositive nella creazione di una Venezia immaginaria costruita con elementi attinti dalla realtà immersi in scenari di fantasia. Alcune di queste tele non sono mai state esposte in una mostra temporanea.
Nell’esposizione la selezione delle opere è finalizzata a fare il punto sulle questioni più importanti e affascinanti del vedutismo e a mostrare attraverso quali vie e circostanze la pittura di vedute e stata parte vitale della cultura europea di tutto il Settecento.

 

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