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Le prospettive per l’economia italiana

“Il quadro economico internazionale ha registrato nei mesi estivi una ulteriore, decisa decelerazione”, è quanto rilevato dall’Istat. “Sia nei paesi industrializzati, sia nelle economie emergenti gli indici anticipatori non evidenziano una chiara inversione del ciclo. Le banche centrali sono orientate al mantenimento di condizioni monetarie espansive sia in Europa sia negli Stati Uniti, mentre nella maggior parte dei paesi, le politiche fiscali di segno restrittivo continueranno a perseguire l’obiettivo del risanamento dei bilanci pubblici.
Negli Stati Uniti, il tasso di crescita del Pil del 2013 (+2,1%) rimarrebbe in linea con quello del 2012 (+2,3%) sotto l’ipotesi del rinnovo delle misure fiscali di stimolo in scadenza a fine anno. L’area dell’euro sperimenterebbe, invece, una contrazione del prodotto per l’anno in corso (-0,5%), seguita da un lieve aumento nel 2013 (+0,1%) determinato da un secondo semestre in moderata accelerazione. L’andamento più dinamico dell’economia statunitense rispetto a quella europea condurrebbe, anche per il 2013, a un lieve apprezzamento in media d’anno del dollaro verso l’euro (di circa lo 0,6%), dopo quello più consistente del 2012 (circa 7,6%)”.
“Il rallentamento delle economie avanzate – sottolinea l’Istat – si è trasmesso alle aree emergenti attraverso un deterioramento del clima di fiducia e una sostanziale decelerazione degli scambi mondiali. Anche in Cina l’attività economica ha subito un notevole rallentamento, con una decelerazione nella dinamica delle esportazioni e degli investimenti. Più in generale le prospettive a medio termine per le economie emergenti sembrano legate principalmente alla capacità di attuazione di azioni di stimolo da parte delle politiche economiche. L’insieme di questi effetti sta determinando una decelerazione del Pil di queste economie (+5% nel 2012 rispetto al +6,2% del 2011), fenomeno che dovrebbe confermarsi anche nel 2013 (+4,7%).
A una graduale ripresa del ciclo economico internazionale è anche legata la previsione di una più vivace dinamica degli scambi mondiali. Il commercio mondiale in volume registrerebbe per l’intero 2012 la performance più modesta dell’ultimo decennio (2,5%), se si esclude la forte riduzione del 2009. Per il 2013 l’incremento previsto (4,7%) sarebbe compatibile con un profilo di moderata crescita degli scambi.
La caduta del Pil iniziata nel terzo trimestre del 2011 dovrebbe proseguire, con intensità sempre più contenute, fino al secondo trimestre del 2013: la durata della crisi attuale supererebbe così sia quella del biennio 2008-09 sia quella del periodo 1992-93.
Nel biennio di previsione le famiglie continuerebbero a sperimentare significative riduzioni del reddito, con conseguenze negative sul tasso di risparmio, come evidenziato dal netto rialzo dell’indicatore sull’utilizzo del risparmio tratto dalle inchieste congiunturali condotte dall’Istat sui consumatori. La probabilità di un ritorno agli investimenti da parte delle imprese risulterebbe ancora bassa a causa della caduta dei margini di profitto, dei bassi livelli di capacità utilizzata e delle difficoltà dal lato della domanda. Proseguirebbe il deterioramento sul mercato del lavoro. L’unico contributo positivo alla crescita deriverebbe dalle esportazioni nette.
L’attività economica nella seconda metà del 2012 sarà contrassegnata da un andamento ancora in flessione, sia pur secondo ritmi significativamente meno intensi rispetto al primo semestre. Il Pil diminuirebbe del 2,3% in media d’anno, a causa di un contributo marcatamente negativo della domanda interna (-3,6 punti percentuali, al netto delle scorte), solo in parte compensato da quella estera netta (pari a 2,8 punti percentuali, circa il doppio rispetto al 2011). L’apporto delle scorte risulterebbe negativo nella media del 2012 (-1,5 punti percentuali).
Nel 2013, il Pil diminuirebbe dello 0,5%, sottendendo un lieve recupero dell’attività economica nel secondo semestre. In media d’anno il sostegno della domanda estera netta (0,5 punti percentuali) non risulterebbe ancora sufficiente a bilanciare il contributo negativo proveniente delle componenti interne di domanda (-0,9 punti percentuali al netto delle scorte).
Da notare come tali previsioni incorporino gli interventi contenuti nel Disegno di legge di stabilità presentato dal Governo, ma non le modifiche proposte nel corso della discussione parlamentare del provvedimento.
Nel 2013 la domanda estera proveniente dai mercati dell’Unione europea (UE) dovrebbe mostrare soltanto un moderato miglioramento a seguito di una ripresa dei livelli di fiducia, mentre le economie esterne all’area UE guiderebbero ancora l’evoluzione del commercio internazionale. Le esportazioni complessive sono attese in ulteriore marcata decelerazione nel 2012 (+1,3%), per poi guadagnare lievemente in intensità nel 2013 (+2,4%). La geografia degli scambi continuerà a operare in senso avverso all’export del nostro Paese: i mercati di sbocco dell’Italia, infatti, sono attesi crescere meno del commercio complessivo, il che determinerebbe una nuova flessione della quota di mercato in volume delle esportazioni italiane sul commercio mondiale.
Nel 2012, le importazioni complessive si ridurrebbero in misura significativa (-7,9%), riflettendo la drastica riduzione dei consumi privati e degli investimenti e la frenata dell’export. Nel 2013, gli acquisti all’estero mostrerebbero un moderato recupero (+0,9%), attivato dalla ripresa delle esportazioni e dal miglioramento della spesa per investimenti in beni strumentali. Alla luce di tali andamenti e di una moderata evoluzione dei corrispondenti deflatori, il saldo positivo tra esportazioni e importazioni si attesterebbe, nella media del 2012, a circa l’1% del Pil e poi salire all’1,5% nel 2013, a sintesi di un surplus della bilancia commerciale e di un disavanzo di quella dei servizi.
La caduta del reddito disponibile, il clima di incertezza percepito dai consumatori e l’attuazione di misure di politica economica volte al consolidamento dei conti pubblici penalizzerebbero la spesa per consumi. La crescente situazione di disagio finanziario dichiarata dalle famiglie porterebbe, in un primo tempo, ad un proseguimento nell’utilizzo del risparmio, cui potrebbe seguire una evoluzione in negativo dei modelli di consumo.
La spesa privata per consumi registrerebbe nell’anno in corso una contrazione del 3,2% e anche nel 2013 la spesa dei consumatori risulterebbe in calo (-0,7%), a seguito delle persistenti difficoltà sul mercato del lavoro e della debolezza del reddito disponibile.
Il progressivo deterioramento delle prospettive di domanda, associato al peggioramento delle condizioni di finanziamento, inciderebbero negativamente sulle spese per investimenti per l’anno in corso. A tale risultato contribuirebbe una significativa diminuzione dei margini di profitto delle imprese, per effetto dell’incremento dei costi unitari di produzione in misura superiore ai prezzi finali di vendita. Il decumulo delle scorte e la presenza di ampi margini di capacità produttiva inutilizzata costituirebbero ulteriori fattori di freno al processo di accumulazione del capitale.
Nel 2012, gli investimenti fissi lordi diminuirebbero del 7,2% per effetto di una forte riduzione della spesa delle imprese (in particolare, in mezzi di trasporto e macchinari) e delle amministrazioni pubbliche. Nel 2013, le prospettive di una ripresa del ciclo produttivo determinerebbero un deciso rallentamento della caduta (-0,9% in media d’anno). Il recupero del processo di accumulazione delle imprese previsto nel corso del prossimo anno dovrebbe ripartire dalla componente in macchine, attrezzature e beni immateriali. Il ciclo degli investimenti in costruzione risulterebbe ancora debole.
La fase di debolezza ciclica dell’economia italiana condurrebbe a un deterioramento complessivo delle condizioni del mercato del lavoro. Nei primi due trimestri dell’anno in corso si è osservata una sostanziale tenuta dei livelli occupazionali, unitamente a una diminuzione delle ore lavorate (anche attraverso il ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni), anche se segnali più negativi sono emersi a settembre. Di conseguenza, per il 2012 la diminuzione prevista in termini di input di lavoro sarebbe pari all’1,2%. A seguito del miglioramento delle condizioni economiche generali atteso nella seconda parte del 2013, il deterioramento delle condizioni complessive del mercato del lavoro potrebbe attenuarsi, anche se l’input di lavoro risulterebbe ancora in calo dello 0,5% in media d’anno.
La crescita delle persone in cerca di lavoro iniziata alla fine del 2011, è alla base del rilevante incremento del tasso di disoccupazione previsto per quest’anno (10,6%). Per il 2013, il tasso di disoccupazione continuerebbe ad aumentare (11,4%) sia a causa del contrarsi dell’occupazione, sia per l’aumento dell’incidenza della disoccupazione di lunga durata.
Le retribuzioni per dipendente mostrerebbero una dinamica moderata (0,9%, nel 2012 e 1% nel 2013). La produttività del lavoro diminuirebbe nel 2012 per poi stabilizzarsi nel 2013. Il costo del lavoro per unità di prodotto tenderebbe a crescere in entrambi gli anni. La fase di estrema debolezza della domanda interna si è riflessa in un contenimento dell’apporto inflativo delle componenti di fondo dell’inflazione: l’andamento della dinamica inflazionistica nei mesi estivi, misurata in base all’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività, è stata infatti determinata essenzialmente dai rincari dei prodotti petroliferi e da una ripresa della crescita dei prezzi dei beni alimentari. Nell’ultima parte dell’anno è probabile che si concretizzi un più evidente rallentamento del ritmo complessivo di crescita dei prezzi, non solo per le minori spinte provenienti dall’estero, ma anche per il confronto con l’analogo periodo dello scorso anno caratterizzato dall’aumento dell’aliquota ordinaria dell’IVA a settembre 2011.
Nel 2012 il tasso di crescita del deflatore della spesa delle famiglie residenti è stimato al 2,7%, mentre il deflatore del Pil è previsto aumentare dell’1,4% come effetto della moderazione delle pressioni inflazionistiche di origine interna e della natura essenzialmente esogena delle spinte inflative. Il processo di rientro dall’inflazione dovrebbe rafforzarsi nel 2013, grazie ad una riduzione dei costi delle materie prime e a un andamento dei costi interni complessivamente moderato. In presenza di una domanda debole, e dell’aumento di un punto percentuale previsto per luglio sia dell’aliquota ordinaria dell’IVA (dal 21% al 22%), sia di quella ridotta (dal 10% all’11%), nel 2013 l’incremento del deflatore dei consumi delle famiglie è previsto pari al 2,0%, mentre la crescita del deflatore del Pil si confermerebbe all’1,4%.
Lo scenario di previsione è connotato da diversi elementi di incertezza relativi sia al quadro internazionale, sia a fattori interni (elezioni politiche nel 2013). A fronte del perdurare della debolezza delle componenti interne di domanda, un elemento determinante per l’economia italiana è rappresentato dall’andamento del commercio mondiale, a sua volta fortemente dipendente dall’evoluzione del ciclo economico internazionale.
Da una lato, l’economia americana appare condizionata dalle misure di stimolo fiscale in scadenza a fine anno. A legislazione vigente, l’effetto restrittivo sul 2013 sarebbe elevato, con rischi evidenti sull’evoluzione del ciclo economico. Dall’altro, la debolezza della domanda dei paesi avanzati si è riflessa, con qualche ritardo, in un rallentamento nelle economie emergenti, facendo venir meno, per questi ultimi, l’ipotesi di un ciclo del prodotto completamente autonomo. Qualora la ripresa del commercio mondiale fosse meno sostenuta, l’apporto della domanda estera alla crescita del Pil risulterebbe meno rilevante.
Una maggiore fiducia verso l’efficacia del meccanismo europeo di salvaguardia, dopo le dichiarazioni della BCE (Outright Monetary Transaction Program) e la decisione della Corte costituzionale tedesca, ha determinato nel corso dei mesi estivi un alleggerimento delle tensioni sui mercati finanziari, accompagnato da una riduzione prima, e una stabilizzazione poi, del differenziale di rendimento tra titoli di stato italiani rispetto a quelli tedeschi. Un eventuale nuovo ampliamento di quest’ultimo guidato da fattori interni, quali ad esempio le elezioni politiche del prossimo anno, e internazionali, determinerebbe effetti negativi sul bilancio pubblico, sugli investimenti privati e sul clima di fiducia.
Le difficoltà finanziarie delle famiglie e la crescita della disoccupazione associate alla lunghezza della fase recessiva potrebbero amplificare i rischi al ribasso della previsione.
Un ulteriore elemento di incertezza che caratterizza lo scenario di previsione è rappresentato dalle implicazioni macroeconomiche della composizione della manovra di finanza pubblica in discussione. Una diversa articolazione di interventi rispetto a quanto presentato nel Disegno di legge di stabilità potrebbe avere impatto sulle principali variabili del quadro macroeconomico nel corso del 2013. Ad esempio, un intervento sull’IVA limitato all’aliquota ordinaria, accompagnato da misure di riduzione del cuneo fiscale in sostituzione della manovra sulle aliquote e le detrazioni dell’imposta personale sui redditi, avrebbe un effetto di stimolo (ancorché contenuto) dell’occupazione e di riduzione dell’inflazione rispetto ai risultati dello scenario di previsione. Tuttavia, gli effetti sulla crescita del Pil nel 2013 sarebbero poco significativi.
Analizzando le differenze tra l’attuale quadro di previsione e quello presentato a maggio 2012, il tasso di crescita del Pil italiano è stato rivisto al ribasso per otto decimi di punto nel 2012 e di un punto percentuale nel 2013. Tali differenze sono in parte dovute alle nuove ipotesi sul commercio mondiale e alla revisione delle serie di contabilità nazionale. Nel complesso, le previsioni attuali rientrano all’interno dell’intervallo di confidenza delle previsioni presentate a maggio 2012”.

(fonte: Istat)

 

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