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Indagine Tecnè: Italia “cenerentola” d’Europa in ricerca e sviluppo

Secondo l’indagine dell’Istituto di ricerca Tecnè, Gli investimenti in ricerca e sviluppo in Italia, nel nostro paese l’investimento in ricerca è pari all’1,3% del Pil. Meno di Francia e Spagna, Repubblica Ceca, Irlanda, Australia e Cina. La Germania e gli Stati Uniti spendono più del doppio; il Giappone, la Finlandia e la Svezia più del triplo. E il calo di investimenti in ricerca e sviluppo ha contribuito alla “fuga di cervelli”: il 7% dei ricercatori ha infatti lasciato l’Italia.
Nel triennio 2009-2011, oltre metà degli investimenti in ricerca e sviluppo sono stati effettuati delle imprese (52,9% del totale), e la parte restante sostenuta dall’Università (30,3%), dalle istituzioni pubbliche (13,4%) e dal settore non profit (3,4%). L’elemento più rilevante in questo desolante quadro è che, rispetto alla media europea e agli obiettivi di Lisbona nella suddivisione tra partecipazione pubblica e privata alla ricerca, in Italia il settore privato, invece, contribuisce molto poco. “I motivi – spiega Carlo Buttaroni, presidente di Tecnè – sono sostanzialmente due. Il primo è rappresentato dalla ragnatela di piccole e medie imprese che caratterizza il tessuto imprenditoriale italiano e che associa al concetto di ricerca quello di alto rischio e di non rientro dell’investimento. Il secondo motivo è che, con la privatizzazione del sistema delle imprese a partecipazione statale, la logica di mercato ha ridimensionato drasticamente gli investimenti in ricerca e sviluppo”.
“Non è automatico che la ricerca generi innovazione e che quest’ultima, a sua volta, generi competitività. Tale risultato si può ottenere solo con una strategia complessiva, dove l’equazione del successo è data da ricerca, innovazione e competitività che crescono in equilibrio con i bisogni individuali e collettivi del Paese. È impensabile prescindere da una logica d’insieme, dove le scelte tengono conto della competitività e delle esigenze da soddisfare. Vanno risolti i difetti strutturali che caratterizzano la ricerca nel nostro Paese e ostacolano le opportunità di costruire un ‘sistema di ricerca e sviluppo’: frammentazione, dispersione, sproporzione e isolamento. Solo i Paesi che si saranno preparati alla sfida del ‘dopo-crisi’, attivando ora opportune politiche di rilancio della ricerca e dell’alta formazione, potranno trarre vantaggio dalle nuove opportunità che si dischiuderanno”.

 

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