Tra il 2008 e il 2010 il 33,7% delle imprese ha introdotto innovazioni | T-Mag | il magazine di Tecnè

Tra il 2008 e il 2010 il 33,7% delle imprese ha introdotto innovazioni

Quasi un terzo delle imprese innova nel triennio 2008-2010

Nel triennio 2008-2010 le imprese con dieci o più addetti che hanno svolto attività di innovazione sono state 58.041, pari al 33,7% dell’universo considerato. La maggior parte di esse (il 31,5%) ha introdotto con successo sul mercato o nel proprio processo produttivo almeno un’innovazione (imprese innovatrici); il rimanente 2,2%, invece, è costituito da imprese con attività di innovazione abbandonate o ancora in corso alla fine del 2010.
Il macrosettore più innovativo, con il 43,1% di imprese innovatrici, si conferma l’industria, seguito dai servizi, dove ha innovato un’impresa su quattro, e infine dalle costruzioni con un tasso di innovazione del 15,9%. Nell’industria i settori più innovativi sono stati la fabbricazione di altri mezzi di trasporto (80,4%), le industrie chimiche (72,3%), le industrie farmaceutiche (71%) e il settore della fabbricazione di macchinari e attrezzature (62,2%). Nei servizi, le imprese innovatrici sono più frequenti nel settore della produzione di software (69,4%), delle assicurazioni (64,4%), della ricerca e sviluppo (60,8%) e delle telecomunicazioni (52,7%).

Un’impresa innovatrice su due innova sia i prodotti sia i processi di produzione

Nel triennio 2008-2010, quasi la metà delle imprese innovatrici ha innovato congiuntamente i prodotti e i processi produttivi. Questa tendenza è confermata anche a livello settoriale. Nell’industria il 50,2% delle imprese innovatrici ha innovato i prodotti e i processi in maniera integrata, mentre il 25,2% ha innovato unicamente i processi e il 24,5% ha puntato solo sulle innovazioni di prodotto. Una tendenza analoga emerge nei servizi e nelle costruzioni, sebbene in questi due settori risultino più frequenti le attività finalizzate alle sole innovazioni di prodotto. La compresenza di innovazioni di prodotto e processo è ancora più evidente tra le imprese di maggiore dimensione: il fenomeno interessa, infatti, il 63,7% delle imprese con almeno 250 addetti e il 57% di quelle con 50-249 addetti, mentre riguarda solo il 45,9% delle imprese con meno di 50 addetti.
La propensione all’innovazione di prodotto e/o di processo è notevolmente variabile tra i settori di attività economica: nell’industria, settori come la metallurgia e la fabbricazione di prodotti derivanti dalla raffinazione di petrolio mostrano una chiara vocazione all’innovazione di processo, mentre in settori quali la fabbricazione di altri mezzi di trasporto e l’industria farmaceutica sono più frequenti gli investimenti in nuovi prodotti. Infine, i settori industriali con la maggiore propensione all’innovazione combinata di prodotto e processo sono la fabbricazione di autoveicoli (65,7%) e la fabbricazione di apparecchiature elettriche (65,4%). Nei servizi i settori più orientati all’innovazione congiunta di prodotto e processo sono le assicurazioni (69,1%), la produzione di software (60,3%), i servizi finanziari (58,3%). Tra i settori che hanno concentrato i propri sforzi prevalentemente sull’innovazione di processo si segnalano il trasporto marittimo (50%) e le attività ausiliarie dei servizi finanziari (44,3%), mentre le imprese maggiormente impegnate nella sola innovazione di prodotto sono state quelle operanti nel trasporto aereo (62,1%) e nelle telecomunicazioni (53,3%).

La spesa per l’innovazione è in media di 7,7 mila euro per addetto

Nel 2010 le imprese italiane hanno investito complessivamente 28 miliardi di euro per l’innovazione, con una spesa media per addetto di 7.700 euro. Sotto il profilo settoriale, la spesa per addetto varia notevolmente: al primo posto si colloca l’industria con 9.400 euro per addetto, seguita dai servizi con 5.800 euro per addetto e dalle costruzioni con 4.300 euro per addetto.
Oltre l’85% della spesa è costituito dalle attività di Ricerca e sviluppo (R&S) e da investimenti in macchinari e apparecchiature. In particolare, la R&S rappresenta quasi la metà della spesa complessiva (con il 38,8% relativo alle attività intra-muros), mentre gli investimenti materiali coprono il 36,4%. La parte restante della spesa è composta da altri investimenti immateriali, quali le attività di marketing connesse al lancio di nuovi prodotti e di formazione del personale (6,1%), il design e le altre attività preliminari alla produzione (5,3%) e l’acquisto di tecnologia non incorporata in beni capitali, come brevetti, licenze e servizi di consulenza (4,1%).
Nell’industria si riscontrano i maggiori livelli di spesa per addetto; in particolare, nel settore estrattivo (56.900 euro), nell’industria farmaceutica (23.000 euro), nell’industria elettronica (21.900 euro) e nel settore della fabbricazione di altri mezzi di trasporto (19.400 euro). Una spesa per addetto superiore ai diecimila euro è registrata anche nel settore della fabbricazione di autoveicoli e dell’industria chimica. I valori più bassi (inferiori ai 5.000 euro) sono rilevati, invece, nelle industrie tessili, nella fornitura di energia elettrica, nella fornitura di acqua e nella gestione dei rifiuti.
Nei servizi la spesa per addetto più elevata è stata sostenuta dal settore della ricerca e sviluppo (75.000 euro) e da quello delle telecomunicazioni (18.500 euro). Valori al di sopra della media risultano anche nella pubblicità e ricerche di mercato (16.100 euro), direzione e consulenza aziendale (14.300 euro), studi di architettura e ingegneria e attività di collaudo e analisi tecniche (13.000 euro) e nella produzione di software (9.500 euro). Livelli di spesa più ridotti sono stati, invece, rilevati nei trasporti (soprattutto quelli marittimi e aerei), nei servizi postali e nel commercio al dettaglio.
La composizione della spesa varia sensibilmente a livello settoriale. Nell’industria la spesa per ricerca e sviluppo (tanto interna quanto esterna) rappresenta la voce principale (più della metà della spesa complessiva), sia in settori storicamente innovativi, come l’ elettronica, la fabbricazione di autoveicoli e di altri mezzi di trasporto, il comparto chimico e farmaceutico, sia in settori tradizionali quali l’abbigliamento, la fabbricazione di articoli in pelle e l’industria tessile. In questi ultimi settori, ma anche nella fabbricazione di mobili e nella fabbricazione di autoveicoli e di altri mezzi di trasporto, le spese in design e altre attività preliminari alla produzione (le attività di verifica e collaudo, l’ingegnerizzazione industriale, ecc.), assumono un ruolo importante nell’innovazione. Gli investimenti in macchinari e apparecchiature si confermano, invece, la modalità innovativa prevalente (coprono più della metà della spesa complessiva) in settori maturi o ad economie di scala, quali la metallurgia e la fabbricazione di prodotti in metallo, il settore estrattivo, la fornitura di energia elettrica e la gestione dei rifiuti, la fabbricazione di carta e di prodotti di carta e la stampa. Anche nelle costruzioni quasi due terzi della spesa sono costituiti dall’acquisto di macchinari e apparecchiature. Nei servizi, infine, alcuni settori, quali la ricerca e sviluppo, gli studi di architettura e ingegneria e le telecomunicazioni, sono caratterizzati da un modello di innovazione guidato dalla ricerca (che rappresenta oltre la metà della spesa complessiva), mentre i trasporti, il commercio e i servizi postali puntano su ingenti investimenti materiali in macchinari e apparecchiature.
Differenze importanti emergono a livello dimensionale. Gli investimenti materiali (acquisto di macchinari e apparecchiature) diminuiscono al crescere della dimensione aziendale: rappresentano il 46,1% della spesa complessiva nelle imprese con 10-49 addetti (con un valore massimo di 63,9% nelle costruzioni) e scendono al 29,5% nelle imprese con 250 addetti e oltre (25% nelle grandi imprese industriali). Al contrario, le spese complessive per R&S (interna ed esterna) aumentano al crescere della dimensione aziendale, passando dal 35,6% delle imprese con 10-49 addetti (15,9% nelle costruzioni) al 56,1% in quelle con 250 addetti e oltre (65% nell’industria). L’incidenza delle altre fonti di innovazione, invece, sembra essere meno correlata alla dimensione aziendale.

Un’impresa innovatrice su tre beneficia del sostegno pubblico all’innovazione

Il 29,8% delle imprese innovatrici ha dichiarato di aver ricevuto un sostegno pubblico per l’innovazione. La quota sale al 33,9% nell’industria, mentre risulta più bassa della media nazionale nelle costruzioni (23,6%) e nei servizi (23,1%). Il sostegno pubblico è da ascrivere principalmente alle amministrazioni locali e regionali: nel complesso, circa il 21,2% delle imprese innovatrici ha dichiarato di aver ricevuto questo tipo di incentivi (22,8% nell’industria, 19,5% nelle costruzioni e 18,4% nei servizi). Le imprese che hanno beneficiato, invece, di incentivi nazionali sono il 9,3%, mentre solo il 2,9% ha ottenuto un sostegno da parte dell’Unione europea.
La dimensione di impresa ha un ruolo rilevante: la percentuale di imprese beneficiarie di incentivi pubblici passa dal 28,5% delle piccole imprese (meno di 50 addetti) al 37% delle grandi (250 addetti e oltre). In particolare, le grandi imprese hanno ottenuto più frequentemente incentivi nazionali (il 22,8% contro il 6,9% delle imprese con 10-49 addetti) ed europei (l’11% contro il 2,5% delle piccole), mentre la quota di imprese con incentivi regionali o locali diminuisce al crescere della dimensionale aziendale (il 21,7% delle piccole imprese contro il 15,1% delle grandi).
Nell’industria, i settori che ricorrono maggiormente al sostegno pubblico sono l’elettronica (59,7%), l’industria alimentare e delle bevande (50,5%), la farmaceutica (46,5%) e l’industria estrattiva (43,1%). L’elettronica, insieme con il settore della fabbricazione di altri mezzi di trasporto, è anche il settore che beneficia di più degli incentivi europei (rispettivamente il 10,8% e il 10,2%) e di quelli nazionali (rispettivamente il 28,5% e il 59.6%). Nei servizi, i settori che hanno usufruito maggiormente del sostegno pubblico all’innovazione (con almeno un’impresa su tre beneficiaria di incentivi) sono stati la ricerca e sviluppo, la produzione di software, il trasporto terrestre e marittimo e alcune attività professionali, scientifiche e tecniche. Nel settore della ricerca e sviluppo, inoltre, più della metà delle imprese innovatrici ha ricevuto incentivi dell’Ue […].

Gli obiettivi dell’innovazione: differenziazione e più qualità dei prodotti

La quasi totalità delle imprese innova per migliorare la qualità dei prodotti e dei servizi (89,4%) e per diversificarne l’offerta (80,6%); inoltre, due imprese su tre ritengono necessario innovare per accedere a nuovi mercati o per aumentare la propria quota di mercato, per incrementare la capacità produttiva e la flessibilità, per migliorare la salute e la sicurezza sul lavoro.
Queste percentuali sono sostanzialmente confermate a livello settoriale, anche se l’industria, rispetto agli altri macro-settori, riconosce un’importanza maggiore agli obiettivi di aumento della capacità produttiva e della flessibilità e di riduzione dei costi e dell’impatto ambientale. Nelle costruzioni una rilevanza maggiore è data all’innovazione finalizzata al contenimento dell’impatto ambientale (60,4% a fronte del 48,2% dell’industria e del 37,4% dei servizi) e al miglioramento della salute e sicurezza sul lavoro (73,8% a fronte del 65,2% dell’industria e 52,5% dei servizi). Nelle costruzioni, inoltre, è risultato più frequente il numero di imprese che giudica l’innovazione un’attività decisiva per l’aumento della capacità di produzione e per la riduzione del costo dei materiali ed energia. Nei servizi è confermato il ruolo fondamentale dell’innovazione nelle strategie di consolidamento della propria presenza sul mercato (miglioramento della qualità e differenziazione dei prodotti), mentre risultano di scarsa importanza gli obiettivi di riduzione dei costi e di contenimento dell’impatto ambientale.
Infine, le grandi imprese attribuiscono una rilevanza maggiore, rispetto alla media nazionale, agli obiettivi di riduzione dei costi del lavoro, materiali ed energia, di limitazione dell’impatto ambientale e di sostituzione di prodotti e processi obsoleti […].

Sette imprese innovatrici su 10 innovano organizzazione e strategie di marketing

Nel triennio 2008-2010, il 70,5% delle imprese innovatrici ha introdotto forme di innovazione organizzativa o di marketing. Tra queste prevale l’innovazione organizzativa (55,5%) rispetto a quella di marketing (47,6%), mentre un quarto delle imprese innovatrici ha introdotto innovazioni nel design.Si conferma il ruolo importante svolto dalla dimensione di impresa nell’adozione di innovazioni di tipo organizzativo o commerciale: hanno adottato nuove soluzioni nel campo dell’organizzazione e del marketing i due terzi delle piccole imprese innovatrici, ma l’86% delle grandi.
Sotto il profilo settoriale, una maggiore propensione a combinare innovazioni di prodotto-processo con innovazioni organizzative o commerciali emerge nei servizi (76,2% contro il 70,5% delle costruzioni e il 67,8% dell’industria). Considerando, invece, la sola innovazione di design, è l’industria ad avere la maggiore presenza di imprese innovatrici impegnate in questa attività (29,2% contro il 9,5% delle costruzioni e il 22,3% dei servizi). Nell’industria, le imprese che hanno investito di più nelle innovazioni di tipo organizzativo sono quelle della fornitura di energia elettrica (74%) e della farmaceutica (70,2%), mentre i settori con una maggiore propensione all’innovazione di marketing sono l’alimentare (67,8% con il 63,2% relativo alle innovazioni di design), l’industria chimica (64,3% con il 53,3% del design) e la fabbricazione di mobili (59,9% con il 44,7% del design). Nei servizi, l’innovazione organizzativa è stata più frequente nel trasporto aereo (86,2%), nei servizi finanziari (84,1%) e nella produzione di software (80,1%), mentre le maggiori novità nel campo del marketing sono state introdotte nella pubblicità (75,8%), nel trasporto aereo (75,9%) e nel commercio al dettaglio (70,6%).

Costi elevati e mancanza di risorse finanziarie, principali ostacoli all’innovazione

L’attività di innovazione può essere inibita o rallentata da fattori di natura economico-finanziaria; il 70% delle imprese innovatrici giudica, infatti, eccessivi i costi dell’innovazione, il 63,9% ritiene decisiva la mancanza di risorse finanziarie proprie e il 58,8% lamenta l’assenza di finanziamenti esterni. Inoltre, la metà delle imprese individua altri significativi fattori di ostacolo all’innovazione nella volatilità della domanda e nella presenza di imprese dominanti, mentre per un terzo delle imprese gli ostacoli risiedono nella carenza di personale qualificato e nella difficoltà di trovare partner con cui cooperare. Infine, un quarto delle imprese valuta la mancanza di informazioni sui mercati e sulle tecnologie un’importante barriera all’innovazione. L’importanza attribuita dalle imprese ai diversi fattori di ostacolo non varia in maniera sostanziale in funzione del settore di appartenenza, ma si riduce al crescere della dimensione aziendale.

Fonte: Istat

 

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