Festival del Cinema di Roma, il monito di Verdone | T-Mag | il magazine di Tecnè

Festival del Cinema di Roma, il monito di Verdone

Inizia oggi il Festival Internazionale del Film di Roma, guidato per la prima volta dal nuovo direttore artistico Marco Muller. Come madrina il Festival vedrà Claudia Pandolfi. E così, come accade ormai da qualche anno a questa parte, la Capitale e il cinema italiano in generale attireranno su di sé l’attenzione dei media internazionali.
Per l’occasione abbiamo pensato di proporre un’editoriale firmato dall’attore romano Carlo Verdone per il Giornale dello spettacolo. Nell’articolo, Verdone analizza le crisi che il mondo cinematografico italiano ha affrontato e che tutt’ora sta attraversando.
“È dal 1979 – scrive l’attore – che lavoro per il cinema italiano, di crisi periodiche ne ho viste e vissute diverse. Alla fine degli anni Settanta, per esempio, c’era da affrontare un grosso problema: il prolificare di sale a luci rosse a discapito di un cinema italiano che non sapeva più che cosa raccontare ad un pubblico stanco, in cerca di nuove emozioni, in attesa di un ricambio generazionale. Ricambio che avvenne con Moretti, Troisi, Nichetti, Nuti, Benigni, il sottoscritto. Tutti noi cercammo di dare nuovo slancio alla commedia, in forme diverse o assolutamente autoriali – penso a Nanni Moretti- sperando di ricevere una nuova attenzione da un pubblico che aveva bisogno di qualcosa di “nuovo”. Riuscimmo nella nostra impresa, finalmente si pose un argine a quella sciagurata tendenza verso l’erotico-pornografico. Con fasi alterne, il cinema italiano riportò pubblico in sala, in alcuni momenti diventò la punta di diamante per numero di spettatori, battendo anche molti prodotti americani. Non voglio, qui, annoiare il lettore con le numerose e rivoluzionarie trasformazioni riguardanti la fruizione dell’audiovisivo per il grande pubblico. Potremmo discutere per giorni se ci furono operazioni che veramente fecero il bene della sala. Mi riferisco all’iniziale svendita di film alle televisioni ( nei primi anni Ottanta), al concepimento della multisala (che inizialmente diede nuovo slancio all’affluenza di un pubblico che voleva scegliere in un’unica grande struttura). Credo che tutti fossero, all’inizio, in buona fede. Ma negli anni e con l’avvento di internet, tutto è cambiato.E tutto diventa molto difficile per l’esercizio.
Non c’è solo un drammatico problema di pirateria on line, un fenomeno mondiale in Italia particolarmente marcato; probabilmente conta anche un’offerta di eventi televisivi riguardanti lo sport in diretta, migliaia di film al mese in tante finestre nelle televisioni, che provocano sicuramente un’ overdose di immagini da consumare in ambito domestico. E non possiamo assolutamente sottovalutare una crisi economica che inibisce, specie per alcune fasce meno protette sul piano economico, un’affluenza massiccia. Si tratta di problemi che non mi sento capace di analizzare con lucidità e perizia, anche perché non è il mio mestiere.
Ma, dimenticando per un momento d’essere un autore di cinema e mettendomi dalla parte di un normale spettatore, non posso non deprimermi nel notare, dal 2001 ad oggi, la chiusura di più di 880 schermi. Solo quest’anno circa 80. Sono numeri da funerale per la sala cinematografica. Ecco, questo non lo dobbiamo permettere. Soprattutto per singoli cinema, nel cuore della città, cha hanno tradizione di sala storica. Si danneggia un pubblico anziano o di mezza età che nei giorni feriali ha sempre sostenuto un cinema anche meno commerciale e d’autore. Amareggia non poco poi il cambio di destinazione d’uso. Regioni e Comuni dovrebbero farsi paladini della loro sopravvivenza. Non so bene in che modo, però ci vorrebbe un atto di coraggio culturale per preservare non solo una memoria storica ma prodotti di qualità che rischiano la scomparsa per assenza di fruitori.
Il periodo che stiamo attraversando è veramente difficile per il cinema nazionale. È come se non sapessimo più da chi è composto il pubblico che stacca quel biglietto. Difetta la percezione. Ma soprattutto non sappiamo che cosa desidera vedere lo spettatore medio oggi. Di una cosa sono certo e cioè che la commedia deve avere uno scatto in più. Il successo del francese “Quasi amici” deve porci ad una seria riflessione: la commedia deve proporre dei contenuti che rispecchino la realtà odierna ma senza fotografarla e basta. Al divertimento deve coniugarsi, con grande equilibrio, un tema che rimandi all’oggi. Con coraggio. Altrimenti rischiamo il puro intrattenimento che non lascia traccia nello spettatore di una fotografia reale del nostro periodo storico.
Noi autori abbiamo ora una grossa responsabilità: di pensarci tre, quattro volte prima di inventare un soggetto e scrivere una sceneggiatura. O riusciamo a “stupire” o moriremo nel racconto rassicurante, geometricamente scritto per catturare più pubblici e più dialetti. Operazioni queste che riescono raramente a raggiungere una qualità della quale si sente l’urgenza. Nulla contro la commedia semplice e popolare, intendiamoci. È sempre esistita e deve esistere. Ma nella sua scrittura bisogna investire maggior impegno e nuovo slancio creativo. Altrimenti compiremo un atto devastante: far invecchiare un genere che fra l’altro sembra superato dalla grottesca cronaca politica di questi ultimi anni.
Naturalmente non bisogna dimenticare le difficoltà che incontrano spesso film non di commedia, dai temi forti. Stupisce , per alcuni, l’assenza di interesse. Ed è arduo comprenderne il motivo. Non tutti forse sono perfetti e proprio per questo molti autori si dovranno interrogare su come ristabilire un filo di comunicazione con un pubblico così diffidente a temi seri.
Io mi auguro solo una cosa – conclude Verdone -: che la sala cinematografica non debba scomparire. Sarebbe la fine della condivisione di emozioni e il trionfo della solitudine in uno schermo che diventa sempre più piccolo e tecnologico. Rendiamo le nostre sale efficienti, all’avanguardia. Liberiamole dalla sciatteria e prepariamole al meglio: che siano un tempio, comodo ed accogliente, dell’immagine. Già questo sarebbe un piccolo ma importante successo: il rispetto per lo spettatore. Ad altri, più preparati di me sull’argomento, lascio il dibattito da aprire, subito, con estrema serietà e audace lucidità”.

 

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