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Calano le nascite e invecchia l’Italia

Diminuiscono le nascite in tutte le aree del Paese

L’incremento delle nascite che si è riscontrato a livello nazionale tra il 1995 e il 2008 è stato il risultato di opposte dinamiche territoriali: l’aumento dei nati si è registrato solo nelle regioni del Centro e del Nord, mentre al Sud e nelle Isole è proseguito il fenomeno della denatalità. In particolare, in tale periodo nelle regioni del Centro e del Nord si sono osservati incrementi compresi tra l’11% del Trentino-Alto Adige e il 30% della Lombardia. Un caso a parte è quello dell’Emilia-Romagna, che a metà degli anni Novanta mostrava il livello di fecondità più basso e che ha fatto registrare al 2008 oltre il 50% di nati in più. Nelle regioni del Mezzogiorno, al contrario, tra il 1995 e il 2008 è continuata la riduzione delle nascite con valori compresi tra -5% della Sardegna e -21% della Basilicata.
A partire dal 2009 in tutte le aree del Paese si registra un calo delle nascite. Il fenomeno è in parte riconducibile a un effetto “strutturale”: infatti, stanno via via uscendo dall’esperienza riproduttiva le baby-boomers, ovvero le generazioni di donne nate a metà degli anni ’60, molto più numerose delle generazioni più giovani che via via raggiungono le età feconde, convenzionalmente fissate dai demografi tra 13 e 50 anni. Le cittadine straniere hanno finora compensato questo squilibrio strutturale andando a riempire i “vuoti” di popolazione femminile ravvisabili nella struttura per età delle donne italiane. Inoltre, le cittadine straniere fanno in media più figli delle donne italiane.
Negli ultimi anni si nota, tuttavia, una diminuzione della fecondità delle donne straniere. Quindi, a meno di una inversione di tendenza verso un deciso aumento della fecondità delle donne italiane, al momento difficile da immaginare, la diminuzione delle nascite è destinata ad accentuarsi.

In lieve aumento le nascite da genitori stranieri

Negli stessi anni in cui si è osservato l’aumento delle nascite, hanno assunto sempre più rilevanza quelle da genitori stranieri. In 10 anni l’incidenza dei nati stranieri sul totale dei nati residenti in Italia è più che triplicata passando dal 4,0% del 1999 al 12,6% del 2008. I dati più recenti confermano questa tendenza all’aumento, seppur con un ritmo più contenuto: sono oltre 77 mila i nati da genitori stranieri nel 2009, 78 mila nel 2010 e 79 mila nel 2011, pari al 14,5% del totale dei nati.
Se ai nati da genitori stranieri si sommano anche i nati da coppie miste si raggiunge quota 106 mila nati da almeno un genitore straniero nel 2011 (il 19,4% del totale). Nel 2011, tuttavia, quest’ultima componente mostra, per la prima volta, una diminuzione di circa 2 mila nati rispetto all’anno precedente. Tale diminuzione è da mettere in relazione, verosimilmente, con la diminuzione dei matrimoni tra coppie miste3.
Sono le regioni del Nord e, in misura minore, quelle del Centro a presentare valori del fenomeno di gran lunga superiori alla media nazionale, ovvero le aree del Paese con una tradizione migratoria più forte e con una presenza straniera più stabile e radicata. Oltre un nato su cinque tra gli iscritti in anagrafe per nascita nel 2011 è di cittadinanza straniera in Emilia-Romagna (24%), in Veneto e Lombardia (22%); seguono Umbria (20%), Piemonte, Toscana e Marche (19%). Al contrario, in quasi tutte le regioni del Mezzogiorno la percentuale di nati stranieri è decisamente più contenuta (il 4,6% al Sud e il 4,3% nelle Isole). La regione del Sud in cui la percentuale di nati di cittadinanza straniera inizia ad assumere una certa rilevanza è l’Abruzzo (11%).

Al Nord più di un nato su quattro ha almeno un genitore straniero

L’impatto dei comportamenti procreativi dei cittadini stranieri è ancora più evidente se si considera il complesso dei nati con almeno un genitore straniero che, come si è detto, si ottiene sommando ai nati stranieri le nascite di bambini italiani nell’ambito di coppie miste formate da madri di cittadinanza straniera e padri italiani o viceversa.
A livello regionale si osserva una geografia analoga a quella delle nascite straniere, ma con intensità decisamente più elevate: in media nel 2011, più di un nato su quattro ha almeno un genitore straniero al Nord e più di uno su cinque al Centro, mentre al Sud e nelle Isole le percentuali sono rispettivamente il 7,3 e il 6,8%. Le regioni del Centro-nord in cui la percentuale di nati da almeno un genitore straniero supera la media della corrispondente ripartizione geografica sono Emilia-Romagna (31%), Lombardia (28%), Toscana e Marche (25%), Umbria (26%). Lo stesso avviene al Sud nel caso dell’Abruzzo (un’incidenza del 16% rispetto alla media di ripartizione pari al 7%).
Il valore medio regionale racchiude diverse sfumature del fenomeno a livello provinciale: in Lombardia, ad esempio, a fronte di un valore medio regionale del 28% di nati con almeno un genitore straniero, si assiste a un innalzamento di questa incidenza fino a oltre un nato su tre nelle province di Mantova e Brescia (rispettivamente il 35,9% e il 34,9%); in Emilia-Romagna spiccano le province di Piacenza (37,7%) e Modena (35,2%); in Piemonte si segnala il caso delle province di Asti e Alessandria (rispettivamente 31,7% e 31,1%).
Al Centro le percentuali più elevate si ritrovano nella provincia di Prato (38,3% nati con almeno un genitore straniero), dove si ritrova anche l’incidenza più elevata a livello nazionale. Infine nel Mezzogiorno, si segnala il caso delle province di Teramo e L’Aquila (rispettivamente 20% e 19%), di Ragusa e Olbia-Tempio (16%) in quanto rappresentano una forte eccezione rispetto al resto delle rispettive regioni di appartenenza.
Tra il 2008 e il 2011 si osserva un generale aumento del fenomeno che ha riguardato anche molte province del Mezzogiorno. Si segnala in particolare il caso di Ragusa, Foggia, Catanzaro, Crotone, Agrigento (con aumenti superiori a 2,5 punti percentuali).

Soprattutto rumene, marocchine e albanesi le madri straniere nel nostro Paese

Considerando la composizione per cittadinanza delle madri straniere, al primo posto per numero di figli si collocano le rumene (18.484 nati nel 2011), al secondo le marocchine (13.340), al terzo le albanesi (9.916) seguite dalle cinesi con 5.282 nati.
La distribuzione delle cittadinanze dei genitori per tipologia di coppia rivela l’elevata propensione a formare una famiglia con figli tra concittadini (omogamia) per le comunità maghrebine, albanesi, cinesi e, più in generale, per tutte le comunità asiatiche e africane. All’opposto le donne ucraine, polacche, moldave, russe e cubane immigrate nel nostro Paese mostrano un’accentuata propensione ad avere figli con partner italiani più che con connazionali. In una situazione intermedia si colloca la comunità rumena, caratterizzata da un’elevata omogamia (oltre i due terzi dei nati), ma anche da una non trascurabile propensione ad avere figli con partner italiani.

Si diventa madri sempre più tardi

La distribuzione delle nascite per età della madre consente di apprezzare lo spostamento della maternità verso età sempre più avanzate, caratteristica questa ancora più evidente per le madri di cittadinanza italiana. La posticipazione delle nascite ha contribuito al forte abbassamento della natalità osservato nel nostro Paese dalla seconda metà degli anni Settanta alla prima metà degli anni Novanta. Successivamente si è registrato un parziale recupero delle nascite precedentemente rinviate in particolare da parte delle baby-boomers, che si è tradotto in un progressivo aumento delle nascite da madri con più di 35 anni ravvisabile soprattutto al Nord e al Centro.
Nel 2011 le donne hanno in media 31,4 anni alla nascita dei figli, circa un anno e mezzo in più rispetto al 1995 (29,8), valore che sale a 32 anni per le madri di cittadinanza italiana.

Sette nati su cento hanno una madre ultraquarantenne

Quasi il 7% dei nati ha una madre di almeno 40 anni, mentre prosegue la diminuzione dei nati da madri di età inferiore a 25 anni (nel 2011 sono il 10,9% del totale). Considerando le sole donne italiane la posticipazione della maternità è più accentuata: il 7,7% sono ultraquarantenni e solo l’8,2% ha meno di 25 anni.
Il dato medio nazionale nasconde significative differenze territoriali: il calendario delle nascite è tradizionalmente anticipato nelle regioni del Mezzogiorno, dove la proporzione di nascite da madri italiane al di sotto dei 25 anni è in media del 12% (il 15,7% in Sicilia, il 13,8% in Campania), mentre le madri con almeno 40 anni sono mediamente il 6%; i casi di particolare “invecchiamento” delle madri italiane si registrano in Sardegna, dove la percentuale dei nati da madri ultraquarantenni raggiunge il 10,1%, in Liguria (10,6%) e nel Lazio (10%).

In continuo calo le madri minorenni

Prosegue la diminuzione delle nascite da madri minorenni, pari a 2.160 nel 2011 (erano 2.434 nel 2009), un valore inferiore di circa un terzo rispetto a quello registrato nel 1995 (3.142 unità). Considerando solo le madri italiane il valore scende a 1.740 nati (0,4% del totale). Anche questo fenomeno, ormai marginale, presenta una forte caratterizzazione territoriale. È pressoché trascurabile al Nord, dove in media le nascite da madri italiane minorenni sono lo 0,2% del totale, mentre assume ancora oggi rilievo in alcune regioni del Mezzogiorno: 408 nati in Campania, lo 0,8% dei nati della regione, e 497 in Sicilia, pari all’1,1% dei nati totali.

I padri italiani con una partner straniera sono i genitori più “anziani”

Al momento della nascita del figlio i padri hanno in media 36 anni e le madri 33 quando i genitori sono italiani, mentre nel caso di genitori entrambi stranieri l’età media si abbassa di qualche anno (rispettivamente 33,9 anni per i padri e 28,6 per le madri) e si allarga il differenziale di età dei genitori fino a circa 5,3 anni. Il divario di età più ampio (oltre 7 anni) si riscontra, tuttavia, nella tipologia padre italiano e madre straniera; questa differenza è dovuta al fatto che gli uomini italiani sono in questo caso più anziani (38 anni in media), rispetto ai connazionali che hanno avuto un figlio con una donna italiana, mentre le madri straniere sono relativamente più giovani (31 anni di media).
Un nato su quattro ha genitori non coniugati; quasi uno su tre al Centro-nord
Sono circa 134 mila i nati da genitori non coniugati nel 2011, in linea con l’anno precedente; tuttavia a causa della forte diminuzione dei nati da coppie coniugate il loro peso relativo è aumentato dal 23,6% del 2010 al 24,5% del 2011. L’incidenza del fenomeno è triplicata rispetto al 1995, quando soltanto l’8,1% delle nascite avveniva al di fuori del matrimonio; la geografia, al contrario, è invariata con valori decrescenti man mano che si procede da Nord verso Sud.
L’incremento più consistente negli ultimi anni si è verificato proprio al Centro-Nord, dove i nati da genitori non coniugati sono attualmente quasi il 30%. Alle regioni in cui, tradizionalmente, la propensione ad avere figli al di fuori del matrimonio era già più elevata (47% nella Provincia Autonoma di Bolzano, 37% in Emilia-Romagna e Valle d’Aosta, 35% in Liguria, 34% in Toscana e 32% in Piemonte) si sono aggiunte tutte le altre. Il fenomeno si è diffuso rapidamente anche nelle aree caratterizzate storicamente da comportamenti familiari più tradizionali come il Veneto, regione in cui l’incidenza dei nati fuori dal vincolo matrimoniale è più che triplicata (dal 6,8% del 1995 al 26,3% del 2011).
Al Centro hanno raggiunto percentuali paragonabili a quelle del Nord la Toscana (32,3%) e il Lazio (28,6%). Alle Marche spetta il primato dell’incremento più sostenuto: la percentuale dei nati da genitori non coniugati è quintuplicata, passando dal 5,3% del 1995 al 26,2% del 2011.
Il Sud e le Isole presentano incidenze molto più basse e anche i minori incrementi nel periodo di tempo considerato: dal 1995 al 2011 sono passate rispettivamente dal 5,2% al 15,3% e dall’8,7% al 20,3%. Spetta alla Basilicata il livello minimo (10,3%) e alla Sicilia l’incremento minore (dall’8,7% al 18,0%). Il dato della Sardegna, invece, presenta valori che la avvicinano di più al Centro-nord (28,5% di nati da genitori non coniugati sul totale).
L’incidenza e la geografia del fenomeno appena descritte si confermano anche per i soli nati da genitori entrambi italiani.
Qualche considerazione diversa va fatta quando si considerano i comportamenti dei cittadini stranieri. La proporzione di nati da coppie non coniugate, infatti, è sostanzialmente identica quando si considerano le coppie di genitori entrambi italiani (24,6% dei nati nel 2011), mentre è più bassa nel caso di coppie di genitori entrambi stranieri (18,9%). Il dato più accentuato riguarda le coppie miste: in questo caso circa il 38% dei bambini nasce al di fuori del matrimonio. Si tratta infatti spesso di una seconda unione per almeno uno dei due genitori al cui interno è meno frequente il fenomeno delle seconde nozze.

1,3 figli in media per le donne italiane, 2 figli per le straniere

La fecondità rappresenta la propensione alla riproduzione di una popolazione. L’intensità della fecondità si misura rapportando le nascite alla popolazione femminile in età feconda5, in modo da ottenere un indicatore sintetico, il numero medio di figli per donna (o Tft – Tasso di fecondità totale), che consenta di monitorare l’evoluzione del fenomeno nel tempo e nello spazio.
Nel 2011 le residenti in Italia hanno avuto in media 1,39 figli per donna, in linea con la diminuzione osservata a partire dal 2008. L’aumento della fecondità registrato a partire dalla seconda metà degli anni Novanta ha dunque subito una battuta d’arresto dopo aver raggiunto il livello massimo di 1,42 figli per donna nel 2008. La riduzione della fecondità ha interessato tanto le donne di cittadinanza italiana, passate da 1,32 figli per donna del 2008 a 1,3 figli per donna del 2011, quanto quelle di cittadinanza straniera passate rispettivamente da 2,31 a 2,04 figli per donna. Va segnalato che la nuova fase di diminuzione avviatasi nel 2009 si è verificata in un quadro di congiuntura economica sfavorevole che verosimilmente sta agendo nel verso di una procrastinazione delle nascite sia per le donne italiane che per le donne straniere.
Il fenomeno della posticipazione delle nascite, tuttavia, è in atto nel nostro Paese dalla metà degli anni ’70. Lo spostamento della fecondità verso età più mature appare evidente dalla figura 4, in cui si confrontano i tassi di fecondità per età del 1995 e del 2011. Si osservano, per il complesso delle donne residenti, tassi di fecondità più elevati nelle età superiori a 30 anni, mentre nelle donne più giovani si continua a riscontrare una diminuzione dei livelli di fecondità. Questo fenomeno è ancora più accentuato se si considerano le sole cittadine italiane.
Le cittadine straniere, al contrario, hanno un calendario della fecondità decisamente più anticipato: l’età media delle donne alla nascita dei figli è di 28,3 anni rispetto ai 32 delle cittadine italiane.
L’analisi territoriale conferma che attualmente i livelli di fecondità sono lievemente più elevati nelle regioni del Nord e del Centro (1,4 figli per donna contro 1,3 del Mezzogiorno); in particolare il primato spetta alle donne residenti nelle Province Autonome di Bolzano e Trento (1,6 figli per donna), in Emilia-Romagna (1,46) e in Veneto (1,44). Questa geografia è il risultato del diverso contributo delle donne straniere per le quali i livelli più elevati della fecondità si registrano, tra le residenti al Nord-ovest o al Nord-est: rispettivamente 2,19 e 2,16 figli per donna contro 1,28 figli delle residenti di cittadinanza italiana. Hanno in media un numero più contenuto di figli le straniere che risiedono al Sud e nelle Isole (rispettivamente 1,77 e 1,87 figli per donna), dove la fecondità delle donne italiane è ancora relativamente più elevata, in media 1,31 figli per donna, con il massimo di 1,39 in Campania e 1,37 in Sicilia.
I risultati fin qui analizzati suggeriscono alcune considerazioni sull’evoluzione recente della fecondità che è aumentata, tra il 1995 e il 2008, dove:
– si è registrato un recupero delle nascite precedentemente rinviate da parte delle donne di cittadinanza italiana;
– c’è una presenza straniera più stabile e radicata e quindi più nati stranieri o con almeno un genitore straniero;
– si sono affermati nuovi modelli familiari: coppie miste, coppie non coniugate.
Questo è accaduto, in particolare, nelle regioni del Nord e in misura minore del Centro, mentre nel Mezzogiorno è proseguito il fenomeno della denatalità a causa della posticipazione delle nascite, ancora in atto da parte delle cittadine italiane, non compensata dalla quota, ancora modesta in questa area, di nascite di bambini con almeno un genitore straniero.
Il quadro descritto per il triennio 2009-2011 lascia un discreto margine di incertezza in merito alle determinanti dei cambiamenti dei comportamenti riproduttivi. L’incertezza è dovuta alla concomitanza dell’inversione di tendenza della fecondità con il dispiegarsi degli effetti della congiuntura economica sfavorevole. Non è tuttavia ancora possibile stabilire un legame di causa- effetto tra i due fenomeni in quanto il periodo di osservazione è ancora troppo breve. A ciò si aggiunga che i comportamenti demografici reagiscono con minore elasticità alla variazione della congiuntura economica rispetto a quanto avviene per i comportamenti economici, come possono essere i consumi.

Fonte: Istat

 

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