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Verso un mercato unico del lavoro?

di Fabio Germani

La disoccupazione giovanile si attesta al 49,9% in Spagna, al 48,1% in Grecia, al 35,1% in Portogallo e oltre il 30% anche in Italia. In altri paesi dell’eurozona, ad esempio in Germania, i giovani senza lavoro rappresentano il 7,8%, del campione. La crisi economica, insomma, ha acuito quelli che sono i divari tra i Paesi “periferici” dell’Ue e quelli più virtuosi, accentuando perciò la geometria variabile del mercato europeo del lavoro.
L’11 e il 12 ottobre si è tenuto a Cracovia l’European Day 2012, l’appuntamento annuale dei circa 300 osservatori regionali del mercato del lavoro di tutta Europa. L’iniziativa nacque nel 2005 per volontà dell’Università di Francoforte, sebbene in principio fosse organizzata in ambito esclusivamente accademico. È con il passare del tempo che si è creato un network aperto agli operatori, al fine di raccogliere informazioni, esperienze e dati in grado di evidenziare un quadro di insieme il cui obiettivo è l’istituzione di un mercato unico del lavoro. Tra i maggiori ostacoli – è stato spiegato nel corso della conferenza stampa che si è tenuta il 29 novembre nella sede dell’Eurispes, a Roma – figura la scarsa mobilità a livello comunitario. Il trend, già osservato nel Rapporto Monti del 2010, è pari al 25% e solo il 10% dei cittadini ha compiuto un’esperienza di lavoro all’estero. Il 14%, invece, si è rivolto a servizi di collocamento privati e il 21% ad agenzie pubbliche. “Ma il vero problema – ha affermato Marco Ricceri, segretario generale dell’Eurispes – è l’attribuzione di competenze e qualifiche. Su 1.300 qualifiche il riconoscimento è scattato solo per otto, nove di esse. Un ritardo del genere blocca ulteriormente la mobilità sociale”.
Tanto è dipeso dalla crisi economica come dimostra il caso della Sardegna. Da questo punto di vista, infatti, la regione non può dirsi propriamente un’isola felice: molte aziende stanno abbandonando i siti produttivi e il rincaro delle tariffe per il trasporto marittimo e aereo – sia delle merci che delle persone – nonché l’aumento dei costi energetici, rendono la terra sarda poco attrattiva per eventuali investitori. La Sardegna presenta un tasso di disoccupazione al 15% (dati Istat aggiornati al secondo semestre 2012), mentre la disoccupazione giovanile (15-24 anni) è al di sopra del 40%, con una crescita del 52% – rispetto al 2011 – dei percettori di ammortizzatori sociali in deroga. In questo senso, il network europeo degli osservatori regionali del mercato del lavoro vuole essere un serbatoio di idee e di proposte da applicare nel prossimo futuro. “La mole di informazioni reperite – è stato il suggerimento di Renato Fontana, professore di sociologia del lavoro all’Università La Sapienza – dovrebbe servire ad amministrare i mercati del lavoro. Dal secondo semestre del 2007 al secondo semestre del 2012 in Italia hanno perso il posto di lavoro un milione e mezzo di giovani. È necessario ragionare sulla possibilità di armonizzare le politiche sulla base dei processi culturali che, anche antropologicamente, caratterizzano i diversi tessuti sociali. Il sistema economico, spesso – ha proseguito Fontana – non valuta le differenze come elementi di ricchezza. I giovani, dunque, rappresentano una sorta di ‘lista di attesa’ e le differenze sociali si trasformano in ingiustizie sociali”.
“Il network europeo – ha invece sostenuto il capo direttore scientifico del Crisp dell’Università degli Studi di Milano Bicocca, Mario Mezzanzanica – è una sfida interessante. Credo sia importante valorizzare il concetto di informazione per migliorare la conoscenza che, nel caso del mercato del lavoro, è poco quantitativa e non tiene conto di alcune variabili. Il mercato del lavoro negli ultimi anni è stato caratterizzato da un’elevata mobilità contrattuale, accresciuta con la crisi economica. Prima il lavoro era un percorso all’interno di un’unica azienda, oggi non è più così. Nelle regioni del Nord è stato rilevato un tasso di turn over pari al 30% e al Sud del 40-50%. Cambiano le condizioni e inevitabilmente devono cambiare le politiche. Non basta fare i paragoni con gli altri Paesi. La disoccupazione giovanile nel 2013 – ha concluso Mezzamanica – potrebbe raggiungere la soglia del 40% e alcune regioni del Mezzogiorno già ora presentano ‘tassi spagnoli’”.

 

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