I minori e le mafie
Circa 700 mila minori vivono in uno dei 178 comuni sciolti almeno una volta per mafia negli ultimi 20 anni: comuni (e minori) dislocati nella stragrande maggioranza in Campania, Sicilia, Calabria e Puglia, con alcune propaggini nel Lazio e in alcune regioni del Nord (Liguria e Piemonte).
Tre quarti della popolazione complessiva del Mezzogiorno vive in 610 comuni con indicatori manifesti di alta densità criminale. Crescere in un territorio infettato dal virus delle mafie significa dover fare i conti fin da piccoli con un sistema economico, politico e sociale, profondamente alterato dalle sue fondamenta. La criminalità organizzata si insidia nel cuore del sistema economico e finanziario legale, distorce le regole del mercato e della concorrenza, condiziona l’attività della pubblica amministrazione, il sistema degli appalti pubblici, la capacità del territorio di attrarre investimenti. Genera usura, estorsioni, pizzo, a danno delle famiglie. Crea un’“economia parallela” che sottrae risorse umane e finanziarie e all’economia legale impedendone lo sviluppo: la conseguenza è che l’illegalità è riconosciuta come unica fonte possibile di reddito, in un circuito vizioso in cui “la bassa crescita dell’economia legale genera, a sua volta, sottoccupazione o disoccupazione che spingono il capitale umano – tra cui molti giovani – ad allontanarsi negli ambiti di attività dell’economia illegale”. Si viene a creare così un’evidente contiguità tra criminalità organizzata e criminalità minorile: molti studi dimostrano come la criminalità minorile rappresenti un potenziale serbatoio, un vero e proprio “vivaio” dal quale la criminalità organizzata può attingere. Dal 1 gennaio 2010 al 31 marzo 2011, 128 minori/giovani adulti erano stati denunciati per reati associativi – 51 per associazione a delinquere, 12 per associazione di tipo mafioso, 72 per traffico di stupefacenti – nella maggior parte dei casi di nazionalità italiana, di genere maschile, residenti nel Sud e nelle isole. Oltre ai minori direttamente coinvolti a diversi livelli nell’attività criminale, preoccupa il fenomeno dei cosiddetti “ragazzi alone”, che pur non essendo imputati, né appartenendo a famiglie mafiose, “sono lambiti dall’alone mafioso”. Ragazzi che vivono un’adesione immaginaria e simbolica alla mafia, “una sorta di affinità elettiva, che li rende pronti a mettersi a servizio e a compiacere famiglie mafiose, al fine di essere beneficiati un giorno da
un accoglimento nella famiglia d’onore”.
Fonte: Atlante dell’Infanzia di Save the Children