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Le proposte dei partiti sul lavoro

di Noemi Debbi

Si dice che la corteccia sia la parte del cervello in cui risieda l’intelligenza, e che il talamo, più piccolo ed interno, accolga la sfera istintuale. Detto questo la questione è: chi guida i nostri processi decisionali, la ragione o l’impulso?
Capita qui a pennello il dottor Marius Usher della Scuola di Scienze Psicologiche di Tel Aviv che ha scoperto come nel 90% dei casi, chi sceglie in balia di un “raptus” ottiene un risultato più fruttuoso di un qualsiasi altro cervellotico calcolatore delle possibilità. Forse un retaggio della nostra vita scimmiesca, dove più che il test del DNA del pargolo di Balotelli, il problema era sopravvivere in mezzo alla foresta.
Detto questo, si spera che qualunque sia il processo mentale che guidi il 30% di indecisi alle prossime elezioni, essi scelgano una lista decente.
Emergenza generazionale. Stando ai dati dell’Istat i disoccupati di età compresa tra i 15 e i 24 anni sono 641 mila, cioè il 37,1% delle forze di lavoro di quell’età. Un fatto gravissimo in un paese dove troppi sono costretti a uno sfruttamento disumano che si cela sotto il nome di Stage o Tirocinio; un paese dove questi sono costretti all’incubo del tempo determinato e del “rimborso spese”, dove la ricerca è affossata e l’università sanguina iscrizioni. Una prostituzione intellettuale degna del peggior sottosuolo è quella che l’Italia chiede ai suoi giovani, al suo futuro.
Le proposte. “Il Pd è il partito del lavoro. Il nesso tra diritti di cittadinanza e diritti sociali è indissolubile. Il lavoro è fonte di identità della persona umana e, al tempo stesso, come indicato all’art 1 della nostra Costituzione, fonte di cittadinanza democratica”, si legge sul manifesto del primo partito secondo le rilevazioni delle scorse settimane. Tra i punti programmatici: l’incentivo al contratto a tempo indeterminato, l’introduzione di un salario minimo, la delimitazione dei contratti a progetto e di quelli a chiamata .
Il Pdl invece presenta un programma più pulito e conciso, forse il solo più attento alle logiche giovanili: diversi tipi di apprendistato in base all’età, una stretta sull’abuso dei tirocini e tasse al minimo per i giovani che vogliono aprire una nuova attività.
Solito linguaggio forbito e altisonante per Sel, con un manifesto libresco di cinquanta pagine che solo a vederlo si perde la voglia di leggerlo, ma che mira a “investire sullo stato sociale” inteso come “una condizione essenziale allo sviluppo e alla coesione”, tradotto in parole comprensibili ai comuni mortali: reddito minimo garantito e riforma delle pensioni.
“L’Italia non potrà dispiegare il proprio potenziale di sviluppo economico se non riuscirà a valorizzare maggiormente le donne”. Furbesca scelta elettorale o più onestamente scelta etica? Per risponderci decidiamo: o ragione o istinto. Fatto sta che Monti punta sulle donne e sui giovani, annunciando una riforma che incentivi la formazione e l’inserimento nel mondo del lavoro, non rinunciando però al concetto di “flessibilità”.
Il M5S invece evita accuratamente la proposta di una riforma del lavoro, grave pecca per un movimento che è stimato su buone percentuali. Dopo tutto leggiamo sul sito che: “Il MoVimento 5 Stelle è una libera associazione di cittadini. Non è un partito politico né si intende che lo diventi in futuro”. Che sia solo un’istanza che si fa portavoce della generale volontà popolare o che miri dritto dritto e malandrino al governo? Altra questione di scelta. Questa volta si auspica guidata dalla ragione.

 

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