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Il codino più famoso d’Italia

di Matteo Buttaroni

Classe ’67, 16esima posizione nella classifica dei migliori calciatori del XX secolo: è l’ex-attaccante e fantasista Roberto Baggio.
Pur non avendo mai vinto la classifica marcatori è il sesto goleador di sempre con 205 realizzazioni. Inoltre è stato inserito da Pelè nel FIFA 100, l’elenco dei 125 calciatori ancora in vita più forti di sempre. Sono questi i numeri che hanno reso Roberto Baggio uno dei calciatori e personaggi italiani più famosi al mondo. Questo è il Roberto Baggio calciatore, ma su ogni medaglia c’è sempre un’altra faccia meno nota. Un lato, quest’ultimo, in comune con molti giocatori ma allo stesso tempo diverso. Diverso dal tipico assioma che vorrebbe il genio legato alla sregolatezza, alle belle donne o all’alcol in stile George Best per intenderci. Baggio, ad esempio, non ha mai fatto beneficenza per farsi pubblicità. Anzi, più passa il tempo e più il suo ricordo deriva dalle sue magie sui campi di gioco. Insomma, tutti ricordano chi è Roberto Baggio ma non tutti sanno per filo e per segno cos’ha fatto. Proprio per dare luce a questo Roberto Baggio, Fabio Fazio lo ha “convocato” sul palco dell’Ariston, in occasione del Festival di Sanremo, per parlare ai giovani. Prima di lasciare lo spazio ad un timido ex calciatore, il presentatore rivela quel misterioso Baggio senza divisa: ambasciatore della Fao da circa dieci anni, ha compiuto viaggi umanitari in luoghi come il Laos, massacrato dalle mine anti-uomo del post guerra del Vietnam, o in Perù, soffocato dalle inondazioni. Esperienze, secondo Baggio, toccanti e piene di insegnamenti. Questo nuovo lato non è sfuggito però alla commissione dei premi Nobel per la Pace che gli assegna, nel 2010, il Peace Summit Award, “per l’impegno forte e costante per il mantenimento della pace nel mondo e alle relative attività internazionali”.

La carriera del codino più famoso d’Italia inizia proprio con il Caldogno, all’età di 13 anni, per passare poi in serie C1 con il Vicenza. Da qui il suo talento si fece subito notare. Negli anni delle formazioni giovanili segno 110 gol in 120 partite. Grazie alle sue performance l’arrivo in prima squadra fu facile.
Dopo l’esordio nell’ultima di campionato nell’83, nel stagione successiva partì titolare fin da subito segnando 12 gol in 29 partite, portando il Vicenza in Serie B.
Poco prima di passare alla Fiorentina e quindi finalmente alla Serie A, nell’ultima partita del campionato 1984-85 subì un grave infortunio al menisco e legamento crociato che lo costrinse ad un riposo forzato di quasi un anno, periodo in cui, a seguito di una crisi, si convertì definitivamente al buddismo.
Dopo questo periodo di riposo e di pace interiore ecco, finalmente la Serie A. Il rientro in campo, tra la formazione viola, avvenne nel febbraio del 1986 a seguito della firma di un contratto da 2,7 miliardi di lire.
Pochi mesi dopo arriva un nuovo infortunio: lesione al menisco del ginocchio destro. Ristabilitosi grazie ad un intervento chirurgico rientrò in campo a fine stagione. E’ in questo campionato che, su puzione contro il Napoli, segnò il suo primo gol in Serie A.
L’anno successivo fu quello della sua ascesa: nella seconda giornata di campionato segna il suo secondo gol, questa volta al Milan e proprio a San Siro.
Con l’arrivo di Baggio la squadra toscana conquistò la finale di Coppa UEFA, che però perse contro la Juventus.
Grazie ai risultati raggiunti con la magia viola la rivista Guerin Sportivo gli conferì il “Trofeo Bravo” come miglio calciatore Under-23.
La prima convocazione in Nazionale, nel 1988 in un’amichevole contro l’Olanda in occasione del 90° anniversario della FIGC, gli diede il giusto risalto, tanto che il 18 maggio 1990 venne acquistato dalla Juventus per 25 miliardi di lire.
Il passaggio alla Juve portò la tifoseria viola a scendere in piazza per protestare contro l’allora presidente della Fiorentina, Ranieri Pontello. causando molti feriti.
Con la casacca bianconera segnò 78 gol e vinse uno scudetto, una Coppa Italia ed una Coppa Uefa.
Sotto la guida di mister Gigi manfredi segnò 27 gol di cui uno lo realizzò in casa contro il Barcellona durante la semi-finale della Coppa delle Coppe.
Sempre attaccato ai viola, il 7 aprile 1991 si rifiutò di tirare un rigore contro la Fiorentina, gesto tutt’oggi ricordato dalla tifoseria toscana. La stagione 1992-1993 venne chiusa da Baggio con 21gol e con la fascia da capitano al braccio. L’anno successivo portò la Juventus alla vittoria della Coppa Uefa, segnando una doppietta in casa al Paris Saint-Germain all’andata e un gol che vale la finale in casa dei francesi. In finale la Juventus incontrò il Borussia Dortmund. Nella gara di andatà è ancora una doppietta di Baggio ad avere la meglio, vittoria confermata in casa dove la Juve si aggiudica il trofeo grazie ad un 3 a 0 secco.
Fu questo uno degli anni d’oro di Roberto baggio, anno in cui il fenomeno si aggiudicò il Pallone D’Oro e il Fifa World Player.
Dal 1992 al 1995 la sua carriera fu segnata profondamente da una serie di infortuni, cinque per l’esattezza. Nonostante ciò nel 1994 riesce comunque a piazzarsi secondo nella classifica per il Pallone D’oro e terzo in quella del FIFA World Player.
Fu la mancanza dal campo a causa degli infortuni che portò la dirigenza torinese a puntare su Alessandro Del Piero e a liberarsi di Baggio, cedendolo al Milan.
L’acquisto di Baggio costò al Milan 18,5 miliardi di lire. Soldi ben spesi dato che, sotto la guida di Fabio Capello, Robby Baggio contribuì alla vittoria dello scudetto. Tuttavia non venne convocato dalla nazionale guidata da Sacchi che si fermò ai preliminari degli europei del ’96.
L’anno successivo il neo tecnico del Milan, Oscar Washington Tabárez, decise di puntare unicamente sul duo Baggio-Weah. Robby esordì così anche nella Uefa Champions League dove lo scarso rendimento lo costrinse in panchina per far spazio a Marco Simone.
Dopo una serie di risulati negativi il Milan esonerò Tabarèz e richiama Arrigo Sacchi che lo relegò in panchina. Nonostante le ragnatele fatte sulla panchina milanista venne convocato tra le file della Nazionale segnando un gol alla Polonia al San Paolo di Napoli, qualificando così l’Italia ai mondiali di Francia 1998.
Nel 1997 salutò il Milan. Quella successiva di Bologna fu una delle avventure più significative per Baggio. Con la casacca rosso-blu l’attaccante segnò infatti 22 gol in 30 presenze. Numeri che gli fecero guadagnare la convocazione definitiva ai Mondiali con la Nazionale di Cesare Maldini.
Finì presto anche l’avventura bolognese, forse per qualche dissapore con il mister Ulivieri. Baggio si trasferì quindi all’Inter di Gigi Simoni.
Quella del 98-99 fu probabilmente una delle annate più difficili per la squadra di Moratti, oltre ai vari cambi nelle panchine che si chiusero con la guida definitiva di Castellini, passando per Lucescu e Hodgson, ci fu anche il grave infortunio di Ronaldo. Unico raggio di sole in un’annata troppo buia, la doppietta proprio di Baggio al Real Madrid detentrice della Champions League. Nella breve parentesi di Marcello Lippi, Baggio tornò un po’ in ombra e sotto la sua guida chiuse anche la propria permanenza all’Inter. Fu il passaggio al Brescia di Carletto Mazzone a far rivivere a Baggio una seconda giovinezza.
Dopo una lunga stagione tra successi con il Brescia e gli infortuni (è in questo frangente che raggiunse i 205 gol in Serie A), Baggio decise di appendere gli scarpini al chiodo.

Su proposta del presidente della FIGC, Giancarlo Abete, nel 2010 divenne presidente del Settore tecnico della Federazione ruolo abbandonato nel gennaio scorso affermando: “Non ci tengo alle poltrone. Il mio programma di 900 pagine, presentato a novembre 2011, è rimasto lettera morta, e ne traggo le conseguenze”.
Il Divin Codino è l’unico giocatore ad avre segnato in tre diverse edizioni con la maglia azzurra. E’ stato vicecampione del mondo. Nel 2002 fece parte della formazione immaginaria del FIFA World Cup Dream Team. Un curriculum che ha pochi eguali, in Italia.

 

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