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Il caso marò e le distanze tra Italia e India

di Fabio Germani

caso_marò_italia_indiaFa sapere l’Unione europea di non essere stata avvertita della decisione italiana di far rientrare i due marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre in India, così come in precedenza non era stata informata della decisione di trattenerli in Italia.
Il caso dei due militari accusati di avere ucciso due pescatori indiani il 15 febbraio del 2012 a bordo della petroliera Enrica Lexie (battente bandiera italiana) al largo delle coste del Kerala, è di fatto divenuta una questione internazionale che ha incrinato i rapporti tra i Paesi. La volontà del ministro degli Esteri, Giulio Terzi, di non farli ripartire alla scadenza del permesso elettorale non era stata presa bene da Nuova Delhi. E così, informava una nota di Palazzo Chigi diramata nella serata di giovedì, il governo ha optato per la misura meno complicata: far tornare i marò in India, a patto che non venga loro riservata la pena massima (cioè la morte) per il reato di cui sono accusati. L’India ha rassicurato l’Italia e Girone e Latorre sono tornati indietro.
Questo, in soldoni, il sunto delle ultime settimane. Ma il caso parte da molto tempo prima, vale a dire da quando i due Paesi hanno iniziato a litigare su chi avesse la giurisdizione o meno. Il fatto risalente al febbraio dell’anno scorso sarebbe avvenuto a circa 20,5 miglia marine dalla costa indiana. La Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (a cui aderiscono tanto l’Italia quanto l’India) definisce acque territoriali lo spazio di mare che dalla costa giunge sino a 12 miglia nautiche. Dunque, se l’evento si è verificato oltre, ovvero in acque internazionali, allora la giurisdizione è di competenza italiana. L’India, però, ha sempre risposto picche e ha ritenuto opportuno trattenerli sostenendo – posizione dubbia, quantomeno – la teoria secondo cui la collocazione dell’accaduto rientri nella propria zona economica esclusiva. Di qui la necessità, secondo Roma, di risolvere la controversia tramite un arbitrato internazionale. L’impassibilità dell’India rispetto alla proposta avrebbe perciò spinto la Farnesina ad una decisione estrema – dubbia anch’essa, viste le rassicurazioni sul rientro dei marò – che ha rischiato di compromettere il lavorio di un anno oltre all’obbligo di non lasciare il Paese imposto all’ambasciatore italiano, Daniele Mancini.
L’Unione europea è il maggior partner commerciale dell’India (l’Italia, in particolare, occupa una posizione di rilievo) e una disputa protratta nel tempo non è certamente un vanto neppure per Bruxelles. Martedì alla Camera i ministri Terzi e Di Paola (Esteri e Difesa) riferiranno alla Camera.

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