La missione impossibile di Bersani
L’incarico è arrivato, ma gravido di incertezze. Pier Luigi Bersani ha ricevuto il compito di formare il nuovo governo, nonostante la sua coalizione non abbia i numeri per ottenere la maggioranza in Parlamento. Il segretario del Pd ha così avviato una strategia attenta all’apertura della politica all’esterno. Il metodo è lo stesso che ha portato all’elezione di Laura Boldrini e Pietro Grasso come presidenti di Camera e Senato. La crisi economica è la principale preoccupazione che emerge dalla consultazioni con le parti sociali. La comunicazione è incentrata sulla sostanziale prudenza di fronte all’elevato grado di esitazione che caratterizza l’attuale fase politica.
Dialogo sui fatti. Bersani ha sposato con caparbietà la linea degli “otto punti” per tentare l’accordo sui provvedimenti. Ma la sua teoria è in parte smentita dalla consapevolezza che all’Italia «serve un miracolo» per risollevarsi dalle difficoltà in cui è finita. Dunque diventa complicato immaginare un cammino rapido delle leggi in un contesto di esecutivo di minoranza. Il percorso esplorativo avviato dal leader di centrosinistra appare, perciò, un viatico per il governo del Presidente, unico vero sbocco indicato dagli osservatori esterni per riunire Pd e Pdl sotto una riedizione riveduta e corretta dell’esperienza Monti. Con il Professore che però riveste il ruolo di figurante, disperandosi per la sua candidatura che lo ha portato all’irrilevanza e all’impossibilità a essere riproposto come premier di “unità nazionale”.
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