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Modigliani e gli artisti di Montparnasse

di Stefano Di Rienzo

modiglianiAttualmente presso la sede di Palazzo Reale a Milano si sta svolgendo una mostra dal titolo “Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti” (dal 20 febbraio 2013 al 20 aprile 2013).
L’esposizione vede la prima volta esposte in Italia le opere della collezione Jonas Netter: Modigliani e la Scuola di Parigi. “Tali opere non sono state mostrate al pubblico da più di settant’anni, e oggi ricompaiono come per magia come uscite da un altro mondo,” con queste parole Marc Restellini curatore della mostra da il senso all’esposizione.
Più di 120 opere in mostra per ricostruire il percorso di questi artisti che vissero in un periodo affascinante della storia dell’arte nel quartiere di Montparnasse a Parigi agli inizi del 900: Modigliani, Soutine, Utrillo, Suzanne Valadone, Kisling e molti altri.
Modigliani era sbarcato a Parigi nel 1906 sentendo quello che era il posto dove avrebbe potuto “salvare il suo sogno,” andando a vivere a Montparnasse che in quelli anni diventa il quartiere degli artisti non solo pittori ma anche scrittori come Hemingway e Miller, intellettuali come Jarry e Cocteau, rifugiati politici come Lenin e Trockij.
I luoghi di incontro sono le trattorie a buon mercato e le bettole-cantine in cui si tira tardi parlando di arte e politica e non di rado le discussioni terminano in risse. Le condizioni di vita sono per tutti assai misere, ma è il fuoco sacro dell’arte la consapevolezza che le loro opere stanno cambiando per sempre i canoni estetici dando la forza a Modigliani e compagni di andare avanti. Se l’impressionismo pur avendo apportato una rivoluzione nel modo di dipingere non usciva di fondo dai canoni del naturalismo, con i lavori di Modigliani, di Soutine, di Utrillo l’arte diventa autonoma dal soggetto ritratto e dalle tradizioni culturali e artistiche dei paesi di provenienza dei singoli artisti generando la priva vera rivoluzione nel mondo dell’arte e il ribaltamento dei canoni conosciuti.
E in questo contesto, scrive il curatore Marc Rastellini: “Questi spiriti tormentati si esprimono in una pittura che si nutre di disperazione. In definitiva la loro arte non è polacca, bulgara, russa, italiana o francese, ma assolutamente originale. Semplicemente è a Parigi che tutti hanno trovato i mezzi espressivi che meglio traducevano la visione, la sensualità, i sogni propri a ciascuno di loro.” Gli anni del Novecento corrispondono ad un periodo di emancipazione e di fermento che ha pochi eguali nella storia dell’arte. Ovunque in Europa era in corso una rivoluzione estetica, preludio ad una evoluzione dei costumi, ed è a Parigi prima a Montmartre e poi a Montparnasse che quegli artisti tutti ebrei si sono ritrovati per tentare la sorte. Ed ebreo era anche Jonas Netter, una figura importantissima per gli artisti in mostra, senza il quale molti tra loro non avrebbero avuto di che vivere e sostentarsi.
Il percorso espositivo articolato in sei sezioni mette a confronto i capolavori acquistati nell’arco della sua vita da Jonas Netter affascinato dall’arte e dalla pittura diventa un amateur illuminato e acuto riconoscitore di talenti grazie all’incontro con il mercante d’arte e poeta polacco Lèopold Zborowski anche egli ebreo. Netter conosce Modigliani, Soutine, Utrillo ed entra in contatto con Valadon, Kisling, Krémègne. La loro produzione lo affascina e lo spinge a sostenerli generosamente e a comprare dal mercante i loro lavori: Netter diventa quasi un “mecenate,” ispirato e geniale insieme, tanto che quando Modigliani è costretto a trasferirsi in Costa Azzurra a causa di problemi di salute compra dal giovane italiano abbastanza tele da permettergli di affrontare il viaggio durante il quale poi l’artista lavorerà intensamente.
Di Modigliani Netter ammira l’originalità del genio creativo, ama profondamente i suoi volti femminili stilizzati su lunghi colli affusolati come “Elvire Au col Blanc (Elvire à la Collerette)” del 1917-18 e “Filette en Robe Jaune (Portrait de Jeune Femme à la Collerette)” del 1917, entrambi esposti insieme a “Portrait de Zborowski” del 1916 e “Portrait de Soutine,” anch’esso realizzato nel 1916 dopo l’incontro tra i due artisti che stringono una solida amicizia al punto che è proprio Modigliani a presentare a Netter Soutine. Allo stesso modo Netter scopre i quadri del cosiddetto periodo bianco di Utrillo, soprattutto vedute, tra le quali sono presenti in mostra “Place de L’Eglise à Montmagny”, “Eglise de Banlieu e Rue Muller a Montmartre.” Netter decide di proteggere questo eterno fanciullo disincantato, preda sin dall’adolescenza dei fiumi dell’alcool, innamorato della madre Suzanne Valadon, valente e originale pittrice anche ella presente con le sue opere in mostra come “Ketty nue s’étirant” o “Eglise de Neyron.”
Se oggi noi ammiriamo questi lavori come capolavori assoluti dell’arte, dobbiamo tenere presente che all’epoca in cui videro al luce venivano considerati veri e propri orrori. Per questo che l’intuizione di Netter appare una vera e propria profezia, oltre che un atto coraggioso e spesso disinteressato.
Poco si sapeva di Modigliani, oggi grazie al lavoro di ricostruzione di Restellini possiamo farci un’idea del suo volto grazie al ritratto che egli fece, riconosciuto da vecchie fotografie familiari, si tratta del “Ritratto di Kisling” (1915) anch’esso in mostra.

 

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