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Il diario dal Festival di Cannes/3

di Giampiero Francesca

festival_cannes_le_passéTerzo giorno di festival e terzo giorno di diluvio. In attesa che i meteorologi portino buone notizie prendiamo possesso del Teatro Grand Lumiérè, luogo di culto del festival di Cannes, arena della selezione ufficiale. Tre sono infatti le proiezioni che intendiamo seguire dalle comodissime poltroncine dell’enorme sala: Le Passè di Asghar Farhadi, Jimmy P. (Psychotherapy of a plains indian) di Arnaud Desplechin e Tian zhu ding di Jia Zhangke.
Ma prima dobbiamo render conto di ciò che è stata l’apertura della sezione Un Certain regard, ovvero del tanto atteso The Bling ring di Sofia Coppola. Tratto da una surreale storia vera, un gruppo di giovanissime ladre che svaligia le abitazioni delle star americane, il racconto della Coppola è un ritorno ad un cinema divertito e divertente, lontano dalle etere riflessioni di Somewhere. Mantenendo intatta tutta la sua maestria stilistica, che ne fa una delle autrici esteticamente più interessanti del panorama mondiale, la figlia d’arte di Francis Ford punta dritta ad un cinema d’intrattenimento, come mai prima d’ora aveva fatto. I tentativi di ricondurre The Bling ring a più alte riflessioni sembrano infatti del tutto forzate per una pellicola che resta uno splendido divertissement. Con una colonna sonora come sempre straordinaria e un cast in cui spicca l’ex maghetta Emma Watson, il film di Sofia Coppola è sicuramente il prodotto migliore passato fin qui a Cannes.
Per la legge del contrappasso dopo una pellicola tanto divertente non poteva che arrivare un dolorosissimo dramma familiare. Le Passè di Asghar Farhadi, balzato agli onori delle cronache per il successo di Una Separazione, è infatti un racconto di separazioni e allentamenti, sentimenti mancati e occasioni perse, rimorsi e frustrazioni. Nei volti e nelle parole dei bravissimi protagonisti il regista iraniano coglie i drammi di destini che si incrociano e scontrano, senza trovare una pace interiore. La parziale catarsi finale è infatti ben poca cosa davanti alla malinconia accumulata per tutto l’arco della pellicola. Malinconica che ci accompagna anche fuori dalla sala, mentre scappiamo via per indossare abito e papillon; la proiezione di Jimmy P. (Psychotherapy of a plains indian) è proiezione di gala.
Il film di Arnaud Desplechin mette in scena il rapporto fra Jimmy Picard (Benicio Del Toro), indiano d’America dal complesso passato, e Georges Devereux (Mathieu Amalric), antropologo specializzato proprio nello studio dei nativi americani. Attraverso le sedute di psicanalisi il regista francese dirige un giallo dell’anima, che ricostruisce, tassello dopo tassello, l’incredibile (seppur tratta da una storia vera) vita del protagonista. Pellicola sai ritmi godibili, seppur scontata in molte svolte narrative, Jimmy P. (Psychotherapy of a plains indian) dimostra ancora una volta l’alta qualità media dei film in concorso in questa edizione del festival.
Prima di rientrare nuovamente in sala per il film di Jia Zhangke, già in odore di premio, prendiamo una abboccata d’aria. Se il clima non migliorerà ci consumeremo fra un film e l’altro, senza soluzione di continuità. Per fortuna il programma di Cannes offre un numero tanto alto di pellicole interessanti da rendere quasi impossibile annoiassi. Ancora non siam entrati e già la mente vola alla giornata di domani, sono in arrivo i fratelli Coen.

 

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