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Editoria. Ecco la “Discussione” di Emilio Fede

di Fabio Ferri

Preambolo. Prima di iniziare si vede avvolto in un nugolo di giornalisti, tra microfoni, registratori e 3/4 videocamere. Martedì mattina, 25 giugno, all’interno dell’Hotel Nazionale, in piazza Montecitorio, sembra una rimpatriata di alpini in pensione, riscaldati solo da qualche ricordo e neppure da un goccio di grappa. Non si vedono rinfreschi, spesso vero obiettivo di chi partecipa alle conferenze stampa, forse lo prepareranno in seguito. C’è una signora, non troppo agée ma sicuramente non più una ragazza, sui 40, forse più forse meno, in ambito estremamente formale vista la situazione: quasi in abito da sera, se non fosse il vestito troppo corto (ne parleremo in seguito). Appena si siede il neo-direttore de La Discussione, viene colpito da una mitraglia di flash che lo immortalano, come un divo. Le 3/4 videocamere che lo stavano intervistando fuori fanno il loro ingresso con operatori e giornalisti microfonati a seguito: inibendo la mia intenzione di tirar fuori una minicamerina che sfigurerebbe di certo. E scopro di soffrire di invidia dell’obiettivo.

emilio_fede_discussioneLa Discussione. Antonio Falconio passa in rassegna la storia del quotidiano fondato da Alcide De Gasperi, con un equo ma sentito profluvio di aggettivi positivi (tutti riferiti al passato). Parla della fine della Discussione (che nel corso degli anni vedrà funerali e battesimi) durante Mani Pulite, una volta che la Balena Bianca era stata ben sventrata (dentro e fuori): fa sorridere più di qualcuno il fatto che per varare il nuovo corso del quotidiano (che sarà un settimanale) è stato scelto Emilio Fede: con qualche guaio con il tribunale di Milano. Ancor di più se si pensa che la presentazione ufficiale viene fatto il giorno dopo della condanna di Silvio Berlusconi.
Giampiero Catone sembra invece voler parlare del presente, e in parte della nuova era della Discussione.
«Abbiamo chiesto a colleghi di partecipare gratuitamente» al nostro progetto, l’importante sottolinea è che ci sia un confronto onesto e proficuo. Anche se non si parlerà di stipendi. Catone tiene a sottolineare quale sarà la linea editoriale del giornale «prima che qualcuno me la chieda»: “moderatamente moderati”.
L’essenza della vecchia Dc ad una prima annusata. Anche se poi nel corso della mattinata spiegherà meglio qual è la linea: “dare voce a chi non ha voce”. Subito dopo verrà detto che La Discussione vuole essere capofila di un movimento politico nazionale (cosa che viene ripetuta in più di una occasione), rappresentante di chi non ha voce, chi non urla, i moderati: quel “50% di persone che non si esprimono”. Fatto il giornale ora tocca fare il partito.
Alberto Maccari vuole ridare nuovo lustro più che alla testata alla parola “discussione”. Lui poi in maniera chiara spiega la sua motivazione a partecipare a questo progetto: «Son pensionato e posso permetterlo».
L’andamento della conferenza stampa sembra seguire uno schema ben chiaro: dialettica passato/presente per preparare gli astanti al nuovo direttore: la star, il futuro.
conferenza_fede_discussioneEmilio Fede è in gran spolvero, galvanizzato dalla situazione, esordisce con una battuta: «Sono in difficoltà a parlare davanti le telecamere»; continuando poi sulla stessa scia, «Ve lo do io il titolo: “giornale fondato da De Gasperi e affondato da Fede». Perché, ricorda Emilio Lo Sciupone (come lui stesso si appella continuando nella presentazione), quando La Discussione nacque: «Io c’ero».
Da qui in poi ha inizio la vera presentazione (non è chiaro se della testata o del direttore nuovo): fatta soprattutto di riminiscenze (interviste allo stesso De Gasperi, Einaudi e Moro), aneddoti (facendo la gavetta venne cacciato letteralmente dal Messaggero perché aveva portato in redazione gli appunti di Di Vittorio, senza riuscire a decifrarli) e citazioni: una lezione sulla professione del giornalista (rispetto al mestiere del giornalismo mancava l’ambizione di salvare il mondo). Una lezione, che a tratti diverte, incuriosisce e fa tenerezza: ma poco insegna. Il cui succo è più o meno questo: “allora si lavorava per amore”. Poi una dritta, che è poi la vera linea editoriale, sempre sullo stesso filone un po’ amarcord. Fede dice che Moro lo voleva sempre accanto a se, anche con Gheddafi durante il suo primo intervento pubblico. Ma lui, Fede, non era della Dc, non era amico della Dc (“nelle mie vene scorre sangue socialdemocartico, e non ho mai fatto politica”), ma neppure un nemico, e spesso è stato vicino anche ai politici dell’opposizione: questo il valore di un giornalista, dice. Un piacione col fiuto per le notizie, che deve avere buoni rapporti un po’ con tutti. Forse non sempre con i colleghi, almeno a sentire quello che dice nei confronti di Gad Lerner, che dopo la sentenza aveva apostrofato in malo modo Berlusconi (chiamato puttaniere): ma nulla di più di quello che lo stesso Fede aveva detto il giorno precedente durante una trasmissione su Radio 24.

Conclusione. Poche cose in definitiva che si potevano notare durante la conferenza stampa: altre battute; qualcuna sulla situazione giudiziaria di Fede, che non aggiungevano altro a quello che ha già detto a mezzo stampa in precedenza; uno sketch di mezzo minuto con un presenzialista capitato lì seguendo l’odore delle 3/4 videocamere; alcuni giornalisti che dopo avere fatto un’intervista ai vari direttori, editori, vicedirettori, provavano a proporsi professionalmente (alcuni anche durante); che la signora con il vestito da sera eccessivamente trasparente in realtà è una componente della redazione della Discussione. E che alla fine non c’era alcun buffet.

 

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