La mia generazione ha perso. Senza nemmeno giocare
La mia generazione ha perso. La sconfitta la leggi negli occhi spenti dei miei coetanei che nella migliore delle ipotesi si arrabattano in lavori precari. Perché in genere si sbattono nell’invio del curriculum oppure scalano montagne di colloqui in cui ti offrono al massimo 400 euro ma “devi aprirti la partita Iva”. E spesso si schiantano contro annunci che garantiscono “massima visibilità”.
La mia generazione ha perso. La sconfitta la cogli in quello stesso curriculum da cui “devo togliere delle esperienze”. Perché altrimenti manco uno stage “con possibilità di inserimento” ti fanno fare. Sempre nell’utopica speranza che l’inserimento sia effettivo.
La mia generazione ha perso. La sconfitta la tocchi nell’impossibilità di costruire una famiglia che “non ce la possiamo permettere”. Perché dopo i sogni ti portano via anche l’amore, quasi quasi.
La mia generazione ha perso. La sconfitta la vedi nei trolley dei ragazzi che si imbarcano su voli low cost per “cercare fortuna” in altri Paesi. E tante volte la miracolistica ricerca della Dea Bendata lavorativa parte da mansioni che un laureato non merita di fare. Perché ti avevano promesso che studiando avresti avuto magnifiche sorti e progressive. T’avessero detto di non farlo, almeno avresti potuto avere il rammarico di non aver ascoltare il consiglio.
La mia generazione ha perso. E non può avere nemmeno il rimpianto di aver giocato male. Perché la mia generazione ha perso senza nemmeno giocare.
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