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È ancora l’Italia dei compiti a casa

di Fabio Germani

governo_lettaL’Italia dei compiti a casa, svolti con fare certosino, concluderà tuttavia il 2013 in recessione con un calo del Pil che, stando alle stime dell’Ocse rese note nella giornata di martedì, chiuderà a -1,8%. L’altra parte (negativa) della notizia è che l’Italia sarà l’unico Paese del G7 a registrare un dato simile entro la fine dell’anno.
Tutto, adesso, si gioca in poche settimane. E tanto, inutile negarlo, dipenderà dalla situazione politica (che ruota per lo più sulla decisione che la giunta del Senato prenderà sulla decadenza di Silvio Berlusconi) e dalla conseguente capacità di tenuta del governo Letta. Le parti sociali (Confindustria, Cgil, Cisl e Uil) hanno siglato nelle scorse ore un accordo sulla crescita da inserire nella legge di stabilità di cui il premier in persona si è fatto portavoce. Il documento ricorda un po’ il libro dei sogni, non fosse altro che alcune delle misure auspicate vengono richieste da molto (e da molto proposte, sommessamente, su questo giornale). Da un minore carico fiscale su aziende e lavoro ad una nuova e più equa tassazione sui “beni immobili dell’impresa strumentali all’attività”, passando per la valorizzazione di tutti quei settori strategici per il rilancio dell’economia nostrana che grosso modo comprendono innovazione, agenda digitale, green economy, riqualificazione del manifatturiero e riduzione del costo dell’energia, tutte idee che permetterebbero al Pil italiano di tornare in un lasso di tempo ragionevole con il segno più.
Le previsioni di breve periodo condannano l’Italia. Secondo l’Ocse nel trimestre ottobre-dicembre la Germania vedrà la propria economia crescere del 2,4%, quella francese dell’1,6% e quella britannica del 3,2%. Per il nostro Paese, al contrario, si immagina una contrazione dello 0,4% nel terzo trimestre e dello 0,3% nel quarto. In compenso nell’eurozona, su base annuale, il Pil è stato rivisto in calo dello 0,5% rispetto allo 0,7 stimato in precedenza.
Capitolo lavoro. Un carico fiscale maggiormente sostenibile può incentivare le aziende ad assumere, ma restano irrisolte alcune questioni dirimenti come il contrasto alla disoccupazione di lunga durata (anche grazie all’ausilio di “autentiche” politiche attive) e il riassorbimento nella fase produttiva delle categorie socialmente più deboli (giovani e donne) il cui mancato contributo si riflette in negativo sul Pil. Per non parlare di una soluzione esaustiva al “pasticciaccio” degli esodati. Al momento il governo Letta ha confermato l’estensione delle garanzie per ulteriori 6.500 persone e i 500 milioni destinati alla Cassa integrazione in deroga.
Restano poi le incognite Imu (le cui modalità di “sostituzione” non sono ancora del tutto chiare) e Iva (l’intenzione del governo è di scongiurarne l’aumento al 22% dopo averlo di fatto già rinviato a luglio). Incognite perché – è bene ricordarlo – qualsiasi provvedimento varato a tale proposito dovrà tenere conto del saldo al 3% nel rapporto deficit/pil. È ancora l’Italia dei compiti a casa.

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